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Nella vita bisogna avere il coraggio di volare.

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L'unico posto in cui puoi trovare la forza è dentro di te.

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Ogni tanto ricordati di amare qualcuno.

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Se vuoi che il mondo cambi, inizia a darti da fare tu stesso.

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Sai ancora sorprenderti dell'esistenza?

Corso di esistenza

venerdì 29 agosto 2008

La capra - Francis Veber

La capra è un altro film di Francis Veber, l’ennesimo suo film che recensisco dopo La cena dei cretini, Una top model nel mio letto e Sta’ zitto, non rompere.
Già questo, se non il voto, dovrebbe far capire quanto io apprezzi le commedie di Veber, a mio avviso assai divertenti e frizzanti.

Come in Sta’ zitto, non rompere, anche in La capra uno dei due attori protagonisti è Gerard Depardieu, anche se l’attore nei due film recita due parti completamente opposte: nel primo è il sempliciotto della situazione, mentre qua è il personaggio serio e sicuro di sé (che nell’altro film era interpretato invece da Jean Reno).

La capra è un film vivace e divertente, letteralmente strabordante di gag e situazioni umoristiche.

La trama stessa peraltro si presta grandemente a ciò: Marie, la figlia del presidente di un’importante società di Parigi sparisce in Messico, durante una vacanza, e non dà più sue notizie da oramai un mese.
L’uomo, affranto, le ha provate tutte: la polizia, un investigatore privato, un rabdomante, ma senza successo, e della ragazza ancora nessuna traccia.
Tuttavia, lo psicologo della sua azienda ha un’idea originale: la giovane è nota per essere una sfortunata cronica, una specie di attiraguai. L’unica possibilità di ritrovarla è dunque quella di mandare sul posto una persona simile (una "capra", termine che evidentemente in francese identifica le persone sfortunate e imbranate), capace con la sua sfortuna di inciampare sulle bucce di banana in cui è inciampata anche lei.
Si dà il caso che un simile individuo lavori proprio in azienda, nel settore contabilità: il suo nome è François Perrin (Pierre Richard).
Il dipendente parte alla volta del Messico con un investigatore privato, tale Campana (Gerard Depardieu): la coppia è decisamente male assortita, e le situazioni divertenti di cui sarà protagonista infinite.

La capra è un ottimo film comico, che senza dubbio divertirà coloro che lo guarderanno. Come al solito, la firma di Francis Veber è una garanzia di qualità; in questa pellicola all'umorismo tipico di Veber si uniscono le atmosfere esotiche del Messico e dell'America Centrale in generale.

Fosco Del Nero



Titolo: La capra (La chèvre).
Genere: commedia, comico.
Regista: Francis Veber.
Attori: Gérard Depardieu, Pierre Richard, Michel Robin, Pedro Armendáiz, Corynne Charbit, André Valardy, Jorge Luke, Sergio Calderon, Maritza Olivares.
Anno: 1981.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.

giovedì 28 agosto 2008

Azumanga daioh - Kiyohiko Azuma

Azumanga daioh (o Azumanga daioo, tratto da un vendutissimo manga in Giappone) è un anime decisamente particolare, per diversi motivi.

Intanto, non è mai stato importato in Italia, con due conseguenze: la prima è che non lo si trova doppiato in italiano (poco male per me, basta che ci siano i sottotitoli in italiano, in inglese o in francese); la seconda è che è possibile scaricarlo da internet in piena legalità, cosa possibile grazie ai gruppi di fansub, che rendono il prodotto accessibile gratuitamente a tutti quelli che non conoscono il giapponese… e sono molti in Italia!

Il secondo motivo per cui Azumanga daioh è particolare è che si tratta di un anime comico-demenziale.

Il terzo, ed è il punto tra i tre più fastidioso, è che per vedere i vari episodi occorre aspettare che i fansub abbiano realizzato i sottotitoli delle singole puntate.

Difatti, io per ora ho visto solo le prime… sperando di poter vedere presto le seguenti… ma purtroppo non stiamo parlando di Lost, per cui in internet si trovano i sottotitoli in italiano alle puntate americane il giorno dopo alla prima messa in onda negli Usa (internet è uno strumento di comunicazione fantastico).

Ma veniamo ad Azumanga daioh.
La serie animata è ambientata in un liceo, ed ha come protagoniste delle ragazze.
Abbiamo l’energetica Tomo, la riflessiva Yomi, l’ingenua Chihiro, la bella Sahaki, l’imbranata Ayumu, ma soprattutto la piccola Chyo-chan (chan è un vezzeggiativo che in giapponese si aggiunge alla fine del nome di battesimo per indicare confidenza o affetto), che ha solo 10 anni ma che è già arrivata al liceo perché sorta di piccolo genio.

E proprio Chyo-chan è la protagonista principale di questo anime tutto da ridere, letteralmente pieno, a partire dalla bellissima sigla di apertura (che mi sono scaricato a parte), di gag e di spunti umoristici.
Il contenuto comico peraltro si sposa con una buona caratterizzazione dei personaggi, tanto che ci si affeziona facilmente a Chyo-chan, a Sahaki e alle altre.

Personalmente, ho trovato Azumanga daioh irresistibile, anche se mi rendo conto che è un prodotto particolare, con un umorismo particolare, che può non piacere a tutti.
Il mio consiglio pertanto è: scaricatevi la prima puntata e vedete se vi piace!

Fosco Del Nero

p. s. E chissà che nel mentre qualcuno non si decida a importarlo in Italia.



Titolo: Azumanga daioh (Azumanga daiou).
Genere: commedia, comico, demenziale, surreale, adolescenziale.
Regista: Kiyohiko Azuma.
Anno: 2002.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.

martedì 26 agosto 2008

Le iene - Quentin Tarantino

Le iene il primo film di Tarantino (Four roomsPulp fiction, Kill Bill) che recensisco, e la cosa onestamente mi fa piacere perché è un regista che stimo, per quanto io non sia proprio un appassionato di pulp e affini.

Se finora non avevo ancora recensito Tarantino, ci ero andato vicino con film dall’elevato grado di parentela con quelli del regista americano: mi riferisco per esempio a Old boy o The snatch – Lo strappo.

Tarantino mi piace, ma non ci vado pazzo. E per un motivo molto semplice: nei suoi film manca spesso quel pizzico di umorismo che li renderebbe più vivaci.
In questo senso, a Le iene di Quentin Tarantino preferisco The snatch di Guy Ritchie. Ma forse questo discorso è legato più a questo film nello specifico, drammatico e triste, in cui il sangue non è che la componente meno fastidiosa e forte tra tutte.

Il film (inizialmente distribuito col titolo Le iene - Cani da rapina) si apre con una conversazione al bar tra otto uomini.
Si evince fin da subito che si tratta di persone poco raccomandabili, e non a caso si tratta di una banda che sta organizzando una rapina (l’obiettivo sono dei diamanti).
I volti più familiari sono quelli di Harvey Keitel (Dal tramonto all'alba, Pulp fiction), di Michael Madsen (Kill Bill), di Steve Buscemi (Il grande Lebowski, Big fish) e dello stesso Quentin Tarantino.

Di questi otto uomini, sei sono quelli deputati al colpo, mentre gli altri due, padre e figlio, Joe e Eddie, sono gli organizzatori.
Degli altri sei, viceversa, non si sentono i nomi, sostituiti per motivi di privacy da dei nomignoli basati sui colori: abbiamo così Mister White, Mister Orange, Mister Blue, Mister Brown, Mister Blonde e Mister Pink.

Dopo poco dall’inizio del film, si capisce che il colpo è andato male… perché?
C’era un informatore tra di loro?
Qualcuno ha sbagliato a sparare troppo presto?

Le iene non si risparmia niente: sangue, pallottole, torture, tradimenti.
Alla fine, non ci sarà nessun vincitore, con la violenza che la fa da padrone.

Ed è esattamente questo il motivo per cui preferisco The snatch: anche in questo film muore un sacco di gente e si vede sangue a profusione… ma almeno il tutto è preso con allegria.

