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Nella vita bisogna avere il coraggio di volare.

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L'unico posto in cui puoi trovare la forza è dentro di te.

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Ogni tanto ricordati di amare qualcuno.

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Se vuoi che il mondo cambi, inizia a darti da fare tu stesso.

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Sai ancora sorprenderti dell'esistenza?

Corso di esistenza

domenica 31 maggio 2009

Il dottor Stranamore - Stanley Kubrick

La recensione di oggi è dedicata a un grande classico del cinema, diretto nel 1963 da uno dei più importanti registi di tutti i tempi: parlo di Stanley Kubrick e de Il dottor Stranamore.

Il cui titolo per esteso, a voler essere precisi, è Il dottor Stranamore, ovvero: come imparai a non preoccuparmi e ad amare la bomba, fatto che da solo rende l’idea di come il regista americano abbia inteso dare alla sua opera un forte sentore di ironia.

Devo confessare peraltro che non avevo mai visto questo film, pur apprezzando moltissimo Stanley Kubrick (tra gli altri, Lolita, 2001 - Odissea nello spazio, Arancia meccanica, Barry LindonShining, Full metal jacket, Eyes wide shut… e questi li ho visti), e che ho deciso di colmare ora la lacuna, approfittando di aver scoperto di recente un attore degli anni "60-70 assai dotato, che ho già recensito in altre due occasioni, entrambe positivamente (Casino royale e Hollywood party): Peter Sellers.

Peter Sellers è proprio il protagonista centrale de Il dottor Stranamore, posto che interpreta ben tre personaggi, tutti e tre assai importanti, tra cui quello che dà il titolo al film.
Film che è tratto a sua volta dal romanzo Allarme rosso di Peter George.

Quanto al genere, esso è di difficile identificazione, se non proprio indefinibile: trattando il tema della guerra, e non una guerra qualunque, dovrebbe essere considerato un film drammatico, peraltro dl taglio storico visto che è ambientato in piena guerra fredda Usa-Urss, ma il suo taglio da commedia noir lo porta molto più vicino all’opera satirica, se non proprio al film comico.
Particolarmente ironici sono i cartelloni con su scritto "Peace is our profession", ossia "La pace è la nostra professione", che campeggiavano in bella mostra nelle strutture militari statunitensi... anche quando diversi reparti del medesimo esercito si stavano sparando tra di loro.

E l’umorismo, ispirato al noto antibellicismo di Kubrick emerso anche in altre sue opere (come il famoso Full metal jacket), è proprio lo spirito di fondo della pellicola, che analizza la situazione politico-diplomatico-sociale dell’epoca (era appena passata la crisi dei missili di Cuba, che aveva messo in crisi J.F. Kennedy) alla luce della possibilità, nemmeno tanto remota, di una reciproca e generale distruzione tra americani e russi, che avrebbe con tutta probabilità coinvolto l’intero pianeta…
… anche perché era stata appena approntata l’arma definitiva, una bomba-deterrente capace di distruggere la vita su tutta le Terra.

Peccato che l’arma, russa, non era ancora stata annunciata al mondo e non aveva dunque ancora avviato il suo potere deterrente, e che nel mentre un generale americano, uscito di testa e decisamente paranoico (Jack D. Ripper, che in pratica suona come Jack lo Squartatore), avesse di sua iniziativa lanciato un attacco atomico contro l’Urss disponendo in modo che esso non potesse essere fermato nel frattempo dalle gerarchie politiche.

Il dottor Stranamore ha proprio di questo tema: come il sistema difensivo/offensivo basato sulla deterrenza e il terrore possa facilmente condurre all’errore… e a un errore fatale.

Curiosamente, il film introduce alcuni altri argomenti, seppur en passant e facendoli passare per manie di un pazzo: la fluorizzazione dell'acqua, il peggioramento intenzionale dei cibi, il danneggiamento del corpo umano: "Lo sa che oltre a contaminare l'acqua stanno studiando anche il modo di contaminare il sale, la farina, i succhi di frutta, oltre allo zucchero e al latte? Sostanze estranee vengono introdotte nei nostri preziosi fluidi vitali senza che l'individuo se ne accorga o vi si possa opporre: ecco come lavora questa gente senza scrupoli".
Tutte tematiche di tipo "cospirazionistico-di denuncia"... che avrebbero poi portato Kubrick alla morte dopo aver girato il non plus ultra dei film di denuncia Eyes wide shut.

Come detto, triplice ruolo per l’eccellente Peter Sellers: il comandante inglese Lionel Mandrake, il presidente americano Merkin Muffley e il dottor Stranamore, un tedesco ex nazista e naturalizzato statunitense esperto di bombe.

In definitiva, Il dottor Stranamore è un film eccellente, eccellente per recitazione, per motivo di fondo, per la brillantezza dei dialoghi (Sellers su tutti, e non a caso l’attore era noto per la sua capacità di improvvisazione), per fotografia e colonna sonora.

Il finale, in particolare, unisce la devastazione visiva a una melodia dolce che sa tanto di acuta ironia e critica al sistema politico.
Ovviamente consigliato.

Fosco Del Nero



Titolo: Il dottor Stranamore (Dr. Strangelove, or how I learned to stop worrying and love the bomb).
Genere: commedia, drammatico, guerra, psicologico.
Regista: Stanley Kubrick.
Attori: Peter Sellers, George C. Scott, Keenan Wynn, Sterling Hayden, Slim Pickens, Tracy Reed, James Earl Jones, Peter Bull, Jack Creley, Frank Berry,Shane Rimmer, Paul Tamarin, Glenn Beck, Gordon Tanner.
Anno: 1963.
Voto: 8.
Dove lo trovi: qui.

venerdì 29 maggio 2009

Yes man - Peyton Reed

Ieri mi hanno consigliato Yes man, film dello scorso anno con Jim Carrey, e tra il consiglio e la visione sono passate solo poche ore.

Sia perché sono da sempre un fan di Jim “Ace Ventura” Carrey (da Ace Ventura a The mask, da The Truman show a Man on the moon), sia perché mi era stato detto che il film aveva dei contenuti molto interessanti da un punto di vista psicologico.

