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Nella vita bisogna avere il coraggio di volare.

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L'unico posto in cui puoi trovare la forza è dentro di te.

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Ogni tanto ricordati di amare qualcuno.

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Se vuoi che il mondo cambi, inizia a darti da fare tu stesso.

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Sai ancora sorprenderti dell'esistenza?

Corso di esistenza

mercoledì 25 novembre 2015

Le nebbie di Avalon - Uli Edel

Prima di guardarmi la miniserie televisiva Le nebbie di Avalon, che peraltro potrebbe essere intesa anche come un film molto lungo in pieno stile fantasy (le versioni estese dei film de Il signore degli anelli durano per l’appunto come e più de Le nebbie di Avalon), ho atteso di leggermi il romanzo da cui è stato tratto, il best seller di Marion Zimmer Bradley.

Romanzo anch’esso molto lungo: 700 pagine e passa. Anch’esso, se vogliamo, una miniserie di romanzi, o un lungo romanzo “extended”.

La prima sensazione del film Le nebbie di Avalon è quella tipica delle conversioni cinematografiche di opere letterarie: il video non regge lo scritto. A questa regola non scritta ho assistito a davvero poche eccezioni, su decine e decine di casi, e purtroppo Le nebbie di Avalon non vi sgugge…

… nonostante la lunga durata della miniserie-film, che dunque aveva più tempo di un normale film da 90 minuti per portare su schermo quanto avveniva nel libro originario.

Tuttavia, l’impressione è che ci sia dati la zappa sui piedi da soli, con delle scelte che hanno in buona parte stravolto la trama del romanzo, nonché il profilo psicologico di certi personaggi.
A ciò si aggiungano scene tagliate, scene inventate, personaggi importanti eliminati, scene riportate ma con protagonisti differenti, cosa che ha contribuito ulteriormente a modificare i rapporti in gioco tra i personaggi.
Tanto che mi vien da dire che il film Le nebbie di Avalon è ispirato al romanzo Le nebbie di Avalon, ma non ne è la trasposizione fedele.

Peraltro la produzione, che evidentemente non era ad altissimo budget, e difatti si trattava di una produzione televisiva e non da grande schermo, manca clamorosamente in un punto fondamentale: il casting.
Molti attori sono nettamente fuori parte, a cominciare dal lato fisico, su cui non è che vi fosse molto da ragionare. Lancillotto e Ginevra, per esempio, tanto nei miti di Avalon quanto nella riscrittura di Marion Zimmer Bradley, sono entrambi bellissimi e fascinosi, mentre nel film sono due persone qualunque (lui appena appena belloccio, e lei nemmeno quello). Viviana e Morgana, come le varie loro parenti con sangue druidico, avrebbero dovuto essere piccole e basse, da descrizione del libro, e invece no, sono alte e slanciate, specie la prima. Nel film Morgause, zia di Morgana e sorella di Viviana, la Dama del Lago (interpretata da Anjelica Huston, che è un'attrice brava ma che secondo me non era molto adatta per questo ruolo), non è bruna, non è piccolina, non è bella come descritta nel libro, e si comporta in modo totalmente differente dal personaggio del libro: il regista ne ha fatto in pratica il cattivo di turno, quando nel libro non lo è (è ambiziosa, ma non perfida, e anzi è affettuosa verso le sue parenti).

Tra l’altro, una delle colonne portanti del libro è che non vi sono cattivi e buoni assoluti, e la stessa contrapposizione tra antico paganesimo dei druidi e nascente cristianesimo dei romani viene sfumata in un modo diverso di vedere e vivere la vita con la sua sacralità. Il romanzo trasuda vita, in effetti, mentre il film affatto.

Lo stesso Re Artù, descritto come bello e forte, è un ragazzetto-ometto qualunque, e anzi un po’ molle, per non parlare di Merlino-Taliesin, che avrebbe dovuto avere carisma da vendere, e invece qua è un personaggio trascurabile. Quanto al suo “erede”, Kevin, nel film neanche esiste, e con ciò sparisce una discreta fetta della vita e del personaggio di Morgana.
Pure la passione tra Ginevra e Lancillotto, con i loro dubbi esistenziali, decade e quasi svanisce, sostituita nel suo incedere da un paio di scenette quasi comiche, così slegate da un contesto più ampio e meglio descritto.

D’accordo, riportare un libro di 700 pagine in un film, con tutti i suoi avvenimenti non è semplice, ma il film durava 170 minuti, e il tempo sufficiente c’era perlomeno per riportare buona parte del libro. E invece no, e molto è stato cambiato.
Ma, d’altronde, non sarà un caso se il regista ha avuto una carriera trascurabile, passata tra produzioni televisive di basso livello e film al cinema di egual basso livello.