Fosco Del Nero



Titolo: Le iene - Cani da rapina (Reservoir dogs).
Genere: pulp, drammatico, thriller.
Regista: Quentin Tarantino.
Attori: Harvey Keitel, Steve Buscemi, Tim Roth, Michael Madsen, Chris Penn, Lawrence Tierney, Quentin Tarantino, Eddie Bunker.
Anno: 1992.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.

lunedì 25 agosto 2008

Fatti, strafatti e strafighe - Danny Leiner

Nella recente recensione di Scary movie 3 ho detto quello che penso dei film di genere comico demenziale: non necessariamente sono prodotti scarsi.
Come in tutti i settori della vita, vi saranno infatti esponenti eccellenti ed esponenti pessimi.

Esempi del primo tipo sono, secondo me, American pie 1, American pie 2, American pie 3 e American pie 4, mentre del secondo American pie 5 e Maial college.
In tal senso la stessa saga di Scary movie ha raggiunto sia livello buoni che decisamente carenti.

A mio avviso Fatti, strafatti e strafighe, nonostante il titolo inascoltabile (ennesima invenzione dei produttori italiani, che evidentemente hanno di noi pubblico un’opinione molto bassa), appartiene al primo gruppo.

Intendiamoci, il film è demenziale, e molto demenziale, con gli stessi due protagonisti definiti come semi-dementi.
Chi sono i due?

Sono Ashton Kutcher (The butterfly effect, Oggi sposi, niente sesso) e Sean William Scott (American pie 1, American pie 2 e American pie 3, Road trip), quest’ultimo autentico specialista in commedie adolescenziali demenziali.
Al cast si aggiungono anche Jennifer Garner (la serie tv Alias) e Marla Sokoloff.

I due ragazzi sono Jess e Chester, due adolescenti dediti al divertimento e alla bisboccia che un giorno si alzano senza avere idea di quello che hanno fatto il giorno prima.
Un frigo pieno di burro, l’assenza della macchina e una telefonata minacciosa delle loro fidanzate Wanda e Wilma ("le gemelle") sono i primi segnali di qualcosa che non va.
E se ne aggiungeranno molti altri: la loro improvvisa popolarità presso cheer leader e spogliarelliste, un transessuale che vuole dei soldi da loro, un gruppo di fissati facenti capo al loro leader, il magnifico Zurlì, due strani tedeschi, ma soprattutto cinque bellissime ragazze, che chiedono loro di trovare il "trasfonditore del continuum", oggetto misterioso e potente ("e il cui mistero è superato solo dalla sua potenza").

La trama, tecnicamente, è quella di un film fantastico, anche se in sostanza è solo uno spunto per una serie di gag, battute e circostanze comiche.

E Fatti, strafatti e strafighe a far ridere ci riesce, eccome!
Tra cinesi impertinenti, trastullatori del cosino, tute interstellari con le bolle, ce n’è veramente per tutti i gusti. 

Certo, non siamo di fronte a un’opera immortale, ma in fin dei conti lo scopo di un film comico è quello di far ridere e, come detto poc’anzi, questo film ci riesce bene, senza dubbio anche merito di un ottimo doppiaggio italiano (sempre decisivo per le buone sorti di un film). Da cui il voto alto.
Segue uno spezzone del film.

Fosco Del Nero

p. s. E poooi?



Titolo: Fatti, strafatti e strafighe (Dude, where's my car?).
Genere: comico, demenziale, fantastico.
Regista: Danny Leiner.
Attori: Ashton Kutcher, Seann William Scott, Jennifer Garner, Marla Sokoloff, Mary Lynn Rajskub, Kristy Swanson, David Herman, Emmanuel Vaugier, Vinessa Shaw, Hal Sparks.
Anno: 2000.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.

venerdì 22 agosto 2008

Double vision - Chen Kuo-Fu

Un altro film proveniente dal lontano Oriente (e praticamente sconosciuto in Italia) e un altro prodotto eccellente: Double vision.

Intanto, un po’ di precisione: Double vision è una coproduzione taiwanese-statunitense ed è stato diretto nel 2002 dal regista Chen Kuo-Fu.
Quanto al genere, siamo di fronte a una sorta di Seven all’orientale, con in più un pizzico di soprannaturale.

Ecco la storia: Huo-Tu Huang è un poliziotto di Taipei (capitale di Taiwan, piccola isola-stato accanto alla Cina, la quale peraltro è rivendicata dalla stessa Cina) che passa le sue giornate e le sue notti in ufficio, non tornando praticamente mai a casa da moglie e figlia.
Il motivo?
Un vecchio incidente che ha coinvolto lui e la bambina, con una sparatoria che ha messo a rischio la vita della piccola Mei-Mei, a quale da allora non ha più detto una parola.
La vita della città di Taipei è scossa da una serie di omicidi, apparentemente slegati ma con degli elementi in comune. Dopo il terzo la polizia decide di avvalersi del contributo di un agente statunitense dell’Fbi: da Quantico, in Virginia, arriva dunque in città Kevin Richter, specializzato in serial killer. Huo-Tu viene scelto per fare coppia con lui per via del suo ottimo inglese.

Da subito il rapporto tra i due e in generale tra l’americano e i poliziotti taiwanesi è conflittuale, ma alla fine l’agente americano si rivelerà decisivo per la risoluzione del caso.
Tuttavia…

Double vision (che ho visto in lingua originale sottotitolato in inglese) è un film sorprendente.
Lo è perché la trama è coinvolgente e ricca di colpi di scena, perché la recitazione degli attori è convincente e perché si dimostra esteticamente affascinante, tra le atmosfere della capitale taiwanese e gli ambienti settari in cui i protagonisti vengono a trovarsi.
È un film peraltro che lascia spazio all’interpretazione su quanto in esso accade, e lo stesso finale si dimostra ambivalente.

Ma, soprattutto, è un film che ti fa dispiacere quando finisce, segno evidente del fatto che abbia colto nel segno. Non a caso, l’ho già visto tre volte.
Come dicevo in apertura, è una sorta di Seven all’orientale: aspettatevi dunque morti e sangue, per quanto essi siano del tutto funzionali alla trama e mai gratuiti.

Assolutamente consigliato: Double vision è uno di quei film che ti fa capire (ma ce ne sono tanti altri: solo di recente ho recensito il danese Adam’s apple, il giapponese Cutie honey, il francese Sta’ zitto, non rompere, il coreano Old boy) che l’orticello di casa tua, per quanto curato, tale rimane, un orticello, e che c'è tanto altro da vedere in giro.

Fosco Del Nero



Titolo: Double vision (Double vision).
Genere: thriller, fantastico, drammatico, esoterico.
Regista: Chen Kuo-Fu.
Attori: Tony Leung Ka Fai, David Morse, Rene Liu, Leon Dai, Naveen Andrews.
Anno: 2002.
Voto: 8.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 20 agosto 2008

Mean girls - Mark Waters

Mean girls è una commedia girata nel 2004 da Mark Waters con protagonista la bella Lindsay Lohan, recentemente agli onori (si fa per dire) della cronaca per motivi extra-professionali.

Nel film Lindsay Lohan (Friky friday, ma soprattutto il più risalente Genitori in trappola, che l’aveva consacrata come enfant prodige di Hollywood) è Cady, una ragazza che fino a quel momento aveva vissuto in Africa con i suoi genitori, degli zoologi e che, dunque, non ha mai frequentato una scuola, avendo sempre studiato in casa.
E l’impatto con la scuola, e specialmente col mondo delle ragazze, sarà decisamente traumatico, tra comportamenti socialmente sconvenienti, regole non scritte, gruppi precostituiti e posizioni strategiche a mensa.
Le prime conoscenze di Cady sono Janis e Daniel, lei una dark dai modi spicci e lui un ragazzone omosessuale, certamente poco rappresentativi della scuola e decisamente anticonformisti.
Poco dopo, tuttavia, Cady è notata anche da Regina George, la “barbie” numero uno del liceo, ragazza tanto apprezzata quanto temuta per la sua influenza sociale. Regina la invita a far parte del gruppo delle barbie, una ristretta cerchia di ragazze di cui fanno parte anche Gretchen, che fa di tutto per compiacerla, e Karen, riuscitissima incarnazione della ragazza tonta e superficiale (ma è l’unica delle tre che attira simpatia). A questo punto, Janis suggerisce a Cady di infiltrarsi nelle barbie per ridere di Regina e vendicarsi dei torti che la ragazza ha inflitto a mezza scuola (persino più che mezza, professori e preside compresi!).