Laddove per psicologico intendo legato a felicità, autostima, successo, spontaneità, etc. Devo dire che il consiglio era buono, visto che Yes man mi è proprio piaciuto.

Tra l’altro, oltre a Jim Carrey, nel film recita anche un’attrice che mi sta molto simpatica e che avevo apprezzato sia in Guida galattica per autostoppisti sia in Un ponte per Terabithia, ossia Zooey Deschanel.

Ma ecco la trama di Yes man: Carl Allen è un giovane uomo assai frustrato: lavora in banca, nel settore concessione prestiti, è divorziato dalla moglie, che ama ancora, non esce mai di casa, neanche per vedere gli amici, è triste e non ha molte prospettive.
Un bel giorno, incontra un vecchio amico, che gli rivela come il seminario "Yes man" gli abbia cambiato la vita. 
Carl ci va, e davvero la sua vita subirà decise modifiche (in primis l'incontro con Allison).

Non potrebbe essere altrimenti, d’altronde, visto che il programma del corso prevede che lui dica di sì a ogni richiesta o proposta che gli venga fatta…

Il risultato di questo spunto narrativo è un film brioso e vivace, al contempo divertente e profondo, capace di illustrare con una semplice metafora come la vita sia piena di opportunità e di strade inesplorate, e che siamo noi a decidere di ignorarle preferendo i percorsi abituali.

In effetti, se ci si pensa, è logico: se fai la stessa strada, vedrai sempre gli stessi posti e, presumibilmente, avrai a che fare con le stesse persone e le stesse situazioni.
Se invece facessi qualcosa di insolito... finiresti inevitabilmente in altri sentieri.

Come detto, Yes man è un film brillante e divertente, oltre che molto istruttivo.
Consigliato... e comprensivo di qualche frase utile, che riporto di seguito.

"Io voglio che voi invitiate il sì nella vostra vita, perché il sì a sua volta vi risponderà sì.
Quando voi dite sì entrate nella sfera del possibile."

"Tu non esisti.
Tu dici no alla vita e quindi non stai vivendo."

"Continui a inventare scuse per le persone intorno a te e per te stesso."

"Il mondo è un parco giochi.
Uno lo sa da ragazzino, ma poi strada facendo tutti se ne scordano."


Fosco Del Nero



Titolo: Yes man (Yes man).
Genere: commedia, comico.
Regista: Peyton Reed.
Attori: Jim Carrey, Zooey Deschanel, John Michael Higgins, Bradley Cooper, Rhys Darby, Fionnula Flanagan, Terence Stamp, Danny Masterson, Sasha Alexander, Molly Sims.
Anno: 2008.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.

    martedì 26 maggio 2009

    The wave - L’onda - Dennis Gansel

    Quello che propongo oggi è un film interessante più per l’aspetto culturale-sociologico-filosofico che non per quello eminentemente cinematografico.

    Si tratta di The wave - L’onda, film diretto nel 2008 da Dennis Gansel, e ispirato al noto libro Die welle (L’onda, per l’appunto), scritto da Morton Ruhe e considerato un classico in Germania, tanto da essere inserito anche nei programmi scolastici.

    A sua volta, il libro si basa su un esperimento reale, quello tenuto nel 1967 da Ron Jones, insegnante presso la Cubberley Hign School di Palo Alto, in California.

    L’oggetto dell’esperimento (che poi ha ispirato anche altri film, tra cui The experiment, altro film tedesco) era molto semplice, perlomeno in teoria: studiare gli effetti sulle singole coscienze di una disciplina di gruppo inserita in un contesto sociale autocratico.

    Ossia in un contesto in cui lo spirito di gruppo è molto forte e in cui spesso gli individui, trascinati dalle regole e dallo stesso “spirito di gruppo”, si lasciano andare a comportamenti violenti o comunque fortemente antisociali, solo perché provenienti dalla gerarchia o perché ritenuti conformi al gruppo stesso.

    In sintesi, è un po’ lo studio sociologico riferito a contesti storici realmente avvenuti, quali la Germania nazista, in cui i sottoposti perpetravano ogni violenza, persino la più inumana, con la massima tranquillità, perché si trattava di “ordini che venivano dall’alto”.

    Ecco la trama di The wave - L’onda: in una scuola superiore tedesca si effettuano due corsi, anarchia a autarchia.
    Al professor Rainer Wenger capita quello di autarchia, ed egli pensa bene di lanciare un esperimento sociale, utile a vivere dall’interno gli effetti di un gruppo di tipo autarchico, dal senso di identità molto forte.

    La faccenda incontra l’entusiasmo di molti degli studenti, che finiscono per sostenere “L’onda” in ogni modo: facendo siti sul web, disegnando graffiti in tutta la città, indossando sempre una camicia bianca, elaborando un saluto di gruppo, sostenendo la squadra di pallanuoto della scuola, allenata proprio dal professor Wenger.

    Ad alcuni però non piace la piega, fin troppo realistica, che stanno prendendo gli eventi, soprattutto alle ragazze Karo e Mon, che si distaccano dall’esperimento e abbandonano il corso.
    E lo stesso Rainer Wenger si accorge che la cosa è andata troppo in là quando…

    Del significato sociale e culturale del film abbiamo già detto.

    Quanto all’aspetto “tecnico”, abbiamo una recitazione, dei dialoghi e una regia che purtroppo non sono all’altezza, tanto che il film pare scemare in una sorta di macchia adolescenziale di quello che avrebbe invece potuto essere.

    Alla fine della fiera, dunque, The wave - L’onda, rimane un film curioso e particolare, ma non certo un film irrinunciabile.

