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Nella vita bisogna avere il coraggio di volare.

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L'unico posto in cui puoi trovare la forza è dentro di te.

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Ogni tanto ricordati di amare qualcuno.

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Se vuoi che il mondo cambi, inizia a darti da fare tu stesso.

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Sai ancora sorprenderti dell'esistenza?

Corso di esistenza

venerdì 30 ottobre 2009

SuperGals! - Tsuneo Kobayashi

Quest’oggi recensisco l’anime (ossia la serie animata) tratta da un manga di grande successo degli ultimi anni: SuperGals!.

Il nome certamente dirà qualcosa agli appassionati di anime, o in alternativa al pubblico di ragazzine e ragazzini che lo ha adorato, in praticamente qualsiasi parte del mondo.

La serie animata difatti è andata in onda in chiaro anche in Italia, e pure da noi con grande successo.
Meritato, a mio avviso, data la sua freschezza.

Ma andiamo con ordine, partendo dal titolo: la parola “gal” definisce le giovani ragazze particolarmente attente alla moda, all’estetica e allo stile di vita.
Super ne sarebbe ovviamente un rafforzativo, uno dei tanti azzardi linguistici (molti divertenti, come per esempio “Nakaprof”) della serie.

Una di tali gal è Ran Kotobuki, autoproclamatasi gal numero uno di Shibuya.

Shinuya, a sua volta, è un quartiere di Tokyo (conta più di 200.000 abitanti, e quindi più che un quartiere è una città per conto suo), uno dei più dinamici della capitale nipponica, tanto da aver dato luogo a un genere musicale e a un movimento giovanile molto spiccato.

La migliore amica di Ran è Miyu Yamazaki, anch’essa sedicenne, e follemente innamorata del fratello maggiore di Ran, Yamato.

Nella storia entrano anche Rei Otohata e Yuya Asou, due ragazzi di un’altra scuola particolarmente popolari tra le ragazzine, tanto da finire ai primi due posti (Ran chiama il secondo “Numero due”) della rivista specializzata del settore (e che in Giappone esistano riviste specializzate in classifiche di ragazzini di questa o quella zona della città francamente mi lascia perplesso).

Ad ogni modo, SuperGals! si muove tra un’avventura da gal, ossia qualche facezia, e un’avventura da investigatori o simili, ossia qualcosa di un poco più serio.

Il primo episodio, per esempio (ne ho visto una decina o poco più), si concentra sul delicatissimo argomento dell’"enjo kosai", ossia dell’accompagnamento-prostituzione a cui molte ragazzine giapponesi si autodestinano al fine di avere soldi per comprarsi borsette o accessori alla moda.

Insomma, l’anime oscilla vistosamente tra commedia, decisamente prevalente, e argomenti seri, che costituiscono lo spunto per il tutto.

Il primo episodio della serie fa morire dal ridere, con Ran decisamente comica nell’esporre di volta in volta “la prima regola di una gal” (ma quante prime regole hanno???).
Ma, in generale, consiglio la visione di SuperGals! al pubblico più giovanile o a chi, semplicemente, ha voglia di farsi due risate: nel suo genere è certamente un buon prodotto.

Fosco Del Nero



Titolo: SuperGals! (Gals).
Genere: commedia, comico, adolescenziale.
Regista: Tsuneo Kobayashi.
Anno: 2001-2002.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 28 ottobre 2009

Qualcosa di sinistro sta per accadere - Jack Clayton

Oggi recensisco un film in qualche modo storico, benché veramente poco noto qua da noi.
Tra l’altro, i giudizi sullo stesso film, tanto al tempo quanto a posteriori, sono assai differenti tra di loro, spaziando da “storia scialba che giustamente è stata dimenticata” a “film culto dalla grande bellezza evocativa”: parlo di Qualcosa di sinistro sta per accadere, girato da Jack Clayton nel 1983.

Segnatamente, si tratta della prima pellicola della Disney contenente alcuni elementi orrorifici (teste decapitate, corpi che invecchiano in modo raccapricciante, invasioni di ragni, etc), nonché presentante un simbolismo assai maturo, nonostante il prodotto rimanga essenzialmente un film per famiglie.

Ecco in breve la trama di Qualcosa di sinistro sta per accadere: nella tranquilla cittadina di Greentown ("Città verde") una tempesta di vento e fulmini porta con sé l’arrivo di una fiera, la Fiera delle Meraviglie di Mister Dark, nome assai evocativo (come tutti gli altri del film, peraltro) che indica come si tratti di qualcosa di oscuro e maligno (letteralmente significa "Signore Oscuro").
La fiera, difatti, dietro la copertura di un normale parco dei divertimenti, in realtà è un covo di stregoni che attira la gente triste o insoddisfatta ventilandole la possibilità di realizzare i propri desideri. Ecco così che la vecchia e severa insegnante del paese torna a essere la bellissima ragazza che era stata un tempo, che il barbiere libertino si trasforma in una sorta di pascià circondato da donne, che l'ex giocatore di football riacquista la sua prestanza giovanile, etc.