In tutto ciò, si salvano la protagonista Morgana (una Julianna Margulies bella e credibile), brani della colonna sonora, alcuni scorci di paesaggi, e un’atmosfera che a volte è bella e invitante… il cui valore viene però disperso poco dopo da qualche scena o da qualche personaggio poco convincente. 

Insomma, è davvero un peccato che al romanzo Le nebbie di Avalon non sia stata data una degna conversione cinematografica. Purtuttavia, come detto, qualcosa di bello c’è, anche se forse forse è meglio che si veda la serie senza aver letto prima il libro, pena un’inevitabile delusione.

Tra le cose belle, da segnalare anche qualche citazione di genere spiritual-esistenziale (tutte nella prima parte del film, peraltro, a confermare il fatto che la storia va poi a decadere, tra scene inventate e personaggi modificati), con cui chiudo la recensione.

“Nessun uomo o donna può vivere il destino di un altro.”

“- Non ci siamo mai incontrati.
- Non in questa vita. Ma conoscete le tradizioni celtiche, e sapete bene che possiamo esserci incontrati in un’altra vita. Esiste già qualcosa tra le nostre anime: ne avete sentito la forza.”

“Non c’è altro da fare che arrendersi.”

“Ognuno seguirà il suo destino: dovete imparare a farvene una ragione e a consolarvi.”

“Dea è ogni cosa in natura, e in natura ogni cosa è sacra.
Guarda: quello è il suo volto. Ascolta: questa è la sua voce.
Lei è in tutte le cose belle, e in quelle orribili anche.”

“Io credo che la Dea viva nella nostra umanità, e non altrove.”

“Io non credo che sia Dio a punirci. Io credo che ci puniamo da soli. Non sarebbe un conforto credere che siano noi a creare i nostri paradisi e i nostri inferni?”

Fosco Del Nero



Titolo: Le nebbie di Avalon (The mists of Avalon).
Genere: fantasy, drammatico.
Regista: Uli Edel.
Attori: Anjelica Huston, Julianna Margulies, Joan Allen, Samantha Mathis, Caroline Goodall, Edward Atterton, Michael Vartan, Michael Byrne, Hans Matheson, Mark Lewis Jones.
Anno: 2013.
Voto: 5.5.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 18 novembre 2015

L'arte del sogno - Michel Gondry

Il film recensito oggi è L'arte del sogno, girato nel 2006 da Michel Gondry (regista già recensito in Be kind rewind - Gli acchiappafilm).
Si tratta di una produzione franco-italiana, anche se dell’Italia nel film non v’è traccia, col film che invece si divide tra il Messico e la Francia.

Il padre di Stéphane è difatti messicano, mentre la madre francese. Quando i due si erano separati, il figlio era tornato in Messico col padre, salvo poi andare dalla madre a Parigi quando il padre è morto.

A questo punto Stéphane (Gael Garcia Bernal; Nessuna notizia da Dio, Y tu mama tambien, La mala educaciòn) è ormai un trentenne, anche se per molti versi è ancora immaturo: insicuro e introspettivo, da un lato è estremamente creativo, ma dall’altro lato tende a rifugiarsi nei sogni, tanto da avere problemi a distinguere la realtà dal sogno.

Gli stessi problemi che a tratti ha anche lo spettatore del film, giacché molte scene cominciano in modo credibile, ma poi si rivelano fittizie, quando non proprio oniriche all’eccesso, come la ricorrente camera di registrazione, nella quale l’addormentato Stéphane rigira la sua vita come avrebbe voluto che fosse andata.

Ciò riguarda soprattutto Stéphanie, vicina di casa di cui Stéphane si invaghisce (dopo aver messo da parte l’idea di provarci con la più carina ed effervescente Zoe) e che è essa stessa molto libera e creativa… ma che non ha le stesse turbe mentali del suo omonimo maschile, tanto da non riuscire a gestirle e da farla rinunciare al possibile rapporto.

Alla fine i protagonisti del film sono questi, cui si aggiungono i tre colleghi di lavoro di Stéphane, anch’essi un po’ strani, per quanto non ai livelli del ragazzo.

L'arte del sogno oscilla tra commedia, dramma sentimentale e dramma psicologico, anche se la componente più forte è probabilmente data dall’elemento surreale, per via delle numerose scene oniriche presenti nel film, che se non sono la maggioranza poco ci manca.