    Fosco Del Nero



    Titolo: The wave - L’onda (Die Welle).
    Genere: psicologico, drammatico.
    Regista: Dennis Gansel.
    Attori: Jurgen Vogel, Max Riemelt, Frederick Lau, Jennifer Ulrich, Elyas M'Barek, Christiane Paul, Cristina do Rego, Maximilian Vollmar, Jacob Matschenz, Max Mauff.
    Anno: 2008.
    Voto: 6.
    Dove lo trovi: qui.

    domenica 24 maggio 2009

    Il 7 e l’8 - Valentino Picone, Salvatore Ficarra, Giambattista Avellino

    Nuovo film italiano recensito su Cinema e film: questa volta il fortunato prescelto è Il 7 e l’8, l’esordio alla regia di Salvatore Ficarra e Valentino Picone, più noti semplicemente come Ficarra e Picone, fortunato duo comico della tv (da Zelig a Striscia la notizia).

    Dopo l’esordio come attori in Nati stanchi, ecco l’esordio come registi… un esordio decisamente positivo (nel quale sono accompagnati dal già regista Giambattista Avellino).

    Il 7 e l’8, come presumibile, è una commedia vivace, e anzi un vero e proprio film comico, in cui lo scatenato duo la fa da padrone.

    La storia è ambientata nella Palermo del 2005, dove due trentenni, Tommaso Scavuzzo (Salvatore Ficarra) e Daniele La Blasca (Valentino Picone) si incontrano per caso… anche se sarebbe meglio dire che si scontrano.

    L’episodio ha un suo seguito perché i due rimangono in qualche modo legati l’uno all’altro: da una denuncia per vendita di cd rubati, da una mancata testi di laurea, dalla sorella di uno che piace all’altro…

    … e i legami tra i due sono maggiori di quanti non ci si aspetterebbe.

    Prende così il via Il 7 e l’8, sorta di commedia degli equivoci che, a dispetto di quanto si potrebbe sospettare, (è pieno di film diretti o recitati da persone che non sono registi o attori, ma che comunque hanno accesso al cinema o alle fiction grazie al fatto che sono famosi) è in realtà un film vivace e ben riuscito, dal ritmo assai sostenuto e in cui la comicità dei due, unità a una sicilianità assai spiccata (e sarebbe stato strano il contrario), funziona, e funziona bene.

    I due, peraltro, se la cavano egregiamente nel ruolo di attori, evidentemente ormai avvezzi a finzione e riflettori… anche se la medesima cosa non si può dire di tutti gli altri protagonisti, pur se buona parte di essi funziona bene a livello di caratterizzazione.

    Per il resto, Il 7 e l’8 ha una trama fitta, dei ritmi rapidi e sostenuti, una buona comicità e tante tante gag, per un film che dunque è un buon film comico, ispirato e originale, decisamente consigliato per un’ora e mezza di divertimento spensierato.

    Fosco Del Nero



    Titolo: Il 7 e l’8 (Il 7 e l’8).
    Genere: comico, commedia.
    Regista: Valentino Picone Salvatore Ficarra, Giambattista Avellino.
    Attori: Valentino Picone, Salvatore Ficarra, Eleonora Abbagnato, Barbara Tabita, Arnoldo Foà,
    Remo Girone, Andrea Tidona, Lucia Sardo, Consuelo Lupo, Tony Sperandeo.
    Anno: 2006.
    Voto: 7.
    Dove lo trovi: qui.

    venerdì 22 maggio 2009

    Padrona del suo destino - Marshall Herskovitz

    Quest’oggi recensisco un film a metà tra il film storico, il film drammatico e la storia d’amore, peraltro venata da un pizzico di erotismo: Padrona del suo destino, film del 1998 diretto da Marshall Herskovitz e con protagonista principale la bella Catherine McCormack.

    Catherine McCormack interpreta il personaggio di Veronica Franco, persona realmente esistita, vissuta a Venezia nella seconda metà del 1550 ed esercitante le professione di cortigiana.

    Cortigiana, sarebbe a dire prostituta d’alto borgo, nel caso specifico intellettuale e poetessa abituata a frequentare i salotti buoni di Venezia.

    Padrona del suo destino ne racconta per l’appunto la vita, dagli anni della giovinezza sino all’età adulta (anche se comunque si parla di un periodo temporale assai ravvicinato, tanto che l’attrice che la interpreta è sempre la medesima).

    Veronica, in virtù delle convenzioni di Venezia, non può sposarsi con il ragazzo che ama, ossia Marco Venier (Rufus Sewell), che peraltro la ricambia ma che, per ragioni economico-politiche-strategiche, è costretto ad altro matrimonio.

    I due comunque, in un modo o nell’altro, non si perderanno di vista, anche perché la “carriera” di Veronica è rapida e scintillante, tanto da assurgere in breve al ruolo di cortigiana più nota e apprezzata, specialmente quando ella riesce a “convincere” il re di Francia a prestare aiuto militare a Venezia contro gli Ottomani, decisi a conquistare Cipro.

    All’ascesa segue però il declino, con la donna costretta ad affrontare svariate difficoltà: il rapporto conflittuale con Marco, la peste, il rancore del popolo e persino l’Inquisizione…

    Padrona del suo destino ha alcuni punti forti: in primis la grande cura dedicata all’aspetto scenico: fotografia, costumi e scenografia sono decisamente notevoli.
    Anche i dialoghi non sono banali, anche perché calati in una realtà di eleganza e di alti valori estetici.

    I due personaggi principali, peraltro, quello di Veronica e quello di Marco, colpiscono l’attenzione dello spettatore, che inoltre ha l’occasione di imparare qualcosa su storia, cultura e geografia (cosa che non fa mai male).

    Certo, non si tratta di un film culto della storia del cinema, ma di una pellicola gradevole e per certi versi originale sì.

    Fosco Del Nero



    Titolo: Padrona del suo destino (A destiny of her own).
    Genere: storico, drammatico, sentimentale.
    Regista: Marshall Herskovitz
    Attori: Catherine McCormack, Jacqueline Bisset, Rufus Sewell, Jeroen Krabbe, Oliver Platt, Fred Ward, Naomi Watts, Luis Molteni, Simona Nobili.
    Anno: 1998.
    Voto: 6.5.
    Dove lo trovi: qui.

    martedì 19 maggio 2009

    Le placard - L’apparenza inganna - Francis Veber

    Le placard - L’apparenza inganna è il quinto film di Francis Veber che recensisco, dopo La cena dei cretini, Una top model nel mio letto, Sta’ zitto, non rompere e La capra.