Ufficialmente Mean girls è una commedia adolescenziale, giacché è ambientata in un liceo con protagoniste delle sedicenni.
Un po’ il taglio del film, un po’ il fatto che parla di scuola, gruppetti, ragazzi, balli e simili, potrebbe farlo bollare come film futile e superficiale.

Eppure, a mio avviso, sarebbe riduttivo ridurlo a filmetto per ragazzine, sia perché il film è divertente (che poi è quello che si chiede a una commedia), sia perché descrive efficacemente le dinamiche sociali nella scuola (peraltro con un interessante parallelismo con il comportamento animale, in omaggio alla provenienza africana di Cady).

Un esempio di film simile, apparentemente frivolo e leggero ma in realtà dotato di una certa sostanza, è il più vecchio Ragazze a Beverly Hills (rispetto a cui Mean girls però è più cinico).
Insomma, non siamo di fronte a Stanley Kubrick, ma c’è del buono.

Fosco Del Nero



Titolo: Mean girls (Mean girls).
Genere: commedia, adolescenziale.
Regista: Mark Waters.
Attori: Lindsay Lohan, Rachel McAdams, Lacey Chabert, Tina Fey, Amanda Seyfried, Lizzy Caplan.
Anno: 2004.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.

martedì 19 agosto 2008

Scary movie 3 - David Zucker (film comico)


In molti pensano che i film comici non siano film seri e che abbiano un valore inferiore a quelli “veri”.
Sono peraltro le stesse persone che ritengono i libri umoristici inferiori agli altri.


Tali persone dovrebbero vedere le commedie di Francis Veber (per esempio La cena dei cretini), o leggere di libri di Douglas Adams (Guida galattica per gli autostoppisti, da cui è stato tratto l'omonimo film) o Terry Pratchett (Il colore della magia), ma gli esempi di prodotti in cui concetti e valori sono veicolati da umorismo e ironia sono infiniti.
Tutto questo cappello per sostenere il genere comico.

Ok, ma che dire del genere demenziale, a cui senza dubbio appartiene il film in questione, Scary movie 3?
Il discorso è più o meno il medesimo, anche se, per definizione, nel demenziale la componente comica è accentuata in modo grottesco.

A questo punto, la differenza non è tanto tra genere comico e serio, ma tra film di qualità (che siano thriller, fantasy, horror) e film trascurabili.

Rimanendo nel genere demenziale, per esempio, c’è una bella differenza tra i primi American pie (American pie, American pie 2, American pie 3 e American pien 4) e American pie 5: i primi sono film demenziali con un loro perché (per contenuti e comicità), mentre l’ultimo è un film che non merita di essere visto per quanto è insulso e banale.

La stessa saga di Scary movie, coi suoi vari episodi, ha vissuto differenziazioni analoghe, con questo Scary movie 3 che secondo me è il rappresentante più riuscito (anche se non credo di averli visti tutti, per cui potrei sbagliarmi!).

Come sia strutturata la saga di Scary movie immagino lo sappiano tutti: ogni film rappresenta una parodia demenziale dei film horror (ma a volte anche non horror) di maggior successo del periodo precedente.

In Scary movie 3, per esempio, si fa il verso a The ring, Signs, Matrix, The others, 8 mile; ai primi tre in modo consistente e agli ultimi due con una sola scena.
E i film non sono le uniche citazioni presenti: si pensi ai personaggi del presidente americano (interpretato da Leslie Nielsen), di Michael Jackson, di Eminem… senza contare il prologo iniziale in cui Pamela Anderson praticamente fa il verso a se stessa, tra riferimenti a filmini hard e scimmiottamenti della figura della ragazza superficiale e stupidotta.

La storia del film è la seguente: una mattina viene ritrovato un cerchio nel grano (crop circle) di fronte alla fattoria dei fratelli Laughan
Il maggiore, Tom (Charlie Sheen, specializzato in produzioni demenziali), è un ex sacerdote che ha perso la fede dopo la morte della moglie (riferimento a Signs); il minore, George (Simon Rex, anch’egli sulla medesima strada), è un aspirante rapper bianco (riferimento a 8 mile).

La giornalista che curerà il servizio sul cerchio è invece Cindy Campbell (Anna Faris, stessa sorte degli altri due, con varie partecipazioni alla saga di Scary movie), che vive col nipote, un bambino molto intuitivo che a un certo punto vedrà una certa videocassetta (riferimento a The ring).

Cindy inizierà a indagare sul fenomeno, trovando assistenza presso alcuni bizzarri personaggi: l’Oracolo, Morpheus, l’Architetto (riferimento a Matrix), che l’aiuteranno a risolvere il mistero della connessione tra videocassetta e alieni.

Il film contiene letteralmente milioni di gag, tanto visive quanto verbali, come peraltro ci si attende da un film del genere.

Molte di esse sono particolarmente riuscite, come per esempio quelle del bambino preveggente, di Michael Jackson, degli alieni amiconi, della morte della moglie di Tom, dell’Architetto, di George che comunica alla nipotina la morte della maestra.
Convince in particolare la scelta dei produttori di puntare più su un umorismo basato sull’ironia e la parodia piuttosto che sulla comicità più bieca e facile (esempio: Maial college).

In definitiva, Scary movie 3 è un ottimo film comico.
Chiude la recensione il trailer originale del film.

Fosco Del Nero

p.s. Tu sei l’eventualità di un’anomalia. Tu sei inevitabilmente alla ricerca di una probabilità sedulante.



Titolo: Scary Movie 3 (Scary movie 3).
Genere: comico.
Regista: David Zucker.
Attori: Anna Faris, Simon Rex, Charlie Sheen, Denise Richards, Regina Hall, Eddie Griffin, Peter Boyle, Leslie Nielsen, Pamela Anderson, Jenny McCarthy, Ja Rule, Queen Latifah, Anthony Anderson, Kevin Hart.
Anno: 2003.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.


lunedì 18 agosto 2008

Seabiscuit - Un mito senza tempo - Gary Ross

Seabiscuit - Un mito senza tempo è un film del 2003, girato da Gary Ross e con protagonisti principali Jeff Bridges (Il grande Lebowski, Tideland - Il mondo capovolto), Chris Cooper (due parti secondarie, ma con dei personaggi entrambi interessanti, in Interstate 60 e in American Beauty), Tobey Maguire (Spider-Man, ma soprattutto Pleasantville, diretto dallo stesso regista ed esperimento decisamente più riuscito).

Jeff Bridges (Charles) è un industriale dell’ovest che ha fatto fortuna come venditore di auto, tanto da aprire poi numerosi saloni e potersi permettere case, terreni, auto e cavalli a volontà, e questo nonostante la Grande Depressione del 1929, che ha bruciato in poco tempo un considerevole ammontare di denaro e che ha causato livelli elevatissimi di disoccupazione e di povertà.

Quella povertà in cui si ritrova a vivere Tobey Maguire (John), che viene in pratica abbandonato dalla sua famiglia, che si è ritrovata improvvisamente senza niente e che, intuendo il suo talento per i cavalli, decide di lasciarlo presso un allevatore affinché possa fare fortuna.
Anche per Charles, tuttavia, è un periodo duro, per quanto non economicamente: suo figlio muore tentando di guidare un’auto, e la moglie, attribuendogli forse qualche colpa, lo lascia.

I drammi di queste due persone si incroceranno poi con le storie altrettanto difficili di altri due personaggi: il primo è Tom, un ex maniscalco che ora vive ai margini delle corse dei cavalli (letteralmente: non ha una casa e vive all’aperto con il cavallo zoppo che ha appena salvato dall’abbattimento); il secondo è Seabiscuit, un cavallo dal grande potenziale, che però ha reso meno di quanto ci si aspettasse e che Charles non fatica a comprare.