E, in questo senso, Michel Gondry esplora un tema a lui caro, affrontato anche nel più famoso Se mi lasci ti cancello, altro film che unisce l’elemento onirico, l’elemento psicologico e la relazione sentimentale, per quanto in un’atmosfera più seriosa…

… ma complessivamente più riuscita, giacché L'arte del sogno alla fine della fiera non offre molto: delle scene originali e visivamente interessanti, ma un ensamble che nel complesso funziona poco, anche perché con la protagonista Charlotte Gainsbourg non accende lo schermo e l'intesa con Gael Garcia Bernal non è il massimo.

Peccato, si poteva fare di più… ma comunque molte trovate sono originalissime e apprezzabilissime.

Fosco Del Nero



Titolo: L'arte del sogno (La science des rêves).
Genere: commedia, drammatico, sentimentale, surreale.
Regista: Michel Gondry.
Attori: Gael Garcia Bernal, Charlotte Gainsbourg, Alain Chabat, Miou-Miou, Pierre Vaneck.
Anno: 2006.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 11 novembre 2015

Moonrise kingdom - Una fuga d'amore - Wes Anderson

Ho oramai visto tutti i film di Wes Anderson: alla lista, comunque non lunghissima, mancava solamente Moonrise kingdom - Una fuga d'amore, ed eccolo qui, unito così ai già recensiti I TenenbaumIl treno per il DarjeelingRushmoreFantastic Mr. FoxLe avventure acquatiche di Steve ZissouUn colpo da dilettanti, e Grand Budapest Hotel.

Piccola premessa: il film, diretto da Wes Anderson, è stato da lui scritto insieme a Roman Coppola, col quale aveva già scritto il buono Il treno per Darjeeling.
Roman Coppola, dal canto suo, è figlio di Francis Ford Coppola (il famoso regista de Il padrino e di Dracula di Bram Stoker), figlio a sua volta di Carmine Coppola, che faceva il compositore e che ha scritto musiche per Il padrino (e che è stato anche il primo flauto nell'orchestra di Arturo Toscanini, e che era sposato con tale Italia Pennino), film nel quale ha recitato anche Talia Rose Coppola, conosciuta come Talia Shire, sorella di Francis Ford Coppola, la quale poi non è altro che la famosa Adriana della saga di Rocky Balboa… nonché la madre di Jason Schwartzman, protagonista dei vari film di Wes Anderson, come Rushmore, Il treno per Daerjeling, nonché del bellissimo I love huckabees - Le strane coincidenze della vita (diretto però da David O. Russell… che comunque è italoamericano pure lui).
Il quale Jason Schwartzman è inoltre cugino di Sofia Coppola, anche lei regista (nel cui film Il giardino delle vergini suicide ha fatto recitare Robert Schwartzman, fratello di Jason e leader del gruppo musicale dei Rooney), nonché cugino del più famoso Nicholas Cage, il cui vero nome è Nicolas Kim Coppola.
Insomma, una famiglia votata al cinema… e probabilmente poco propensa alle pari opportunità!

Lo stesso Wes Anderson, peraltro, tende a circondarsi delle stesse persone: si pensi a Bill Murray (uno dei mitici Ghostbusters), o a Edward Norton (protagonista dell'altrettanto importante Fight Club), o allo stesso Jason Schwartzman, a Tilda Swinton, a Harvey Keitel.
Anzi, in questo film si è tenuto basso con i suoi attori feticcio…

Ecco in sintesi la trama di Moonrise kingdom: siamo nel 1965, in una isola fittizia del New England, e seguiamo le vicende di due protagonisti: uno è Sam Shakusky (Jared Gilman), dodicenne caposcout, mentre l’altra è Suzy Bishop (Kara Hayward), sua coetanea semidepressa e repressa nella fredda famiglia gestita da Walt (Bill Murray) e Laura (Frances McDormand; lei più legata ai fratelli Coen, si pensi a Fargo o a Burn after reading), una coppia ormai senza più affetto e passione, tanto che lei ha una relazione col capitano Sharp (Bruce Willis).
A completare il quadro dei personaggi principali, abbiamo l’esploratore veterano Randy Ward (Edward Norton) e l’addetta ai servizi sociali (Tilda Swinton; vista di recente ne Il curioso caso di Benjamin Button).

Perché è chiamata in causa la rappresentante dei servizi sociali (mai chiamata per nome, tra l’altro, e anche lei quando si presenta non usa il suo nome personale, ma si presenta come "Servizi Sociali")? 
Perché Sam, ragazzino problematico orfano di entrambi i genitori e affidato a una famiglia dopo l’altra, nessuna delle quali ha saputo integrarlo, un giorno abbandona il campo scout di nascosto… e perché la stessa Suzy, che non sopporta più la sua famiglia, scappa di casa.
Seguiranno inseguimenti, accampamenti, coltellate, fughe in barca, temporali, inondazioni d’acqua, e altro ancora.