    Come facile immaginare, nonché evidente dai voti assegnati, si tratta di un regista che apprezzo molto, soprattutto per la sua grande capacità ironica.

    I primi due film citati, nello specifico, sono tra i film più divertenti che io abbia mai visto.
    Non si tratta del divertimento tipico delle commedie comico-demenziali americane (non so, tipo Fatti, strafatti e strafighe o Zohan - Tutte le donne vengono al pettine, che comunque apprezzo se ben fatte), ma di un divertimento più sottile, fatto di un umorismo a mio avviso molto più raffinato e godibile… anche se suppongo che ciò sia soprattutto una questione di gusti.

    Altra caratteristiche precipua di Veber è quella di utilizzare tutta una serie di attori feticcio, peraltro particolarmente famosi in Francia: per esempio in Le placard abbiamo Daniel Auteuil (Una top model nel mio letto), Thierry Lhermitte (La cena dei cretini), Gérard Depardieu (La capra), Michel Aumont (Una top model nel mio letto), Alexandra Vandernoot (La cena dei cretini), con i vari attori che a volte sono principali e a volte secondari, ma quasi sempre presenti.

    Ma ecco in breve la trama de L’apparenza inganna: François Pignon (il solito nome che usa Veber nelle sue commedie per il protagonista centrale, oscillante tra il tonto e il disadattato, un'idea assolutamente originale) è un contabile di un’azienda di produzioni derivanti dal caucciù, preservativi in primis.
    Sfortunatamente, è stato deciso il suo licenziamento, fatto che, unitamente al divorzio dalla bella moglie di cui è ancora innamorato e al fatto che il figlio diciassettenne non lo considera minimamente, lo porta a contemplare il divorzio sotto forma di tuffo dal balcone di casa sua.

    Il suo vicino lo ferma in tempo, dando via a una serie di eventi che cambieranno totalmente la sua vita e persino il suo carattere: il primo passo è quello di fingersi gay, in modo da spingere la dirigenza a non procedere al licenziamento per paura di mobilitare la associazioni omosessuali.

    Da qui alla fine del film una marea di eventi, spunti e situazioni comiche, sempre con Pignon, molto ben caratterizzato da Daniel Auteuil (di recente visto nell’italianissimo N - Io e Napoleone di Paolo Virzì), grande protagonista.

    In definitiva, Le placard - L’apparenza inganna è un film che certamente consiglio, divertente e gustoso, benché un poco inferiore a mio avviso ai migliori esponenti di Francis Veber (ossia gli irresistibili La cena dei cretini e Una top model nel mio letto).

    Fosco Del Nero



    Titolo: Le placard - L’apparenza inganna (Le placard).
    Genere: commedia, comico.
    Regista: Francis Veber.
    Attori: Daniel Auteuil, Thierry Lhermitte, Gérard Depardieu, Michel Aumont, Jean Rochefort, Alexandra Vandernoot, Michèle Laroque, Stanislas Crevillen, Thierry Ashanti, Edgar Givry, Vincent Moscato.
    Anno: 2001.
    Voto: 7.5.
    Dove lo trovi: qui.

    domenica 17 maggio 2009

    Funny games - Michael Haneke

    Funny games è un film ben strano, che in parte tiene fede al suo nome e in parte affatto.

    Rimane ad esso fedele nel suo essere bizzarro, giacché la parola "funny" significa anche "strano".
    Non lo rimane, volutamente, perché esso non descrive nessun gioco…

    … a meno di essere emotivamente disturbati, capaci dunque di definire giochi episodi di violenza, dolore e morte.

    Ecco in breve cosa succede in Funny games, film del 1997 diretto da Michael Haneke, che poi, dieci anni dopo, ne ha fatto un remake con attori del calibro di Naomi Watts e Tim Roth (in questo film del 97, invece, non vi è nessun attore famoso)

    Peter e Paul, due ragazzi dall’aria assai elegante e distinta, peraltro vestiti completamente di bianco in pieno stile da giocatori di golf (ed effettivamente sono appassionati di tale sport), si presentano alla casa di vacanza di George e Anna, appena recatisi in villa con il loro figlioletto, e chiedono alcune uova in prestito, mandati da una loro vicina di villa.

    Anna acconsente, ma dopo poco si accorge che i due (prima si presenta solo uno dei due, e poi entrambi) hanno un’aria strana.
    Chiede dunque al marito di mandarli via.

    George, però, viene brutalmente colpito alla gamba, e non può più muoversi: la famiglia è dunque alla mercé dei due psicopatici, che non tarderanno ad uccidere il cane, a ferirli e a sottoporli a vari “strani giochi”, decisamente più strani che divertenti.

    Contando il genere di “storia” e l’apparenza dei due giovani, molti avranno senza dubbio pensato ad Arancia Meccanica, il capolavoro di Stanley Kubrick, dato che lo schema “apparente eleganza-linguaggio ricercato-insensata violenza” è di fatto il medesimo.

    In effetti, Funny games non è nient’altro che una versione da “vacanza in villa” del suddetto film, privo però della sua importanza, delle sue qualità registiche, delle interpretazioni eccellenti degli attori, della sua originalità e della sua importanza storica.

    Tolto tutto questo, cosa rimane?

    Rimane solo la violenza, che non è violenza fisica, visto che tutto avviene fuori campo, ma è più che altro violenza morale, derivante dal fatto di essere totalmente inutile del tutto gratuita.

    Come del tutto inutile è, alla fine della fiera, il film in sé e per sé, aggravato peraltro, persino sporcato direi, da una sorta di finale fantastico, nel quale uno dei due criminali, avendo abbassato la guardia e permesso alla donna sequestrata di uccidere l’amico, semplicemente pigia sul telecomando e torna indietro di un minuto…

    Ma d’altronde, lo stesso tipo poco prima aveva parlato alla telecamera, attuando una sorta di interruzione della sospensione narrativa.