Il quadrato ha ora tutti i lati: Charles diventa (proprio lui che era un sostenitore delle auto come mezzo di trasporto definitivo) un proprietario di cavalli, Tom un allenatore, John un fantino e Seabiscuit il loro asso nella manica.
Iniziano così le avventure sportive dei quattro.

Seabiscuit - Un mito senza tempo è molto lungo (oltre due ore), con il livello di coinvolgimento che sale e che scende.
In effetti, tra alcuni momenti coinvolgenti (le corse, l’incontro tra fantino e cavallo zoppi, etc), vi sono anche dei momenti di noia, anche perché, sostanzialmente, il film presenta una trama banale e prevedibile.

Lo stesso finale, molto sentimentaloide, è assai scontato, e certo non contribuisce a risollevare le sorti di un film ben realizzato (fotografia, costumi, recitazione), ma in pratica innocuo e privo di spessore.
Da cui il voto.

Ad ogni modo, Seabiscuit - Un mito senza tempo non è un prodotto pessimo, e se siete appassionati di cavalli e di corse, dello stile old style o semplicemente se siete fan di questo o quell’attore, magari vorrete darci un’occhiata.

Fosco Del Nero



Titolo: Seabiscuit - Un mito senza tempo (Seabiscuit).
Genere: drammatico, commedia, sportivo.
Regista: Gary Ross.
Attori: Tobey Maguire, Jeff Bridges, Elizabeth Banks, Chris Cooper, William H. Macy.
Anno: 2003.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui.

sabato 16 agosto 2008

Beetlejuice - Spiritello porcello - Tim Burton

Punto numero uno: il titolo italiano (Spiritello porcello) è ridicolo, probabilmente un maldestro tentativo di rendere il film più appetibile al grande pubblico (e il vizio non lo abbiamo perduto: si pensi al recente Una top model nel mio letto, titolo che lascia presagire un film sboccato e disinvolto quando invece ci si trova di fronte a una tenera commedia di Francis Veber).

Punto numero due: io adoro Tim Burton.
Come si può infatti non adorare uno che ha diretto film come Il mistero di Sleepy Hollow o Big fish (e scritto e prodotto Nightmare before Christmas)??
È matematicamente impossibile.

Beetlejuice è uno dei primi film di Burton, e si vede.
Si vede sia perché l’impronta surreale e ironica è evidente, sia perché il regista, al tempo non importante quanto oggi, cercava probabilmente di farsi un nome, magari strizzando l’occhio a un certo tipo di pubblico (che col senno di poi non sarebbe stato propriamente il suo futuro).

Il cast del film è di buon livello: il protagonista è Alec Baldwin (Great balls of fire), anche se i ruoli più penetranti sono quelli di Michael Keaton (Batman, Quattro pazzi in libertà) e Winona Ryder (Dracula, Ragazze interrotte, Sirene).

Il primo dei tre è Adam, che vive con la moglie Barbara in una rustica casa di campagna.
I due sposini, però, un giorno hanno un incidente, purtroppo fatale.
Tuttavia, non si accorgono subito di essere morti, giacché i loro spiriti ritornano a casa loro come se niente fosse.
Ma qualcosa non torna… e i due avranno il loro bel daffare, tra manuali per neo-morti e uffici di accoglienza per defunti, per affrontare la situazione che si sta presentando loro: degli uomini vivi si stanno trasferendo a casa loro… con loro ancora imprigionati in essa (che poi è la stessa trama che The others avrebbe affrontato in modo più serio e drammatico)!
A quel punto subentrano Michael Keaton, il Beetlejuice del titolo, sorta di (esuberante) esorcista al contrario (caccia i vivi dalle case degli spiriti) e Winona Ryder, una ragazza (dalle tendenze dark) di nome Lidia, figlia dei nuovi possessori e che medierà tra le due fazioni in quella che si prospetta come una battaglia per la casa.

Come intuibile, la trama di Beetlejuice - Spiritello porcello è vivace, arricchita da gag e umorismo di varia natura.
In particolare, sono molte le scene divertenti (per esempio quella del ballo del Calipso), e il film non annoia di certo.
Rispetto ai capolavori di Burton, tuttavia, siamo un paio di gradini più in basso.

Fosco Del Nero



Titolo: Beetlejuice - Spiritello porcello (Beetlejuice).
Genere: fantastico, commedia, comico.
Regista: Tim Burton.
Attori: Alec Baldwin, Geena Davis, Michael Keaton, Winona Ryder, Catherine O'Hara, Jeffrey Jones.
Anno: 1988.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.

giovedì 14 agosto 2008

Contatti e privacy

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Fosco Del Nero

Old boy - Chan-Wook Park

Una lieta sorpresa dall'Oriente (dalla Corea, per la precisione), una delle tante che si hanno se si ha il coraggio di esplorarne la produzione visiva, film o anime che sia (non a caso il film è tratto proprio da un anime).

Comincerei la recensione di Old boy da quanto su esso detto da Quentin Tarantino (non l’ultimo arrivato, con i suoi Dal tramonto all’alba, Kill Bill, Le iene, Pulp fiction, Four rooms): “Il film che avrei voluto dirigere io”.

E così abbiamo già un indizio su che tipo di film aspettarci: un drammatico con discreti elementi pulp.
Si tratta, peraltro, del vincitore del Gran Premio della giuria a Cannes del 2004 (proprio con Tarantino come presidente di giuria).

Ok, veniamo alla trama del film: un uomo, Taesu, viene rapito e segregato in una camera per quindici anni, con il rapitore che nel mentre gli fornisce cibo e assistenza medica.
All’improvviso, Taesu viene liberato, con l’uomo che inizia a porsi inevitabili domande.

Chi lo ha imprigionato?
Perché?
Come mai poi è stato liberato, senza nemmeno una spiegazione?

Se vi immedesimate nella situazione, ne comprenderete facilmente il risvolto drammatico, nonché il carico di rabbia e rancore covato dall’uomo per tutto quel tempo, acuito peraltro dal fatto di essere stato accusato e condannato per l’omicidio della moglie, a causa di alcune schiaccianti prove artatamente poste nella scena del delitto… dal suo stesso rapitore forse?

La rabbia di Taesu trova un immediato compimento su chiunque si frapponga tra lui e la risoluzione di quel mistero; tra l’altro, in quei quindici anni di clausura l’uomo, un po’ per l’assenza di altri passatempi e un po’ per il desiderio della futura vendetta, si era duramente allenato nel combattimento, utilizzando come sparring partner nientemeno che il muro.

Ora unite gli ingredienti: ira, dolore, forza… aggiungetevi il desiderio di proteggere Mido, la ragazza che ha conosciuto appena trovatosi inaspettatamente libero… cosa ne viene fuori?

Esatto: molto sangue e altrettanto splatter.
Old boy, difatti, si presenta crudo e violento, per quanto, paradossalmente, la violenza che più urta non è quella fisica (combattimenti, denti estratti a viva forza, lingue tagliate, etc), ma quella morale, fatta di ricatti, vendette, minacce, omicidi e suicidi.

La trama è ricca e coinvolgente, con un colpo di scena finale a dir poco sorprendente, che da solo varrebbe la visione dell’intero film.
Il quale, peraltro, si distingue anche per un ottimo montaggio, per dei personaggi molto ben caratterizzati e per una bella colonna sonora.

E allora, se la visione di un po’ di sangue non vi spaventa, guardate Old boy senza riserve: di questo film vi ricorderete senz’altro.
Concludo con il trailer del film.

Fosco Del Nero



Titolo: Old boy (Old boy).
Genere: drammatico, surreale.
Regista: Chan-Wook Park.
Attori: Choi Min-Sik, Yoo Ji-Tae, Gang Hye-Jung, Chi Dae-Han, Oh Dal-Su, Lee Seung-Shin, Oh Gwang-Rok, Lee Dae-Yun.
Anno: 2003.
Voto: 8.
Dove lo trovi: qui.


mercoledì 13 agosto 2008

Donnie Darko - Richard Kelly

Donnie Darko è l’emblema di come un film possa veicolare concetti (e quindi energie, e quindi qualcosa che influenza chi lo guarda) di un certo tipo senza che il pubblico se ne accorga… e magari senza che se ne accorga persino un pubblico che ha a disposizione più informazioni rispetto all’“uomo della strada”. 