Tutti sono tentati, nessuno escluso, compresi i protagonisti della storia: Jim Nightshade e Will Halloway (ancora nomi evocativi: l'ombra della notte da un lato e un cammino più positivo dall'altro; infatti il primo, bruno, è attratto dalle energie oscure, mentre il secondo, biondo, ne è immune... anche se a dire il vero il secondo nome ricorda molto, come pronuncia "Halloween", e qua torneremmo ai mostri), due bambini che hanno fretta di crescere e diventare grandi… il padre del secondo, viceversa, nutre il desiderio di tornare giovane, e anche lui sarà tentato, in una scena veramente inquietante e sentita, da Mister Dark. In effetti, Qualcosa di sinistro sta per accadere è una storia sui desideri dell'ego e sulle distorsioni che essi sono in grado di provocare nelle persone.
Molto evocativa e simbolica anche la scena dei protagonisti che si perdono dentro il labirinto degli specchi (più simbolico di questo credo ci sia davvero poco).
A proposito di simboli, seppur visivamente molto lontani, nell'essenza gli stregoni di cui sopra corrispondono ai volador di Castaneda, o alle entità demoniache, che si nutrono delle energie infere umane, di cui si parla nella letteratura esoterica, per chi conosce l'argomento.

Da sottolineare che il film è stato tratto da libro Il popolo dell’autunno di Ray Bradbury, romanziere noto per le sue storie al contempo visionarie ma realistiche (si pensi a Fahrenheit 451 e Cronache marziane), e che da alcuni è stato criticato proprio in raffronto al libro, definito più completo e profondo.

Il libro non l’ho letto, ma in generale devo dire che raramente una conversione cinematografica da un libro soddisfa i fan di quest’ultimo, posto che lo strumento narrativo porta con sé un potenziale immaginifico superiore a quello del film.

Ad ogni modo, a me Qualcosa di sinistro sta per accadere non mi è affatto dispiaciuto, pur se non mi ha fatto impazzire.
In ogni caso, per il suo valore storico, per la sua componente interiore-esistenziale, oltre che per quella esclusivamente filmica, merita certamente che gli si dia un’occhiata.

In chiusura di articolo, riporto alcune frasi del film, dal sapore esistenziale, che mi sono segnato.

"Certa gente attira i fulmini come un gatto fa trattenere il respiro a un bambino."

"C'è molta luce là dentro.
Era meraviglioso, ma così strano.
Devo essermi stordita; non mi ricordo nulla."

"Io sono Tom Furia.
Ho scelto io il mio nome?
Nossignore: è lui che ha scelto me."

"Il fulmine rivela i nostri angoli oscuri, come la pioggia lava via la polvere."

"Lo so chi siete: la gente dell'inverno: venite dalla polvere. E che state cercando, il sonno eterno?"
"Sì, siamo coloro che hanno fame. I vostri tormenti ci chiamano durante tutte le notti, e noi ce ne nutriamo. Ce ne nutriamo bene. Noi succhiamo le miserie e le troviamo dolci."

"Non piangere: è questo quello che vogliono.
Dio come amano le lacrime."

"L'allegria li fa scappare."

Fosco Del Nero

ADDENDUM: il libro poi l'ho letto e anch'esso mi è piaciuto abbastanza: è più forte del film in quanto a contenuti introspettivo-psicologici e anche orrorifici. Nel complesso mi è piaciuto un poco più del film.



Titolo: Qualcosa di sinistro sta per accadere (Something wicked this way come).
Genere: grottesco, drammatico, fantastico.
Regista: Jack Clayton.
Attori: Diane Ladd, Jason Robards, Jonathan Price, Royal Dano, Mary Grace Canfield, Richard Davalos, Vidal Peterson, Shawan Carson, Jake Dengel, Ellen Geer, Pam Grier.
Anno: 1983.
Voto: 7
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 21 ottobre 2009

Oceans waves - Si sente il mare - Tomomi Mochizuki

Oggi recensisco un altro film d’animazione dello Studio Ghibli, casa di produzione nipponica che gode di moltissimi fan in tutto il mondo per la qualità delle sua animazioni (si pensi, tra gli altri, al suo uomo di punta, Hayao Miyazaki).