    In definitiva, Funny games è un film che non ha una regia di spessore (almeno Gus Van Sant, specializzato in film di violenza e “quotidiana follia” si distingue per una regia di valore; si veda il suo Elephant), una grande recitazione, una trama notevole e nemmeno una morale.

    Come detto, ha solo violenza… vi basta?

    Fosco Del Nero



    Titolo: Funny games (Funny games).
    Genere: drammatico.
    Regista: Michael Haneke.
    Attori: Susanne Lothar, Arno Frisch, Ulrich Mühe, Frank Giering.
    Anno: 1997.
    Voto: 4.
    Dove lo trovi: qui.

    venerdì 15 maggio 2009

    The librarian - Alla ricerca della lancia perduta - Peter Winther

    Da poco avevo intravisto in tv un film di genere fanta-archeologico-avventuroso che pareva discretamente divertente, nonostante non sembrasse proprio un prodotto di alto livello, e avevo poi deciso di guardarmelo con calma in seguito.

    Cosa che ho fatto: il film in questione è The librarian - Alla ricerca della lancia perduta.

    Ecco di cosa si tratta in poche parole: Flynn Carsen (Noah Wyle, molto in parte) è un trentenne super-intelligente e super-colto che per tutta la sua vita non ha fatto altro che studiare, tanto da aver collezionato circa trenta lauree nei suoi trent’anni di vita.
    Sfortunatamente, la sua intelligenza emotivo-relazionale non è all’altezza di quella logico-matematica, tanto che Flynn è una specie di imbranato che non sa far altro che studiare.
    Il suo professore, a un certo punto, lo allontana dal progetto che stava seguendo proprio per questo motivo: deve smettere di studiare libri e iniziare a vivere la vita, magari cominciando a lavorare.
    Così, Flynn si presenta a un bizzarro colloquio di lavoro, in cui si cerca il bibliotecario per la biblioteca di New York… una biblioteca e un bibliotecario molto speciali, come si avrà modo di vedere presto…

    Tanto che il giovane sarà presto coinvolto in una sorta di caccia al tesoro alla ricerca della lancia del destino (ossia la lancia che si dice abbia trafitto Gesù sula croce), o meglio di una sua parte, visto che, mettendo insieme le tre parti della lancia, si ottiene il potere di dominare il mondo… e guarda caso una minacciosa organizzazione di gente cattiva si è impossessata di uno dei suoi pezzi…

    The librarian è sostanzialmente un film d’avventura di tipo “light”, destinato principalmente a un pubblico vasto.
    In esso, dunque, situazioni leggere, poca violenza, niente sesso, umorismo socialmente accettabile e molta azione.

    Anche se, a ben guardare, esso, sotto la patina di film per famiglie, contiene molti punti cari al vero “cospirazionismo”: la lancia del destino, il segreto delle piramidi, Shangri-la e l’Himalaya, la setta massonica che vuole conquistare il mondo, “bizzarramente” chiamata Confraternita del Serpente, la questione dell’energia e delle anime, etc.

    Ma sorvoliamo su questi punti da complottisti… mi limito a sottolineare la presenza nel film di Sonya Walger (la Penny di Lost) e di Kyle Maclachlan (DuneI segreti di Twin PeaksVelluto blu), il gran vorticare di ambientazioni, la simpatia generale che suscita la storia, intrisa peraltro di un umorismo discretamente brillante, e il fatto che, più che un Indiana Jones, essa ricorda La mummia, benché in piccolo.

    In definitiva, The librarian - Alla ricerca della lancia perduta è a mio avviso un film appena sufficiente, che si lascia guardare e che regala ambientazioni e dialoghi interessanti, ma che certo non possiede lo spessore del capolavoro.

    Fosco Del Nero



    Titolo: The librarian - Alla ricerca della lancia perduta (The librarian).
    Genere: avventura, commedia, fantastico.
    Regista: Peter Winther.
    Attori: Noah Wyle, Sonya Walger, Kyle Maclachlan, Bob Newhart, Kelly Hu, Olympia Dukakis, Mario Iván Martínez, Lisa Brenner.
    Anno: 2004.
    Voto: 6.
    Dove lo trovi: qui.

    martedì 12 maggio 2009

    I’s - Masakazu Katsura

    Era da molto che non recensivo un manga (per chi non lo sapesse, i manga sono i fumetti giapponesi) e quindi ho pensato di interrompere il digiuno proponendo il manga di uno dei miei autori preferiti: Masakazu Katsura.

    Di lui peraltro è già apparso su Cinema e film Video Girl Ai, il suo massimo capolavoro, una vera opera d’arte per qualità grafica, storia, personaggi, intensità emotiva.

    Stavolta recensisco un manga ad esso successivo, I’s, che peraltro riprende molte delle tematiche di Video Girl Ai, compresi alcuni cliché legati ai personaggi, pur sviluppandoli in modo differente.

    Ecco in breve la trama di I’s, che, almeno sulle prime, si basa anch’essa su un triangolo lei-lui-lei.
    Se in Video Girl Ai il triangolo (perlomeno, quello principale) era composto da Moemi-Yota-Ai, in I’s esso è rappresentato da Iori-Ichitaka-Itsuki, anche se la “figura geometrica” in questo secondo manga avrà una valenza meno pregnante che nel primo.

    Ichitaka Seto è un adolescente di un liceo giapponese, fin dal primo anno innamorato di Iori Yoshizuki, una ragazza carina e gentile.
    Ichitaka, al contrario, ha un carattere un po’ burbero e scontroso, anche se tale ruvidezza nasconde una certa timidezza di fondo.

    Il suo confidente è Yasumasa Teratani, ragazzo molto sveglio e particolarmente sensibile al mondo femminile (nel senso che è un po’ maniaco :p).
    Teratani darà a Seto molti consigli su come avvicinarsi a Iori… ma a un certo punto sbuca fuori, tornata dall’America cui si era trasferita da piccola, Itsuki Akiba, amica d’infanzia di Ichitaka e ancora invaghita di lui.

    In questo caso, tuttavia, Katsura non punta molto su tale triangolo, inserendo invece altri personaggi, in qualche modo coinvolti con la storia di Ichitaka e Iori: Azumi, Nami, Koshinae, Aiko

    Ne viene fuori una storia adolescenziale in pieno stile Katsura, piena zeppa di amori, dubbi, fraintendimenti, qualche nudo, gelosie, etc.