Ecco, in sintesi, la trama di Donnie Darko nella sua essenza: un ragazzino dall’energia molto bassa, la cui vita oscilla tra la depressione e gli psicofarmaci (e che sguazza tra idee pacchiane e bassi desideri sessuali, come confessa lui stesso sotto ipnosi), un giorno viene contattato da una voce cavernosa, personificata da un personaggio dall’apparenza un po’ mostruosa, che inizia a dirgli cosa fare.
Da quel punto in poi, Donnie viene come posseduto dalla suddetta voce cavernosa, che gli fa compiere atti vandalici e violenti: appiccare incendi ad appartamenti, devastare scuole, procurarsi armi, e lo porta infine ad assassinare qualcuno (e ciò spesso senza che egli si ricordi nulla, segno di una possessione perfetta, quella facilitata per l’appunto dall’uso di droghe e farmaci, che rendono il soggetto energeticamente debole e attaccabile).
E, si noti, in tutto ciò Donnie non sa minimamente cosa sta succedendo, nonostante le sue infantili ricerche sui viaggi nel tempo… ricerche che peraltro lo portano a Nonna Morte, nome che è tutto un programma.

D’altronde, che il film Donnie Darko parli di energie non ci sono dubbi: lo stesso Donnie vede le energie uscire dai corpi degli esseri umani, e inoltre in alcuni punti si parla molto chiaramente della scelta energetica cui è chiamato ogni singolo essere umano, ossia quella tra amore e paura (tra energia positiva ed energia negativa, viene detto testualmente). Tuttavia, tale concetto è messo in ridicolo, e attribuito a un personaggio, sorta di guru all’americana, il quale in seguito risulta essere un pedofilo (svalutazione ad personam tipica dei disinformatori, per la cronaca)…
… proprio grazie all’intervento di Donnie Darko, che facendo esattamente ciò che gli dice di fare la voce provoca un incendio in un’abitazione, e inoltre devasta la sua scuola con un’inondazione d’acqua (acqua e fuoco, come se vi fosse bisogno di lavare e purificare), e inoltre uccide, ma stavolta da “sveglio”, grazie a una pistola che il suo sé alterato gli aveva procurato e messo diligentemente in tasca (cosa che si dice delle persone soggette al controllo mentale).

La contrapposizione fondamentale nella storia è quindi quella tra il ragazzino dall’energia debole e squilibrata, vittima di depressione e psicofarmaci, posseduto da un’entità esterna dalla voce demoniaca, che compie atti violenti e poi si dimentica ciò che ha fatto, caso di possessione perfetta, e il guru che invita le persone ad abbracciare l’amore e ad allontanare la paura (ciò che a dire il vero è quanto hanno detto tutti i maestri spirituali di tutti i tempi), ma che è messo in ridicolo sia dalla questione della pedofilia, sia dalla sua seguace, una persona dall’aria cretina e presuntuosa (la quale in effetti è uno dei personaggi più tonti e ottusi che la storia del cinema ricordi, in questo senso molto ben riuscito).

Tutto ciò sponsorizzato dall’occhio che vede tutto, simbolo principale degli Illuminati e della manipolazione mentale (che è il vero argomento del film), spesso presente in produzioni musicali o cinematografiche dall’energia molto bassa, per l’appunto. Per gli appassionati di statistica, ciò può rappresentare un caso una o due volte, ma non quattrocento.
Sempre a proposito di coincidenze, il regista Richard Kelly si è impegnato poi in film su tematiche come terrorismo, droga, gioco d’azzardo, pornografia, guerra, problemi psicologici, entità demoniache, logge segrete. Praticamente, tutte o quasi le tematiche care agli Illuminati, ma forse è un caso anche questo.

Altre cose curiose.
I 28 giorni prima della fine del mondo (altra tematica di taglio molto esoterico) corrispondono al ciclo lunare di 28 giorni, e non sono un periodo casuale.
Il "guru" Cunningham è identificato già nel nome, visto che “cunning” in inglese vuol dire “scaltro, astuto, subdolo”, ciò che rivela già in partenza l’obiettivo di chi ha creato il film, ossia ridicolizzare il percorso di evoluzione spirituale.
Darko richiama evidentemente il termine “dark”, che significa “oscuro”, ulteriore conferma delle energie basse e oscure in cui si muove il personaggio in questione. Il quale, a proposito, in un punto legge una sua poesia in cui si parla di mostri che ghermiscono bambini e che si nascondono nel profondo.
A proposito di profondità, abbiamo l’espressione “cellar door”, ossia la “porta della cantina”, che rappresenta la via di accesso per il mondo inferiore e oscuro, gli inferi della persona.
A inizio film si vede la scritta “Dove è Donnie?”, come se Donnie non fosse in casa; e infatti non c’è, non è presente, è altrove, si è perso da qualche parte e qualcuno ha preso il suo posto.
Tornando ai cognomi, la seguace cretina del guru porta il cognome "Farmer", che significa “contadino”, anche questo a rimarcare la sua anima sempliciotta di contadina che si beve l’insegnamento di amore del guru pedofilo.
Ancora: ad inizio film vien fatto vedere il libro It di Stephen King, noto libro horror (dalla vibrazione bassissima: una vera e propria messa in scena dei liquami psichici umani), viene citato Edgar Allan Poe, altro autore dell’orrore, e inoltre vengono citati i film La casa e L'ultima tentazione di Cristo, il primo un altro horror (che parla di possessioni...) e il secondo per sottolineare per l’ennesima volta che si sta parlando di energie interiori, ossia di spiritualità, e di tentazioni dell'animo. D’altronde si accenna anche all’ego riflesso e al guardare nello specchio e attraverso lo specchio, altri concetti tipici delle tradizioni esistenzial-spirituali (per non farci mancare niente, viene citato anche l’Anticristo).
Viene citato anche il racconto The destructors (I distruttori) di Henry Graham Greene, la cui biografia è tutto un programma: lo scrittore soffriva di un disturbo bipolare della personalità (problemi psichici); era fratello di un direttore della BBC (mezzi di comunicazione di massa); era sposato con sua cugina (sposalizio tra consanguinei, vi dice niente?); faceva parte di una famiglia di banchieri (famiglie di banchieri, vi dice niente?); era depresso e in cura da uno psichiatra (ancora problemi psichici); ha tentato il suicidio diverse volte (sofferenza e mal di vita); studiò al Balliol College, famoso per essere un centro di formazione e reclutamento degli Illuminati (vi dice niente? A proposito, nel film ogni tanto si vede George Bush senior); fu accusato di pedofilia nientemeno che dall’attrice Shirley Temple, a sua volta nota per i suoi interessi esoterici (pedofilia, vi dice niente?); condannato per la cosa, scappò in Messico, girò il mondo e poi si trasferì in Svizzera (vi dice niente?), dove morì. Ovviamente è curioso che si citi un personaggio di tal risma, così come si cita Lolita (ancora pedofilia) di Stanley Kubrick, altro personaggio tristemente vicino a quel mondo, morto in modo sospetto mentre terminava Eyes wide shut, film di denuncia delle logge-sette massonico-segrete.
E, giusto en passant, la fase cruciale della storia avviene il giorno di Halloween, la festa dei morti, giorno che da sempre è additato di avere energie particolari (è in quel giorno che Donnie vede e segue le energie che escono dalle persone, note nella cultura yoga come "tubi astrali" e nello sciamanesimo huna come "fili aka", e seguendole dà un indirizzo alla sua esistenza).

Tutto questo, mentre lo spettatore viene distratto dalle diatribe televisive sui partiti da votare, dal gossip o dalle simpatie-antipatie personali… ciò che è esattamente quello che succede alla quasi totalità delle persone, a proposito del giorno dei morti-addormentati; infatti Donnie quando è posseduto-guidato va in giro da addormentato. Ed egli è esattamente questo: il simbolo di tutti gli uomini non viventi-morti-addormentati, distratti dalla vita, aventi un’energia interiore bassa, e quindi facilmente attaccabili e manipolabili.
Tra parentesi, ad Halloween Donnie si veste da scheletro-morto, per l'appunto.