In sé la storia di Moonrise kingdom sembrerebbe poca roba, poco più che una scusa per mettere su le solite estroversioni di Wes Anderson, che ci sono e in quantità, ma in realtà il film ha un suo perché. 

La prima cosa che si nota, come sempre con Anderson dietro la macchina da presa, è il virtuosismo registico, con una fotografia da applausi e con una grande ricercatezza estetica (non è una novità, comunque).
Anche al sonoro viene data una grande attenzione, e non a caso il film comincia e termina con delle registrazioni audio, che peraltro simboleggiano proprio il tema della fuga…
… ma anche il tema centrale del film, ossia il fatto che ognuno deve vivere la vita a modo suo, in quanto strumento unico e diverso dagli altri (e i due protagonisti sono parecchio unici… ma anche gli altri personaggi non scherzano come caratterizzazione bizzarra, come d’abitudine per Wes Anderson).

Il risultato finale è un ensamble gradevole e ispirato, che a tratti mette tenerezza, e in diverse direzioni, non solo quelle dei due ragazzini-avventurieri.

Moonrise kingdom non è il mio film preferito di Wes Anderson, cosa difficile peraltro in mezzo ai vari I Tenenbaum, Il treno per Darjeeling, Fantastic Mr. Fox, Le avventure acquatiche di Steve Zissou, Grand Budapest Hotel, ma comunque se la cava e se la gioca, e certamente non mancherà di piacere ai fan del regista statunitense.

Fosco Del Nero



Titolo: Moonrise kingdom - Una fuga d'amore (Moonrise Kingdom).
Genere: commedia, drammatico, sentimentale.
Regista: Wes Anderson.
Attori: Jared Gilman, Kara Hayward, Bruce Willis, Edward Norton, Bill Murray, Frances McDormand, Tilda Swinton, Jason Schwartzman, Bob Balaban, L.J. Foley, Andreas Sheikh, Harvey Keitel.
Anno: 2012.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.

giovedì 5 novembre 2015

Revolver - Guy Ritchie

Avevo visto Revolver di Guy Ritchie molto tempo fa, ma in parte mi deluse per via del fatto che mi attendevo un film vivace e dinamico simile ai due più grandi successi del regista britannico, Lock & stock - Pazzi scatenati e The snatch - Lo strappo.

Avendo gli occhi puntati in quella direzione, e non avendo ancora gli strumenti per valutare i suoi reali contenuti, non lo apprezzai appieno, cosa che invece ho potuto fare ora alla seconda visione. Il film rimane meno valido dei suoi predecessori dal punto di vista registico, ma a loro differenza possiede dei contenuti di tipo esistenziale che lo rendono uno dei film più significativi degli ultimi decenni.

Partiamo da una descrizione sommaria della trama… perlomeno, di quella che sembra la trama se si cerca di descriverla in modo lineare e visivo: Jack Green (Jason Statham) è appena uscito di prigione dopo aver scontato sette anni, e la cosa che desidera maggiormente è vendicarsi di Dorothy Macha (Ray Liotta), il boss della mala a causa del quale è morta la moglie di suo fratello ed egli stesso è finito in carcere.
Il carcere, peraltro, a sua volta ha prodotto due cose: egli ha arricchito la sua mente grazie alla vicinanza con un esperto di scacchi e con un esperto della truffa, che sentiva dalle celle accanto pur non vedendoli… i quali lo hanno poi impoverito derubandolo di tutto quello che aveva. Poco male, comunque, giacché un metodo infallibile che aveva imparato da loro gli ha poi permesso di metter su una fortuna…
… la quale a sua volta gli viene sottratta da tali Avi (André Benjamin) e Zack (Vincent Pastore), due prestasoldi particolarmente cinici, i quali gli promettono di salvarlo dalla rara malattia del sangue che ha appena scoperto di avere e che gli viene detto che lo farà morire in tre giorni.
Pur tra molti dubbi (i due hanno corrotto i medici che gli hanno fatto quella diagnosi infausta? E come potranno mai salvarlo se davvero le cose stanno così?), e certamente malvolentieri, Jack si piega ai loro ordini, che sono i seguenti due:
- lui dovrà rinunciare a ogni cosa che possiede,
- dovrà fare esattamente quello che gli dicono ciecamente e senza far domande.
Inizia qui un tourbillon di eventi che coinvolgerà Jack, Macha, il trafficante di droga Lord John, nonché l’invisibile Mister Gold.
Questa la trama sommaria del film, che già così, pur ridotta all’essenziale, è complessa.