    Come successo in Video Girl Ai, il talentuoso mangaka riesce a far uscire dalla pagine passione e sentimenti, per quanto I’s non riesca a raggiungere il livello, eccellente, del suo predecessore, risultando comunque un fumetto di buon livello.

    Lo stile grafico è ottimo, i personaggi sono ben caratterizzati e si ricordano volentieri, la trama mantiene viva l’attenzione del lettore.

    Forse un po’ troppo i contorsionismi mentali dei protagonisti, Seto in primis, che si vorrebbero dipingere come figlie conseguenza dell’insicurezza ma che a volte risultano eccessivi.
    Ad ogni modo, I’s è un manga che sicuramente non deluderà i fan di Masakazu Katsura.

    Fosco Del Nero



    Titolo: I’s (Aizu).
    Genere: manga, commedia, sentimentale.
    Autore: Masakazu Katsura.
    Anno: 1997-1999.
    Voto: 7.5.
    Dove lo trovi: qui.

    domenica 10 maggio 2009

    Wonderfalls - Bryan Fuller, Todd Holland

    Quest’oggi pubblico la recensione di Wonderfalls, una serie tv cui tengo in modo particolare, e che credo essere una delle serie televisive più brillanti e divertenti mai girate.

    Tuttavia, si tratta di una serie poco conosciuta, specie qua in Italia, posto che è passata solo su Sky. 
    Anche negli Usa, tuttavia, la serie è durata una sola stagione, a causa del basso indice di ascolti.

    Fatto che tuttavia non le ha impedito di ricavarsi un’affezionata nicchia di fan (con tanto di raccolta firme per far proseguire la serie), nonché i consensi della critica e nomination a prestigiosi premi tv.
    Il solito dilemma tra commercialità-share e qualità…

    Wonderfalls è una serie tv creata da Bryan Fuller e Todd Holland (il primo peraltro ho appena scoperto essere stato l’ideatore di un’altra serie che ho apprezzato molto, Dead like me, che non a caso possiede una brillantezza e un’ironia simili a quelle di Wonderfalls).

    Ma ecco in cosa consiste in breve la serie, che come detto è composta da una sola stagione, a sua volta fatta da 13 episodi: Jaye Tyler (la strepitosa Caroline Dhavernas, brillantemente doppiata in italiano) è una 24enne un po’ particolare: bella, intelligente e sveglia, ha tuttavia qualche problema di relazioni e di obiettivi di vita, tanto che, dopo una brillante laurea in filosofia in una prestigiosa università americana, è finita a fare la commessa in un negozio di souvenir ai piedi della cascate del Niagara (da cui il titolo della serie) e a vivere in una roulotte in uno scalcinato spazio di campeggiatori.
    Il suo senso di fallimento è acuito da una famiglia particolarmente ambiziosa: la madre Sharon (Katie Finneran) è un’affermata e nota scrittrice; il padre Darrin (William Sadler) è uno stimato dottore; la sorella Karen (Diana Scarwid), è un avvocato dell’immigrazione; il fratello Aaron (Lee Pace), possiede diverse lauree ed è un ricercatore universitario.
    Al di fuori della famiglia, da registrare la migliore amica di Jaye, Mahandra (Tracie Thoms), e il ragazzo di cui la protagonista si invaghisce, Eric (Tyron Leitso).
    L’amore, peraltro, è ricambiato, ma per una serie di eventi e situazioni (tra cui il matrimonio appena fallito di lui, nonché le stramberie di lei), la cosa fatica a decollare.

    Ora, Jaye non è strana solo di carattere, sarcastica e lunatica, ma ha una particolarità ancora più spiccata: gli oggetti a forma di animale le parlano e le dicono cosa fare: se trattare male un cliente, se aiutare un fattorino, se organizzare un incontro al buio, etc.
    Sulle prime lei, credendo tale fatto l’inizio della pazzia, cerca di ignorare le simpatiche bestiole, le quali, però, se Jane non si adegua ai loro ordini, la disturbano in tutti i modi possibili, a casa, a lavoro o al pub (dove lavorano sia Eric sia Mahandra).
    Tra l’altro, come Jaye potrà verificare fin da subito, gli “ordini” degli oggetti a forma di animale (una statuetta di un leone, un pesce di plastica, un pupazzetto a forma di orso, etc) alla fine si risolvono sempre in qualcosa di positivo, per quanto spesso contorto e apparentemente casuale.

    Dalla trama sommariamente esposta, avrete capito che Wonderfalls è sostanzialmente una commedia con uno spunto di partenza di tipo fantastico, anche se poi l’elemento predominante è proprio quello dell’ironia.
    Un’ironia veramente travolgente, brillante e pungente, in alcune puntate veramente irresistibile.

    La prima, per esempio, è un capolavoro vero e proprio.


    Non mi metto qui a sottolineare come da noi in tv passi di tutto, film e serie e fiction di infimo livello, nessuna originalità e nessuna qualità, mentre i prodotti innovativi e brillanti vengano interrotti perché poco apprezzati dal grande pubblico.

    Mi limito dunque a consigliarvi questa serie: è solo una stagione, ma perlomeno è una stagione di una serie divertente e ispirata come poche.

    Tra l'altro, Wonderfalls si distingue per una regia innovativa e per una colonna sonora all'altezza (persino la sigla iniziale è ottima), arricchita peraltro da un doppiaggio italiano veramente eccellente.

    Fosco Del Nero





    Titolo: Wonderfalls (Wonderfalls).
    Genere: serie tv, commedia.
    Ideatore: Bryan Fuller, Todd Holland.
    Attori: Caroline Dhavernas, Tracie Thoms, Tyron Leitso, Katie Finneran, William Sadler, Diana Scarwid, Lee Pace, Jewel Staite.
    Anno: 2004.
    Voto: 8.5.
    Dove lo trovi: qui.

    venerdì 8 maggio 2009

    L’odio - Mathieu Kassovitz

    Negli scorsi giorni mi sono visto il film L’odio, descritto come l’opera più importante e significativa di Mathieu Kassovitz, attore e regista francese.