A proposito di manipolazione mentale e di stato di ipnosi-addormentamento, Donnie dentro il motore caduto in casa sua vede una spirale, simbolo per l’appunto dello stato di ipnosi. Non per niente egli si sottopone a sedute di ipnoterapia, a certificare il fatto che si sta parlando di ipnosi... seppur in un altro senso.
Sempre a proposito di controllo mentale, dopo che Donnie, addormentato e immemore, allaga la scuola, scrive per terra “Loro me lo fanno fare”. Controllo mentale, per l’appunto.
Il bello è che la psichiatra di Donnie a un certo punto gli chiede “Sei mai stato ipnotizzato?”.
Come se ciò non fosse sufficiente, e ancora a precisare le cose, uno dei capitoli del film (nella versione estesa del film) si intitola “L’essere vivente manipolato”, mentre un altro “Il morto manipolato”.
In questo senso, la domanda più importante del film la fa Gretchen: “Per quanto tempo ho dormito?”.
Ma anche il padre di Donnie dice una cosa interessante: “Hanno paura di quelli come te, perché quegli stronzi sanno che sei più sveglio di loro” (ossia, c’è qualcuno che si preoccupa se tu sei troppo sveglio).
Curioso come in questo film si parli tanto di essere svegli, di essere addormentati, di ipnosi e di manipolazione... non era un film di fantascienza sui viaggi nel tempo?

Insomma, il discorso è sempre quello, ed è crescita personale, anche se non sembra: state attenti alle energie cui vi sottoponete, perché esse diventano parte di voi e quindi della vostra vita.

In conclusione, ecco il mio consiglio: quando vi accostate a un film o a un romanzo, ma in generale a qualunque cosa, badate alla sua energia. Se non siete capaci di intuirla da soli, badate allora a cosa essa contiene: in questo caso, abbiamo morte, inganni, pedofilia, bullismo, psicoterapia, farmaci, possessione e assassinio (e qualche storiella aggiuntiva per distrarre lo spettatore). State dunque attenti alle energie cui vi sottoponete, perché esse diventano parte di voi e quindi della vostra vita; anzi, esse divengono voi stessi, e voi divenite loro (cioè, formati da loro, che è la stessa cosa).

Questo, ovviamente, a meno che voi non siate centrati e sereni come energie interiori, nel qual caso le energie esteriori, per quanto basse, non possono farvi niente, ed anche a questo serve la consapevolezza. 

Per chiudere, elenco alcune frasi del film, alcune già evidenziate nell'articolo e altre no.

"Svegliati!"

"Un giorno ho guardato nello specchio... non semplicemente nello specchio ma attraverso lo specchio, e in quell'immagine ho visto il mio ego riflesso."

"Per quanto ho dormito?"

"Ogni creatura sulla Terra quando muore è sola."

"La ricerca di Dio è assurda?"

"Perché indossi quello stupido costume da uomo?"

Fosco Del Nero

p.s. Da un punto di vista tecnico, tra sceneggiatura e realizzazione registica, Donnie Darko è un bel film… ma anche lo zucchero industriale-saccarosio è dolce e non per questo fa bene, anzi fa male. Come si dice: è bianco, è dolce e uccide. Vale lo stesso per alcuni film.



Titolo: Donnie Darko.
Genere: fantastico, drammatico, commedia, surreale.
Regista: Richard Kelly.
Attori: Jake Gyllenhaal, Maggie Gyllenhaal, Jena Malone, James Duval, Beth Grant, Drew Barrymore, Patrick Swayze, Mary McDonnell, Holmes Osborne, Daveigh Chase, Katharine Ross, Noah Wyle.
Anno: 2001.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.

martedì 12 agosto 2008

Incontri ravvicinati del terzo tipo - Steven Spielberg

Inizio la recensione del film con una confessione: non avevo mai visto Incontri ravvicinati del terzo tipo o, se lo avevo fatto, ero troppo piccolo per ricordarmene.

Mi rendevo conto che si trattava di una grande carenza, specie per un appassionato di cinema fantastico, e così ho deciso di porvi rimedio.

E ora arriva subito la seconda confessione: come forse avrete dedotto dal voto, non mi è piaciuto molto.

E poco importa che sia un classico, o che lo abbia diretto Spielberg (E.T., Lo squalo, I predatori dell'arca perduta e qualche altro milione di film)… non mi è piaciuto e basta.
Anzi, se devo essere sincero non è che i film di Spielberg mi abbiano mai fatto impazzire, e anzi trovo che sia un regista dotato ma un po’ fiacco e prevedibile.

Ad ogni modo, per quei pochi che non avessero mai sentito parlare di Incontri ravvicinati del terzo tipo, ecco la trama: un bel giorno dei misteriosi oggetti luminescenti solcano il cielo di una provincia statunitense. Molti sono i testimoni, tanto tra i civili quanto tra gli ufficiali di aeronautica.

Inoltre, parallelamente vengono ritrovati i resti di velivoli o di navi piuttosto risalenti, in perfetto stato di conservazione ma senza equipaggio, e soprattutto in luoghi in cui non avrebbero dovuto essere… tipo una nave nel bel mezzo del deserto del Sahara.

Aggiungiamo che tali u.f.o. (unidentified flying object) pare abbiano sparso qua e là una specie di messaggio in codice (ai civili l’immagine di un luogo e ai militari una serie di note musicali e di numeri) e il gioco è fatto.
Il codice è in qualche modo risolto, e in molti si preparano al grande evento, sotto forma di incontro.

E ora iniziamo con le critiche.
Cominciando con gli attori protagonisti, non particolarmente dotati, e difatti nessun di loro ha poi avuto successo, nonostante il successo del film (l'unico famoso, paradossalmente, è François Truffaut, che però ha avuto successo come regista!).
L’atmosfera stessa della storia lascia un po’ a desiderare, e anche esteticamente il film paga qualcosa.

Ma il punto debole maggiore di Incontri ravvicinati del terzo tipo secondo me sta proprio nella trama: degli alieni decidono finalmente di manifestarsi pubblicamente e che fanno?
Inviano un messaggio strano a un solo governo (naturalmente gli Usa) e in più ad alcune persone.
Lo scopo era di far venire poca gente o molta?

In entrambi i casi la cosa non convince, così come non convince il fatto che, pur trattandosi di alieni “buoni”, essi non si siano posti scrupoli a far impazzire degli umani con il pensiero ricorrente dovuto all’immagine da loro instillata, né a prelevare degli interi gruppi di persone da un contesto storico per portarli in un altro (per esempio, gli equipaggi della nave o dell’aereo), o persino a rapire un bambino, per la disperazione della madre.

Senza contare che, al primo incontro ufficiale tra alieni e umani, non si trova di meglio che suonare un po’ di pianoforte!!

Insomma, il film mi è sembrato più un pretesto per parlare di un argomento caldo, l’esistenza di specie aliene, piuttosto che una vera storia.
E, alla fin fine, avevo fatto bene a non guardarlo per tutti questi anni!

Eh sì, bisogna sempre dar retta al proprio intuito… alla resa dei conti, l'unico spunto interessante del film è dato dalla domanda"tu saresti salito nella navicella?"... ma per questa non c'era bisogno di un costosissimo colossal di Hollywood.

Fosco Del Nero



Titolo: Incontri ravvicinati del terzo tipo (Close encounters of the third kind).
Genere: fantascienza.
Regista: Steven Spielberg.
Attori: François Truffaut, Richard Dreyfuss, Bob Balaban, Melinda Dillon, Teri Garr, Cary Guffey, Shawn Bishop, Adrienne Campbell, Justin Dreyfuss, Lance Henriksen.
Anno: 1977.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui.

lunedì 11 agosto 2008

Lost - J.J. Abrams, Damon Lindelof, Jeffrey Lieber

Ecco un'altra delle mie serie preferite: Lost.