Veniamo ora al significato esoterico (ossia nascosto) della storia, nata da un soggetto dello stesso Guy Ritchie aiutato nell’adattamento da Luc Besson, un altro regista con tendenze esistenziali (si pensi al meraviglioso Angel-A), cominciando col dire che i sette anni di prigione possono facilmente essere rapportati ai sette anni necessari al cambiamento (l'intero corpo umano si rinnova ogni sette anni, e il periodo è sempre stato considerato rilevante nell'esoterismo).
Peraltro, nei suoi contenuti nascosti Revolver ricorda molto un altro film: Figth Club.

Jack Green è il protagonista del viaggio, e rappresenta l’uomo medio, l’uomo qualunque, nel senso stretto dell'espressione: egli è qualunque uomo.
Dorothy Macha è il nemico del mondo esterno, una sorta di specchio per Jack e per le sue emozioni.
Avi e Zach sono una parte di Jack: la parte più elevata, potremmo dire, l’anima, il Sé Superiore, la quale, anche se a volte sembra comportarsi con distacco e cinismo verso l’essere umano, in realtà agisce in un certo modo al fine di risvegliarlo e di fargli fare un passo evolutivo in avanti (infatti gli chiede l'abbandono del possesso-attaccamento nonché una cieca fiducia, e sulle prime viene guardata con sospetto, come infatti Jack diffida a lungo dei due individui di cui sopra).
Mister Gold è il nemico mai visto, sorta di demone interiore-esteriore. Facile a questo punto parificarlo all’ego e ai suoi drammi (e infatti “gold” vuol dire “oro”, ossia le ambizioni materiali dell’ego)… che prima attaccano e assediano Jack e poi attaccano e assediano Macha. Il quale a volte è chiamato Mister D, come Jack è sovente chiamato Mister Green, così come Gold è chiamato Mister Gold, a certificare una comunanza di significato tra i tre.

Ma partiamo dall’inizio: il film si propone dapprincipio molto mentale, a cominciare dalle sue frasi di esordio, che saranno poi ripetute varie volte nel corso del film:

“Il nemico più grande si nasconde nell’ultimo posto dove guarderesti.”

“L’unico modo di diventare più furbi è giocare con un avversario più furbo.”

“La prima regola degli affari: proteggi il tuo investimento.”

“Una guerra non si può evitare, può solo essere rimandata, a vantaggio del tuo nemico.”

Per i più curiosi, esse sono riferite rispettivamente: a Giulio Cesare, agli scacchi, agli investimenti economici, a Niccolò Machiavelli.

Si parte dal mentale, dicevo, come parte dal mentale l’uomo comune… salvo poi elevarsi (se ci riesce, ovviamente, e il film ci dà un esempio di chi ci riesce e un esempio di chi non ci riesce) verso energie più elevate.
Insomma, è il solito passaggio dall’ego-mente all’anima di cui hanno parlato tutte le tradizioni esoteriche-esistenzial-spirituali di tutti i tempi.
Ed è un passaggio difficile, perché comporta l’abbandono delle vecchie energie basse (apparenza, successo, possesso, dominio, vendetta, fama, paura, attaccamento, egoismo, etc) per riassestarsi in energie più alte (serenità, centratura interiore, beatitudine, etc).

Quelle energie basse per uscire dalle quali ogni essere umano ha un tempo limitato: nel caso di Jack Green simbolicamente sono i tre giorni concessigli dalla malattia del sangue… e ricordo sia che nel sangue vi è l’essenza energetica della persona, sia che Gesù è risuscitato in tre giorni, giacché qua si sta proprio parlando di risveglio spirituale, ossia del percorso umano-cristico.
Che si parli di risveglio, e quindi di fuga dall’addormentamento, il film lo dice molto chiaramente:

“Devi ancora svegliarti.”

“Svegliati, signor Green.”

“Non riesci a vedere quello che hai di fronte.”

“Più la vittima pensa di avere il controllo, meno ne ha nella realtà.”

“Tu sei ancora in prigione, Jack. Di fatto, non ne sei mai uscito.”

Difatti a inizio film vien detto a Green che lui ha "bisogno d'avere un padrone".
Tale risveglio comporta anche l’abbandono del vecchio, come oggetti ma anche come energie basse, e anche questo il film ce lo dice molto chiaramente:

“Sappiamo che ti piacciono i soldi, e non sarà facile per te guardarli sfuggire di mano.”

“È strano, ma ancora non mi piace dare via il denaro.
So di non poterlo portare via con me, quindi perché questo dolore?”

“Una parte di me muore ogni volta che ci penso.”

“Se questa è la mia ultima ripresa dovranno distruggermi pezzo per pezzo.”

“Sono bloccato in un limbo, tra l’inferno e la desolazione. Non riesco ad uscirne.”

È una vera e propria battaglia contro l’ego, l’unico vero nemico, il quale si è insidiato proprio dove uno non si aspetterebbe che sia il nemico, ossia dentro di noi.