    Probabilmente il suo nome non vi dice niente, ma è altrettanto probabile che sappiate che faccia egli abbia, visto che si tratta di uno dei protagonisti del bellissimo Il favoloso mondo di Amelie, in cui interpretava lo spasimante della stessa Amelie Poulain.

    Tra gli attori protagonisti di questo film, invece, figura Vincent Cassel, molto noto in Francia e anche qua da noi in Italia, per quanto più per l’essere il marito di Monica Bellucci.

    L’odio narra le vicende di tre ragazzi delle banlieue (i quartieri poveri simili a ghetti) di Parigi, “ripresi” nei giorni seguenti una sorta di guerriglia urbana avvenuta tra popolani e polizia a seguito del pestaggio di Abdel Ichah, un giovane franco-maghrebino, finito all’ospedale in fin di vita.

    In particolare, la telecamera si ferma su un trittico: Vinz (Vincent Cassel), Hubert (Hubert Koundé) e Said (Said Taghmaoui).

    Il primo è un ebreo pieno di rancore e odio per polizia e stato costituito, tanto da minacciare azioni violente a destra e a manca e da andare in giro con una pistola, peraltro con l’intenzione di tirarla fuori…
    Il secondo è un pugile di colore, decisamente il più equilibrato e tranquillo dei tre, a cui è stata bruciata la palestra durante le sommosse di cui sopra.
    Il terzo è un maghrebino, avente peraltro un fratello maggiore malavitoso, assai temuto da tutti.

    I tre si muovono all’interno di questo scenario: povertà, violenza e degradazione…

    L’odio è un film che è stato molto apprezzato, tanto peraltro da vincere il premio per la miglior regia al festival di Cannes nel 1995, nonché tre premi Cesar.

    Effettivamente la regia si fa notare, piena di trovate originali e efficaci.
    Anche la fotografia è buona, peraltro basata sui soli bianco e nero (un qualche riferimento alla contrapposizione polizia bianca-popolani neri?).
    E probabilmente anche la storia ha un suo valore, di denuncia di uno stato sociale di disagio e di protesta.

    Tuttavia, personalmente non ho gradito molto L’odio: violenza, fisica e verbale, soprusi, cattiverie, irresponsabilità e menefreghismo.

    Ma forse questo è un mio gusto (ossia quello di non gradire troppo i film violenti e cinici): voi, se vi ispira, dateci un’occhiata e fatevi una vostra opinione.

    Fosco Del Nero



    Titolo: L’odio (La haine).
    Genere: drammatico, sociale.
    Regista: Mathieu Kassovitz.
    Attori: Vincent Cassel, Abdel Ahmed Ghili, Saïd Taghmaoui, Karim Balkhandra, Hubert Koundé, Edouard Montoute, François Levantal, Benoît Magimel, Philippe Nahon, Vincent Lindon, Karin Viard.
    Anno: 1995.
    Voto: 5.
    Dove lo trovi: qui.

    martedì 5 maggio 2009

    Tu, io e Dupree - Anthony Russo, Joe Russo

    Era da molto tempo che avevo intenzione di vedere Tu, io e Dupree, film comico del 2006 che mi era stato detto da un amico essere molto divertente.
    Lo stesso cast di attori, peraltro, faceva propendere per una commedia brillante e gustosa, visto che i tre personaggi principali erano interpretati da:

    - Kate Hudson (Quasi Famosi, Alex & Emma, Come farsi lasciare in 10 giorni).
    - Matt Dillon (Tutti pazzi per Mary, Crash, Herbie - Il supermaggiolino).
    - Owen Wilson (Haunting - Presenze, I Tenenbaum, Zoolander, 2 single a nozzeStarsky & HutchUna notte al museo).

    Tutte commedie, in molte delle quali peraltro c’è lo zampino di Ben Stiller, quasi una garanzia in quanto a film divertenti.

    Ecco in breve la trama di Tu, io e Dupree: Molly e Carl (Kate Hudson e Matt Dillon) sono due novelli sposi, che tuttavia, subito di ritorno dal viaggio di nozze, si trovano ad affrontare un imprevisto: l’amico di Carl, Dupree (Owen Wilson), si trova in difficoltà e va a stare da dolo per “qualche giorno”.
    Va da sé che, personaggio bizzarro e problematico, procurerà loro molti guai, specie al povero Carl, stressato peraltro anche dal lavoro e dal padre di Molly, che peraltro è anche il suo superiore…

    Il film, in pratica, si compone di una serie di skatch e gag, con protagonista principale lo stesso Dupree.

    E questo è proprio il problema centrale di Tu, io e Dupree: la storia è piuttosto banale (si intuisce tutto entro breve), e purtroppo l’umorismo non la sostiene, visto che la gran parte delle situazioni e delle gag è basata non sull’ironia, ma su battute o scenette molto “facili”.

    Inoltre, non convince la scelta di affidare il ruolo di Dupree proprio a Owen Wilson, attore molto talentuoso ma più “in parte” in altri ruoli, meno ridicoli e più carismatici.

    A mio avviso, dunque, Tu, io e Dupree è un film comico del tutto mediocre, che strappa qualche risata, sì, ma da un punto di vista globale lascia molto a desiderare.
    Volendo guardare una commedia umoristico-demenziale, molto meglio 2 single a nozze, Starsky & Hutch, Zohan, Fatti, strafatti e strafighe, Funeral party, etc.

    Fosco Del Nero



    Titolo: Tu, io e Dupree (You, me and Dupree).
    Genere: comico, commedia.
    Regista: Anthony Russo, Joe Russo.
    Attori: Matt Dillon, Kate Hudson, Owen Wilson, Michael Douglas, Seth Rogen, Bill Hader.
    Anno: 2006.
    Voto: 5.
    Dove lo trovi: qui.

    domenica 3 maggio 2009

    La promessa dell’assassino - David Cronenberg

    La promessa dell’assassino è il terzo film di David Cronenberg che recensisco, dopo Existenz e Il pasto nudo (ne ho visti anche degli altri in passato, ma per recensirli per bene dovrò riguardarli).