Se devo essere sincero, inizialmente l'ho ignorata per un bel po' di tempo, anche perché mi dava noia il dover avere un appuntamento fisso in televisione (anzi, a dirla tutta la televisione in pratica non la guardo più, eccezion fatta per il calcio).
Inoltre le serie tv hanno la brutta abitudine di essere piazzate proprio in quei giorni in cui tu non puoi perché hai degli impegni fissi.
Risultato: sapevo che c'era questa serie di grande successo in cui dei superstiti di un volo intercontinentale avevano a che fare con un'isola misteriosa, ma non l'avevo mai vista.

Poi un amico mi ha convinto a darci un'occhiata, prestandomi i dvd con le prime serie belle pronte.
Fantastico: molti episodi già disponibili e nessun vincolo di orario, proprio come piace a me...
Inizio a guardarla e, morale della favola, non smetto più.

Anzi, il mio livello di interesse è diventato tale che anticipo gli episodi doppiati in italiano guardando la serie americana, ovviamente opportunamente sottotitolata (il mio inglese non è così buono...).
E devo dire che in lingua originale rende pure meglio.

Che dire di Lost?
Ci sarebbero tante cose da dire, ma mi limito a solo due.

La prima è che contiene una marea di spunti.
Letteralmente: non fai in tempo a capire una cosa, che subito spuntano fuori nuovi indizi, nuovi personaggi, nuove situazioni, nuove implicazioni.

La seconda è che ci devono aver messo dentro qualche additivo chimico, perché una volta che ti appassioni hai bisogno della tua "dose".

Per Friends, la prima serie che ho recensito, avevo incluso nella recensione una breve descrizione dei protagonisti principali... che però sono solo sei.
In Lost la mole di personaggi è esagerata, ma, paradossalmente, pur essendovi ovviamente personaggi più centrali di altri, molti di essi (e parlo di decine e decine di persone) sono molto ben caratterizzati, e ognuno addentro alla storia a suo modo, tanto che ciascuno ha una sua importanza... e spesso continua ad averla pure da scomparso o da morto!

Altra caratteristica di Lost è infatti quella di essere spesso crudo, tanto nelle immagini quanto nelle situazioni, pertanto attendetevi sangue e comportamenti discutibili a profusione. Anzi, praticamente tutti i protagonisti della serie tv sono personaggi in chiaroscuro, ognuno con i propri segreti e scheletri nell'armadio, tanto che, e forse questa è stata la bravura principale dei produttori, non è facile tracciare una distinzione tra buoni e cattivi.
Persino la contrapposizione tra sopravvissuti e Altri non è così chiara, come non era chiara quella tra gli Altri e i componenti del Gruppo Dharma.

La serie procede a spezzoni, raccontando in parte il presente (ossia la difficile vita sull'isola) e in parte il passato (tramite dei flashback volti a caratterizzare meglio i singoli protagonisti).
Nella parte avanzata della serie vi saranno anche dei flashforward, ossia delle anticipazioni di eventi futuri rispetto al periodo dell'isola... che tuttavia, anziché chiarire, renderanno il tutto ancora più complesso.

Come detto, ogni personaggi della storia è importante, persino alcuni che muoiono più o meno subito, determinando così un certo corso degli eventi. E ognuno ha i suoi pregi e i suoi difetti, di modo che non ve ne è uno in assoluto migliore.
Posto che descrivere tutti sarebbe troppo lungo, mi limito ora a scrivere due righe su chi mi piace di più e perché.

Sawyer: presentato come "cattivo", come alter-ego di Jack, è diventato col tempo il mio personaggio preferito. La sua ironia è irresistibile, così come i soprannomi che distribuisce a piene mani.

Kate: ok, è un'assassina. Ok, è ricercata dalla polizia, e anzi è proprio l'incidente che le restituisce la libertà. Ok, fa le fusa un po' a Jack e un po' a Sawyer.
Ma come si fa a non tifare per questa ragazza così bella e decisa?

Locke: col passare delle puntate, è divenuto chiaro che l'alter ego di Jack non era Sawyer, bensì proprio John Locke. Il primo è la ragione; il secondo è la fede. Il primo crede in ciò che vede; il secondo crede in ciò che percepisce. Il primo è un dottore, chirurgo spinale; il secondo è salito sull'aereo in carrozzella, e una volta sull'isola ha ripreso a camminare, a dispetto della schiena spezzata.
Chi avrà ragione dei due riguardo all'isola?

Hugo: come si fa a non simpatizzare per questo ragazzone tanto grosso quanto gentile e generoso?
Non a caso, Hugo (o Hurley) è un po' la mascotte del gruppo, e spesso si rende utile nel tenerlo coeso.

Ana Lucia: Ana Lucia, così ruvida e diretta, mi è piaciuta da subito. Forse, anzi, il suo carisma e la sua presenza erano troppi per non condizionare il gruppo e la storia... e infatti... peccato.

Ben: ebbene sì, Ben mi piace parecchio. Come dicevo prima è difficile stabilire con certezza buoni e cattivi. Certo, Ben è un po' cinico e un po' manipolatore, ma in fin dei conti è quello che sull'isola la sa più lunga di tutti... e finora non si è sbagliato mai.

Desmond: vale più o meno il discorso fatto per Hugo. Non possiede carisma da leader, ma ha tanta generosità e sensibilità, tanto da mettere spesso in pericolo la propria vita per salvare quella degli altri (vedasi le numerose volte con Charlie). L'accento scozzese poi è molto divertente (ma questo lo si apprezza solo in lingua originale).

Mister Eko: un altro personaggio piuttosto misterioso, e come molti altri dal passato oscuro.
Forse è quello che più di tutti, insieme a Locke, intuisce la vera natura dell'isola, e infatti mentre il secondo è credente, il primo è direttamente un sacerdote, per quanto un sacerdote molto sui generis.

Claire: stesso discorso fatto per Kate, benché per ragioni diverse: è quasi scontato simpatizzare per una ragazza così bella e delicata.
La simpatia peraltro è aumentata dalla maternità.

Sayid: pure lui non era esattamente uno stinco di santo, ex miliziano iracheno e torturatore della Guardia Nazionale. Però pare essersi pentito del suo passato, e ora sembra una brava persona...

Richard: a proposito di chi è buono e di chi è cattivo, oppure a proposito di personaggi misteriosi, questo Richard pareva non avere un ruolo di primo piano, e invece praticamente c’è sempre, sia quando i superstiti arrivano sull’isola, sia quando gli Altri e i Dharma si scontrano, sia quando Locke era appena bambino… e il bello è che lui è sempre uguale!
Su di lui mi attendo dunque grandi rivelazioni...

Jack: ma sì, dai, pure Jack mi è simpatico. Benché all'inizio tenda a sembrare un po' troppo boyscout per i miei gusti, mentre alla fine tenda a fare troppo il leader prepotentino.
Però è una brava persona, dai.

E voi, chi preferite?
Io mi fermo qui, visto che ho già scritto abbastanza.
Se non avete ancora visto Lost, fate come me: procuratevi i primi episodi e vedete se vi piace.