Il film in questione è Oceans waves - Si sente il mare, realizzato nell’ormai lontano 1993.

Difatti, gli anni si vedono, con il tratto grafico che non è certo quello scintillante di recenti produzioni (cito Il castello errante di Howl, Ghost in the shell 2 e 5 centimeters per second).

Tuttavia, la cosa non infastidisce lo spettatore, trattandosi non di un film ad alto contenuto di azione, ma di una commedia ad ambientazione scolastica, uno dei generi più in voga nel Sol Levante.
E, devo dire, anche uno dei più apprezzati dal sottoscritto.

Oceans waves è la storia di Taku Morisaki, uno studente di Kochi che si è appena trasferito a Tokio per continuare gli studi all’università.
Durante un viaggio in aereo, egli ripercorre mentalmente gli eventi dell’ultimo periodo della scuola superiore, e in particolare la sua amicizia con Yutaka Matsuno e il suo rapporto con Rikako Muto, una ragazza dal carattere particolarmente difficile e ribelle, frutto anche della travagliata esperienza familiare con i suoi genitori, divorziati.
Essa, nel tentativo di ritornare alla sua vita precedente, coinvolge Taku nel viaggio da suo padre…

La prima cosa che mi viene da dire è che in questa storia non c’è nulla di speciale, come peraltro in molti manga o anime giapponesi.

Voglio dire, non ci sono eventi fantastici, non ci sono fatti bizzarri, non ci sono personaggi bislacchi, e così via.
Come detto, neanche l’animazione colpisce l’occhio dello spettatore.

Eppure…

Eppure, in questa e in molte altre storie provenienti dal Giappone ho trovato un fascino speciale, una sorta di dolcezza legata al momento dell’adolescenza, un sentimento misto di bellezza e di rimpianto, che ogni volta mi lascia col sorriso sulle labbra.

Certamente, Oceans waves - Si sente il mare, non è il miglior esempio dell’animazione nipponica, e nemmeno dello Studio Ghibli, se è per quello, ma comunque conferma la tesi principale.

Ulteriore dettaglio: è stato scelto, non so se direttamente nel prodotto originale o nel doppiaggio italiano, un linguaggio affatto giovanile e anzi piuttosto desueto, se non proprio sofisticato.

Consigliato per vedersi un film grazioso e piacevole.
Per i capolavori, guardatevi tutta la filmografia di Miyazaki e andrete a colpo sicuro.

Fosco Del Nero



Titolo: Oceans waves - Si sente il mare (Umi ga kikaeru).
Genere: commedia, sentimentale.
Regista: Tomomi Mochizuki.
Anno: 1993.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.

domenica 18 ottobre 2009

Misfatto bianco - Michael Radford

Oggi propongo un film poco consono ai miei gusti, il cui genere dunque passa di rado sul sito (benché, come facilmente constatabile, guardo film di svariati generi): il suo nome è Misfatto bianco, risale al 1987 ed è una storia drammatico-sentimentale ambientata in Kenya.

L’ambientazione storica è quella dell’Inghilterra in piena guerra contro i nazisti.
Guerra che i ricchi signorotti inglesi si sono premurati di evitare trasferendosi in Africa con la scusa di essere utili allo sforzo bellico tramite le loro aziende (specie alimentari).

In tale contesto artefatto e fumoso, si muove una microsocietà in preda alle distorsioni dei vizi: adulteri, alcol, balli e caccia sono le principali occupazioni dei ricchi e/o nobili britannici in quel di Nairobi, con gli autoctoni ovviamente pura tappezzeria, oscillante tra servitù e schiavitù.

Al centro della scena un triangolo: il ricco e vecchio imprenditore Delves Broughton (Joss Ackland), la giovane e bella moglie Diana Broughton (Greta Scacchi), e l’altrettanto bello e affascinante Lord Erroll (Charles Dance).

Tra gli ultimi due scoppia una passione quasi inevitabile, col microcosmo sociale che fa da interessato contorno, anche per la popolarità di Lord Erroll, casanova particolarmente amato dal pubblico femminile del luogo.

I due amanti sono tuttavia fin troppo indiscreti, e causano l’ovvia reazione dell’anziano marito, dapprima fin troppo ragionevole, e poi fin troppo violenta…

Sostanzialmente, sfondo bellico a parte, Misfatto bianco è un film sentimentale con un contorno drammatico.

Convincenti le recitazioni degli attori protagonisti, immersi tanto in una trama piuttosto banale, quanto in uno scenario naturale al contrario interessante per la sua esoticità (beh, a meno che non viviate in Kenya…).