    Ebbene, si tratta di un regista che apprezzo molto, soprattutto per il primo dei due film citati, a mio avviso un film strepitoso e assolutamente sottovalutato, forse per la fama di regista controverso e surreale che Cronenberg si porta appresso…

    È da dire, tuttavia, che La promessa dell’assassino non si iscrive nel filone di ExistenzIl pasto nudoLa mosca, etc, ossia nel genere fantastico-surreale-grottesco, ma, molto più semplicemente, è un film drammatico.

    E già questo, ci sarebbe da scommetterci, deluderebbe i fan di Cronenberg, esattamente come ha deluso me e come mi ha deluso la trasformazione degli ultimi anni di Woody Allen da regista di commedie brillanti, ironiche e argute (si prendano ad esempio Amore e guerra o La dea dell'amore) a regista di film drammatici pseudo-psicologici (ad esempio, Sogni e delitti o Match point).

    Film non disprezzabili, certo, ma anni luce lontani dalle vette qualitative dei precedenti lavori del regista, che dava il meglio di sé in un certo genere… come lo dava Cronenberg, che è geniale e fuori dagli schemi in Existenz o Il pasto nudo tanto quanto è un po’ noioso e scontato in La promessa dell’assassino.

    Di cui ecco, in breve, la trama: Anna (Naomi WattsThe ringStay - Nel labirinto della menteMulholland Drive) è un’ostetrica che, un giorno, assiste una giovane ragazza durante un problematico parto.
    La ragazza muore, ma il figlio nasce.
    Essendo arrivata al pronto soccorso sa da sola e senza documenti, Anna, figlia di russi immigrati a Londra, fa tradurre il diario della giovane, anch’essa russa, da suo zio, un ex agente del Kgb.

    Ne viene fuori una storia triste e drammatica, fatta di violenza, omicidi, sfruttamenti, droga, stupri e criminalità di vario tipo, con la mafia russa al centro della scena.
    Nel cast anche Viggo Mortensen (Il signore degli anelliCaptain Fantastic), Vincent Cassel (Il patto dei lupiI fiumi di porpora, L'odio), Armin Mueller-Stahl (Il tredicesimo piano).

    Devo dire comunque che ile scene, come quella della lotta di Viggo Mortensen, completamente nudo, con due uomini in una sauna, scena particolarmente realistica e cruda.

    Tuttavia, forse per la mia scarsa passione per i film drammatici e tristi, o forse per la delusione per il cambio di rotta di Cronenberg (che sa fare molto di meglio e osare molto di più), La promessa dell’assassino mi ha in buona parte deluso, da cui il 5.5 finale.

    Fosco Del Nero



    Titolo: La promessa dell’assassino (Eastern promises).
    Genere: drammatico.
    Regista: David Cronenberg.
    Attori: Naomi Watts, Viggo Mortensen, Armin Mueller-Stahl, Vincent Kassel, Sinéad Cusack, Jerzy Skolimowski.
    Anno: 2007.
    Voto: 5.5.
    Dove lo trovi: qui.

    venerdì 1 maggio 2009

    Victor Victoria - Blake Edwards

    Oggi recensisco un film un po’ datato, posto che si tratta di una pellicola dei primi anni "80, che ho pescato dalla filmografia di Blake Edwards, regista di cui ho recensito di recente due film: Hollywood party e La grande corsa (il primo meglio del secondo): parlo di Victor Victoria.

    Un altro elemento di interesse del film è la presenza come protagonista di Julie Andrews, nientedimeno che Mary Poppins (e in effetti credo sia l’unico altro film che ho visto in cui recitava l’attrice), affiancata nella recitazione da Robert Preston.

    La prima è Victoria Grant (Julie Andrews), un soprano dalla voce sopraffina che tuttavia non riesce a trovare lavoro, anche perché l’avanspettacolo va più di moda della musica lirica.
    Anche Carroll Todd, detto Toddy (Robert Preston), rimane senza lavoro, anche se lui per eccesso di esuberanza.

    Toddy, cantante gay della vecchia scuola, conosciuta Victoria a un’audizione fallita, le propone un connubio artistico: lui le farà da agente e le costruirà addosso l’immagine di un conte polacco, tale Victor Grezhinski, cantante travestito.
    In pratica, Victoria dovrebbe fingere di essere un uomo che finge di essere una donna.

    Non crede alla messinscena però King Marchand (James Garner), un gangster americano che cercherà a tutti i costi di scoprire il segreto di Victor-Victoria, anche perché attratto da lui-lei.

    Queste le premesse di Victor Victoria, che, trama a parte, ha diverse frecce al suo arco: i dialoghi brillanti, le numerose gag, la colonna sonora di classe (premio Oscar, tra le altre cose).
    In sostanza, come intuibile, si tratta di una commedia degli equivoci, che peraltro fa l’occhiolino all’ambiguità della sessualità di Victor, oltre che a quella di Toddy (i due fingono di essere amanti per rendere la messinscena più credibile), e che si fa apprezzare, e parecchio, grazie al ritmo sostenuto e all’ironia di cui è intrisa.

    Probabilmente, tuttavia, l’argomento della sensualità ambigua ne ha limitato di molto il successo, nonostante i numerosi premi ricevuti, tanto che fino a poco tempo fa non avevo mai sentito parlare del film…

    Unico appunto: la credibilità di Julie Andrews (che peraltro era la moglie del regista) come uomo è molto bassa, persino col trucco e persino sotto forma di uomo che finge di essere donna…

    In ogni caso, Victor Victoria è un film decisamente degno di nota.

    Fosco Del Nero



    Titolo: Victor Victoria (Victor Victoria).
    Genere: commedia, musicale.
    Regista: Blake Edwards.
    Attori: Julie Andrews, Robert Preston, James Garner, Lesley Ann Warren, Alex Karras, John Rhys-Davies.
    Anno: 1982.
    Voto: 7.5.
    Dove lo trovi: qui.

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