Fosco Del Nero

ADDENDUM (30/03/18): mi sto rivedendo la serie a distanza di molti anni (dieci, addirittura). Se già prima erano evidenti alcuni riferimenti di tipo esistenzial-spirituale, tra cristianesimo e induismo, tra sacerdoti e progetto Dharma (per chi non lo sapesse, il dharma è il percorso evolutivo cui è chiamata la singola persona), tra statuette della Madonna e il saluto "namasté", tra la croce ansata e il simbolo dell'i-ching, tra destino e libri di Castaneda (Una realtà separata... manco a dirlo), tra la maglietta con su scritto "Peace and karma" e il simbolo della bilancia del giudizio, tra scacchiere e altri giochi con pedine bianche e nere (simbolo di forze opposte e duali), senza parlare poi dell'asse centrale della serie, il conflitto tra ragione e fede nei due personaggi di Jack e John (ossia Giacomo e Giovanni, fratelli nei Vangeli, come di fatto sono fratelli Jack e John: son quasi sempre in disaccordo, ma si rispettano l'un l'altro), col senno di poi tale sensazione è ulteriormente rafforzata: la serie è stata progettata da qualcuno con forti interessi e conoscenze di tipo esistenziale, al di là poi di quello che ha voluto comunicare con la serie stessa (peraltro poi spunta fuori anche Jacob, ossia Giacobbe, altro importante nome biblico, associato inoltre a una cultura di stampo egizio). A proposito, il padre di Jack si chiama Christian Shepard, ossia "Pastore cristiano".
Solo così si spiegano frasi come: "Un'attenta osservazione è l'unica chiave per una vera e completa consapevolezza" (frase da manuale di corso di risveglio).
O come: "Non c'è nient'altro; siamo chiusi dentro una palla di vetro con la neve. Non esiste il mondo esterno; non c'è via di fuga; è tutto nella tua mente".
O come: "Non c'è niente di reale".
O come: "Non c'è niente che tu possa fare per loro adesso; prima devi fare chiarezza con te stesso".
O come: "Stiamo andando tutti nello stesso posto".
O come: "Io non scapperò, perché non c'è un posto dove andare".
O come: "Siamo la causa della nostra sofferenza" (subito dopo l'immagine di un Buddha).
O come: "Siamo qui per guardare".
O come: "Cammina tra di noi, ma  non è uno di noi".
O come: "Noi cerchiamo qualcuno che ci ricordi che siamo qui per motivi ben più importanti".
O come: "Queste cose mi sono dovute succedere: era il mio destino".
O come: "Ci vediamo in un'altra vita, fratello".
O come: "Noi non esistiamo".
O come: "Quando eravamo qui prima ho passato tutto il mio tempo a cercare di sistemare le cose. Hai mai pensato che magari l'isola (=l'Esistenza) vuole sistemare le cose da sola? E che magari io ero solo d'intralcio?".
O come: "Tutti i soldi del mondo non riempiranno quel vuoto dentro di te".
O come: "Questa non è casa tua. Ci hai solo vissuto per un po'".
O come: "Io sono un prigioniero. Sono prigioniero da così tanto tempo che non ricordo neanche come ci si sente ad essere liberi".
O come: "Come abbiamo fatto a non vederlo prima? Immagino che sia perché non lo stavamo cercando".
O come: "Non hai altra scelta: prendi il calice e bevi."
O dialoghi come: "Tu sei morto?"
"Intendi in senso figurato?"
"No, in senso letterale: siamo tutti morti, e questo, tutto questo, non è ciò che pensate che sia."
O come: "Per ogni uomo c'è una bilancia. Da un lato della bilancia c'è il bene, dall'altro lato il male".
O come: "Cosa c'è laggiù?"
"Luce. La luce più calda e luminosa che abbiate mai visto o sentito."
"E' bellissima."
"Lo è davvero; un po' di questa stessa luce si trova all'interno di ogni uomo."
O come: "Cosa c'è là sotto?"
"Vita. Morte. Rinascita. E' la sorgente."
O come: "Andiamo tutti nello stesso posto".
O espressioni estemporanee tipo "John, devi morire" e "Bello, vedi di svegliarti; hai molto lavoro da fare".
O pure frasi sibilline tipo questa: "Per gli Altri era obbligatorio imparare il latino: la lingua degli Illuminati".
Oppure scene come quella in cui Hugo vede un personaggio immaginario che gli dice che tutto ciò che lo circonda è un sogno, comprese le persone intorno a lui, sue creazioni, e che l'unico modo per uscire da sogno è uccidersi (=far morire la personalità che sta sognando). Gli esempi avrebbero potuto essere tantissimi, ma non mi sono preso la briga di segnarmi tutto, per cui accontentatevi di questi accenni. Peraltro, il fatto stesso che l'opera tratti temi esistenziali è certificato dal alcuni dei protagonisti hanno i nomi di grandi filosofi del passato: Locke, Rousseau, Hume, Burke, Bentham. Così come di scrittori, imprenditori, banchieri, economisti, fisici, chimici, psicologi, personaggi narrativi: Austen, Ford, Lloyd, Smith, Faraday, Rutherford, Alpert, Sawyer. L'intento è quello di citare la cultura, la ricerca e il pensiero dell'umanità il quale ha indagato a lungo la natura della realtà.
La natura della realtà dell'isola pare essere la seguente (anche se gli autori stessi hanno mischiato le carte a riguardo): si tratta di un luogo di mezzo, una sorta di purgatorio in cui le varie anime sono state parcheggiate in attesa di redimersi, ossia di purificarsi dalle loro energie interiori basse. Infatti, tutti i protagonisti hanno scheletri nell'armadio e un passato moralmente discutibile o comunque difficile e pesante. Peraltro, a un certo punto vien loro detto a chiare lettere che il relitto dell'aereo, con tutti i cadaveri dentro, è stato ritrovato in mare aperto... e vien loro detto da una persona che è appena precipitata in mare, e che poi si è ritrovata per miracolo sull'"isola". Un altro personaggio che compare sull'isola all'improvviso lo dice apertamente: aveva appena avuto un grave incidente automobilistico negli USA, teoricamente dall'altra parte del mondo, aveva perso conoscenza... e pure lui si risveglia sull'isola, in buona salute peraltro, ma prima che possa dire dove loro si trovino viene zittito. Un altro personaggio, in seguito, lo dice ugualmente in modo chiaro: "Questo posto è la morte". E un altro ancora, parlando di una ragazza appena morta, afferma che: "Lei è passata oltre, e noi siamo rimasti".
Insomma, l'isola simbolicamente è la terra di mezzo, il luogo di mezzo, in cui le anime che ne hanno bisogno rimangono a purificarsi prima di procedere oltre nel loro percorso. Ma se pure si trattasse di un luogo fisico e non di un luogo metaforico (come gli autori da un certo punto in avanti hanno impostato), pare essere un posto in cui le persone vanno a espiare i loro peccati... e d'altronde il significato del dharma è proprio quello: la legge cosmica e il percorso personale di evoluzione. D'altronde lo stesso Ben, la persona che ne sa più di tutti sull'isola (perlomeno all'inizio, poi subentrano altri "esperti"), parlando di essa dice: "Volevo rispondere di ciò che avevo fatto, volevo tornare per essere giudicato". A confermare tale ipotesi da "samsara" (il ciclo delle rinascite fino a illuminazione conquistata), in un'altra circostanza di un personaggio vien detto: "E' un torturatore che spara ai bambini: di certo si merita un altro giro sulla giostra". La metafora della bilancia non a caso compare diverse volte.
Anche la scena finale dell'ultima puntata (ambientata in una chiesa "multiconfessionale", coi simboli del cristianesimo, dell'induismo, del buddhismo, dal taoismo, dell'ebraismo e dell'islam) parla chiaramente di tematiche spiritual-esistenziali, nonché di morte e di punto di passaggio, e inoltre è molto bella nell'evidenziare come i protagonisti dell'isola, e per analogia tutti gli esseri umani, a livello animico si utilizzino a vicenda per i rispettivi percorsi evolutivi (e che come anime sono tutti amici fraterni, nonostante nella vita terrena se ne siano fatte di tutti i colori).
Tuttavia, il mistero più grande di Lost, tra tutti quelli proposti, rimane uno: perché a interpretare il ruolo di un iracheno ci hanno messo un attore che è evidentemente indiano?? Son proprio etnie e fisicità differenti: colore della pelle, altezza, adiposità del corpo, spigolosità del viso, anche l'accento. Misteri della fede.



Titolo: Lost (Lost).
Genere: avventura, fantastico, psicologico, esistenziale.
Ideatore: J.J. Abrams, Damon Lindelof, Jeffrey Lieber.
Attori: Matthew Fox, Evangeline Lilly, Ian Somerhalder, Maggie Grace, Dominic Monaghan, Jorge Garcia, Harold Perrinau, Josh Holloway, Terry O’Quinn, Daniel Dae Kim, Yunjin Kim, Yunjin Kim, Emilie de Ravin, Naveen Andrews, Michelle Rodriguez, Adewale Akinnuoye-Agbaje, Cynthia Watros, Michael Emerson, Elizabeth Mitchell, Henry Ian Cusick, Jeremy Davies.
Anno: 2004-2010.
Voto: 9.
Dove lo trovi: qui.

Il mondo dall'altra parte