"Ti senti pronto a un'azione radicale, signor Green?"

“Senti quella voce da così tanto tempo che ormai credi sia la tua. 
Credi sia il tuo migliore amico.” 

“Troverai sempre un valido avversario proprio nell’ultimo posto dove guarderesti.”

“Ti abbiamo messo in guerra contro l’unico nemico che sia mai esistito. E tu pensi che sia il tuo amico.
Qual è il posto migliore per nascondersi per un avversario? L’ultimo posto dove guarderesti…
Lui si nasconde dietro il tuo dolore, Jack. Lo stai proteggendo con il tuo dolore.
Abbraccia quel dolore, e vincerai questa partita.
[…] Usa il nemico che percepisci per distruggere il tuo vero nemico. Se non riesci a farlo, allora non sei un uomo libero, ma un uomo controllato.
[…] Usa ogni mezzo possibile per indurre il dolore mentale e combattere il tuo nemico. Ovunque tu non vuoi andare, è il luogo dove lo troverai.”

“- Nessuno vede Gold, ma Gold vede tutto quanto. Lui è qui dentro (dice indicando la testa, ndr), e finge di essere te. […] Lui ti dice cosa fare, e quando farlo. C’è lui dietro tutto il dolore che c’è stato, dietro ogni crimine che è stato commesso.
- Come posso esserci io dietro tutto il dolore, ogni crimine, se non esisto nemmeno?
- E adesso ti sta dicendo che non esiste nemmeno. […] Più potere pensi di avere nel mondo di Gold, meno potere hai nel mondo reale. Lui conosce tutti i trucchi, e tutte le risposte ‘giuste’.”

“L’inganno più grande che io abbia mai fatto è di farti credere che io sono te.”

“Sai cos’ha di elegante questo gioco?
Nessuno sa dov’è il nemico, non sanno nemmeno che esiste.
Si annida dentro tutte le loro teste… e si fidano di lui… pensando di essere lui.
E se tu provi a distruggere lui per salvare loro, loro distruggeranno te per salvare lui.
È bellissimo: bisogna ammirare anche l'eleganza dell'avversario.”

Difatti tutti i maestri spirituali e i mistici nel corso della storia sono stati uccisi o vilipesi. Ma hanno dato sempre e comunque un messaggio di speranza di vittoria, per così dire, o di risveglio e di illuminazione, per dirla in un altro modo.
D’altronde…

“Più dura è la battaglia, più dolce è la vittoria.”

“I problemi non esistono, signor Green, ci sono solo le situazioni.”

Per riassumere, ecco la situazione di partenza, quella dell’ego che vuole essere nutrito con energie basse per continuare la sua vita da parassita.

“C’è una cosa dentro di te che non conosci e di cui negherai l’esistenza, finché non sarà troppo tardi per farci qualcosa. È l’unico motivo per cui ti alzi al mattino, l’unico motivo per cui sopporti un capo stupido, il sangue, il sudore, le lacrime, questo perché vuoi che le persone sappiano quanto sei bravo, attraente, generoso, divertente, intelligente. Temetemi o riveritemi, ma per favore pensate che sono speciale.
Condividiamo una dipendenza, siamo tossicomani dichiarati: vogliamo tutti una pacca sulla spalla e l’orologio d’oro, l’hip hip urrà del cazzo, guardate il ragazzo intelligente con il distintivo. Siamo solo scimmie avvolte in bei vestiti, che implorano l’approvazione degli altri.
Se lo sapessimo non ci comporteremmo così.”

Ed ecco quale è il “gioco” cui tutti partecipiamo:
“Tu fai parte di un gioco, Jack, fai parte del Gioco.
Tutti sono nel tuo gioco, e nessuno lo sa. E tutto questo è il tuo mondo, ti appartiene, lo controlli.”

Se si partecipa al gioco della vita materiale, fatta di obiettivi e desideri, non c'è via di scampo:
"Non si può vincere. L'unica cosa che ti garantiscono quando fai questo gioco è che è perderai. Si tratta solo di vedere quando."

Ecco cosa bisogna fare invece di giocare a quel gioco: 
“Se cambi le regole su ciò che ti controlla, cambierai le regole su ciò che puoi controllare."

O, per riprendere una frase già riportata:
"Abbraccia quel dolore, e vincerai questa partita. Usa il nemico che percepisci per distruggere il tuo vero nemico. Se non riesci a farlo, allora non sei un uomo libero, ma un uomo controllato. Usa ogni mezzo possibile per indurre il dolore mentale e combattere il tuo nemico. Ovunque tu non vuoi andare è il luogo dove lo troverai."

"Abbraccia quel dolore, e vincerai questa partita" significa che si possono trasmutare le energie interiori sono osservandole e affrontandole.

"Usa il nemico che percepisci per distruggere il tuo vero nemico" significa che lo specchio del mondo esterno va utilizzato per risolvere gli squilibri del mondo interno.

"Ovunque tu non vuoi andare, è il luogo dove lo troverai" significa che il nostro destino ci attende lungo il cammino: prima o poi siamo costretti a fronteggiare noi stessi e il nostro mondo interiore.

C'è un percorso da fare, anche su questo il film è molto chiaro, e a dirlo è proprio il duo Avi-Zack, ossia il Sé Superiore di Green: "Ascolta, amico, non ti mandiamo in giro per perdere tempo. Devi darti da fare".

E ancora: "Se cominciate un lavoro, dovete finirlo".

E ancora, a confermare la natura karmico-destinica dell'esistenza umana: "Il debito deve essere pagato".

Naturalmente, i modi e i tempi non sono obbligatori e fanno parte del percorso umano. L'essere umano ha pur sempre il libero arbitrio: "C'è sempre una scelta".

Il problema del grosso dell'umanità è che non ha ben chiara la questione, e rischia così di fare scelte dolorose.

"Ancora non capisci cosa è giusto fare."

"Gli uomini disperati compiono azioni disperate."

Jack, dal canto suo, lotta e infine vince.
Dopo la “lotta” con l’ego nell’ascensore (ascensore=elevazione spirituale), il Sé risvegliato-Testimone (il Jack ora libero) dice all’ego:
“Tu non sei me. Tu non mi controlli, io controllo te” (--> libertà)...
… e infatti subito dopo torna la luce e si illumina tutto (--> illuminazione)…
… e l’ascensore finalmente arriva al piano 1 (--> unità).

Subito dopo, quello che fino a quel momento era stato il nemico del mondo esterno (ovviamente riflesso dei demoni interiori dell’ego), ossia Mister D, affronta Jack per minacciarlo e spaventarlo.
Ma ora le energie sono cambiate, ed ora è il “nemico” ad aver paura, pur essendo lui ad avere una pistola in mano; ha paura e trema e piange perché si rende conto che la controparte ha fatto un passo avanti e ora non è più minacciabile-ricattabile-spaventabile. Ora i due sono su due piani diversi.
Infatti Jack lo guarda con un sorriso ineffabile, completamente sereno e anzi forse persino affettuoso; poi semplicemente se ne va, e lo lascia al suo dolore-paura, completando una scena letteralmente commovente.

"Non puoi uccidere un uomo morto", vien detto: a essere morto è l'ego, cosa che rende l'essere umano non più minacciabile. La parte che provava paura, infatti, è scomparsa.

Nella scena seguente, che dura pochi secondi, si vede un altro uomo seminudo e torturato in posizione da crocefisso… e si tratta ovviamente di qualcuno che sta ancora “portando la propria croce”, ossia che non si è risvegliato, che non ha ancora compiuto il suo destino animico, per così dire.

Scena successiva: Jack parla al suo ego morente (la battaglia principale è vinta, ma qualcosa è ancora rimasto, come dopo ogni “risveglio”): “Ah, sei ancora lì. Perché ti sento morire. Ti sento attingere a me, per avere un po’ di nutrimento. Adesso chi è che si aggrappa per una dose?”.

La cosa curiosa è che, dopo che l’ego di Mister Green viene sconfitto, la stessa scena si ripete con Mister D, anche lui roso dal suo ego interiore e dai suoi drammi e dubbi.
Ma D-Macha non regge, non riesce a vincere il suo demone interiore (il suo Mister Gold personale) e si uccide.

Giusto per fugare ogni dubbio sul fatto che Revolver abbia dei contenuti esoterici, ecco qualche altro elemento. 

Avi e Zach e Jack sono stati assimilati alla triade della Bibbia Abramo-Isacco-Giacobbe, con cui vi sono evidenti assonanze. Tra l’altro il nome di Giacobbe compare esplicitamente sotto forma di "metodo Jacobi", citato in apertura di film.

Green (“verde” in inglese) ci porta al quarto chakra, il chakra centrale, il punto centrale di equilibrio, quello che permette il superamento dell’ego-dualità per assestarsi nella centratura (e che anzi permette di superare la triade inferiore per slanciarsi nella triade superiore): esso in sanscrito è chiamato "anahata", che vuol dire “suono che viene prodotto senza che due oggetti si colpiscano”: ossia, per l’appunto, si sta parlando di non dualità e di equilibrio centrale.
Viceversa, il viola ci porta su al settimo chakra, sede dell’illuminazione, e a un certo punto Jack dice: “Prendo il viola… il viola è un bel colore”.

A un certo punto si vedono disegni di labirinti, simboli del labirinto della mente. Poi si vede il simbolo del serpente che si arrotola su se stesso lungo il corpo umano, simbolo della risalita della kundalini lungo l’asse centrale della spina dorsale e dei chakra, e quindi dell’illuminazione.
L’elemento duale compare spessissimo: i due personaggi interiori, i due fratelli, le due corna, due coppie di statuette, etc.

Vediamo poi qualche numero: si parte dai 7 anni di carcere (7 come i chakra), per poi andare alle 3 ore per decidere o ai 3 giorni di vita rimanenti (3 come la trinità).
L’ascensore si ferma al piano 13: 13 vuol dire morte e cambiamento (il cambiamento interiore che affronta Jack e la morte dell'ego), come testimonia l’Arcano Senza Nome dei tarocchi (chiamato popolarmente "la Morte"). E si tratta di un cambiamento che arriva comunque, persino se non lo stai aspettando e non era previsto, perché fa proprio parte del processo evolutivo… infatti il piano 13 nell’ascensore non è nemmeno segnato (si andava dal 12 al 14): l'arcano è senza nome, mentre il piano è senza numero, se così vogliamo dire.

Con questo dettaglio avrei anche concluso quella che probabilmente è la recensione più lunga di sempre nel blog.
E che spero sarà utile a qualcuno, giacché ci ho messo i secoli per scriverla.

Fosco Del Nero



Titolo: Revolver (Revolver).
Genere: thriller, drammatico, psicologico, esoterico.
Regista: Guy Ritchie.
Attori: Jason Statham, André Benjamin, Vincent Pastore, Ray Liotta, Andrew Howard, Terence Maynard, Mark Strong, Francesca Annis, Anjela Lauren Smith.
Anno: 2005.
Voto: 8.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 4 novembre 2015

M'é caduta una ragazza nel piatto - Roy Boulting

Gli ultimi due film che ho recensito erano del 1969 (Il villaggio dei dannati) e del 1971 (Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato), mentre quello di oggi è del 1970, ma di genere parecchio diverso: M'é caduta una ragazza nel piatto, commedia diretta da Roy Boulting con due protagonisti d’eccezione, due attori di spicco di quegli anni: il poliedrico Peter Sellers e la vivacissima Goldie Hawn.

Entrambi sono peraltro già passati su Cinema e film: il primo per Hollywood party, Casino royale, Il dottor Stranamore e Oltre il giardino (dei film mica da poco…), e la seconda per Shampoo e La morte ti fa bella (ma anche per una parte minore in Tutti dicono I love you).

Ecco la trama di M'é caduta una ragazza nel piatto: Robert Danvers è un famoso conduttore televisivo inglese, noto peraltro per essere uno scapolo e playboy impenitente. Un giorno, casualmente, s’imbatte in Marion, molto più giovane di lui con i suoi diciannove anni, ma ugualmente tosta e sveglia (e anche un po’ cinica e disillusa, proprio come lui).

I due dapprima sembrano non trovarsi molto, ma dopo, anche per via di circostanze favorevoli, finiscono per frequentarsi, con tanto di vacanza in Francia, e poi…

M'é caduta una ragazza nel piatto è un film vivace, e non poteva essere altrimenti con due interpreti del genere. La parte del playboy non calza troppo a mio avviso a Peter Sellers, che comunque riesce a reggersi su per via della sua grande abilità recitativa, riuscendo dopo un qualche dubbio iniziale a risultare credibile.

Battute e gag si sprecano, col film che propone per tutta la sua durata un tono leggero, ironico e brillante, con anche qualche ammiccamento sexy, senza tuttavia essere volgare (cosa ovvia, peraltro: siamo nell’Inghilterra del 1970).

La storia sembra quasi un giro in trottola, e propone anche una sua morale di fondo, per quanto anch’essa un po’ disillusa e cinica come i personaggi suoi interpreti: le cose sono come sono perché le persone sono come sono, e normalmente non cambiano.

Insomma, M'é caduta una ragazza nel piatto non si propone come film educativo, ma piuttosto come affresco divertente e frizzante, cosa che gli riesce in pieno.

E con quei due lì davanti alla macchina da presa, il risultato era praticamente già garantito in partenza…

Fosco Del Nero



Titolo: M'é caduta una ragazza nel piatto (There's a girl in my soup).
Genere: commedia, sentimentale.
Regista: Roy Boulting.
Attori: Peter Sellers, Goldie Hawn, Tony Britton, Nicky Henson, Diana Dors, Judy Campbell, John Comer, Gabrielle Drake.
Anno: 1970.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.

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