Il risultato finale è un film decente, ma non certo imperdibile o indimenticabile, cui vorrete dare un’opportunità o per il suo aspetto estetico o perché fan di questo o quell’attore (i fan di Greta Scacchi, in particolare, avranno di che guardare).

Alla fine della fiera, Misfatto bianco è un prodotto a mio avviso senza infamia e senza lode.

Fosco Del Nero



Titolo: Misfatto bianco (White mischief).
Genere: sentimentale, drammatico.
Regista: Michael Radford.
Attori: Greta Scacchi, Charles Dance, Joss Ackland, Sarah Miles, Trevor Howard, John Hurt, Geraldine Chaplin, Alan Dobie, Susan Fleetwood, Murray Head.
Anno: 1987.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 14 ottobre 2009

Guida galattica per autostoppisti - Garth Jennings

Guida galattica per autostoppisti, film girato nel 2005 da Garth Jennings, è uno dei tanti esempi di come la qualità spesso perda contro la mera quantità e i fenomeni puramente commerciali.

E non mi riferisco tanto al libro da cui questo film è stato tratto, posto che i best seller di Douglas Adams (cinque, in realtà) hanno venduto molti molti milioni di copie (per quanto qua da noi siano praticamente sconosciuti, salvo che per una piccola nicchia di grandi appassionati).

Difatti, mi riferisco soprattutto al film, proiettato in pochissime sale cinematografiche durante l’estate, e quindi passato inosservato.

Un vero peccato, perché il film di Guida galattica per autostoppisti, tanto quanto il libro che lo ha originato, è un capolavoro di umorismo, di ironia, di satira e di surrealità.

Ecco in breve la sua trama: Arthur Dent (Martin Freeman) si è appena svegliato nella sua bella casetta di campagna, quando scopre che un’impresa costruttrice sta per demolire la sua dimora per poi costruire una superstrada, peraltro come previsto in un apposito progetto (a cui però lui non si era interessato).

Pochi minuti dopo, peraltro, scopre anche che il suo migliore amico, Ford Perfect (Mos Def), non è un terrestre, ma un alieno proveniente dalla costellazione di Betelgeuse.
Egli, giusto per non fargli mancare nulla, gli rivela anche che la Terra sta per essere distrutta da una Flotta Costruzioni Vogon, per far posto a una superstrada spaziale, cosa a cui gli umani non si erano minimamente interessati, nonostante il progetto fosse già stato previsto da tempo e regolarmente depositato nell'ufficio competente della galassia.
Sta di fatto che i due riescono a salvarsi abbandonando il pianeta come autostoppisti…

Da qui un turbinio di vicende, tutte fuori di testa, che vedranno (brillanti) protagonisti anche la vivace Tricia McMillan (Zooey Deschanel, vista anche in Yes man e in Un ponte per Terabithia) e l’ancora più vivace Zaphod Beeblebrox (Sam Rockwell), che peraltro è il Presidente della Galassia appena eletto.

Io adoro la letteratura e il cinema fantastico-umoristico, perché, dietro a situazioni immaginifiche e originali, cela satira, intelligenza e critica di costume, e personalmente trovo il binomio irresistibile (ovviamente se ben fatto).

Certo, magari non tutti apprezzano fantasia e umorismo… ma francamente questi sono problemi loro: Guida galattica per autostoppisti è un film di spessore, intelligente e divertente, con personaggi veramente ben riusciti (memorabili per esempio Zaphod Beeblebrox o il robottino Marvin), dei dialoghi ficcanti e una trama ispirata.

Tra l'altro, pur evidenziando qualche scelta narrativa differente rispetto al libro, è uno di quei pochi casi in cui il film non è inferiore rispetto al suo corrispettivo cartaceo.
Per questi motivi, si merita un voto elevato e la mia raccomandazione.
Buona visione.

Fosco Del Nero



Titolo: Guida galattica per autostoppisti (The hitchhiker's guide to the galaxy).
Genere: commedia, fantastico, surreale.
Regista: Garth Jennings.
Attori: Martin Freeman, Zooey Deschanel, Mos Def, Sam Rockwell, John Malkovich, Bill Nighy, Anna Chancellor, Stephen Fry, Richard Griffiths, Warwick Davis, Su Elliot, Simon Jones.
Anno: 2005.
Voto: 8.
Dove lo trovi: qui.

venerdì 9 ottobre 2009

Lezioni d’amore - Isabel Coixet

Ho veduto questo film essenzialmente per la presenza in esso di Penelope Cruz, un’attrice che mi piace molto (bellissimi i vari Volver, Nessuna notizia da Dio, etc) e il cui nome spesso mi spinge a vedere certe produzioni.

Tuttavia, se avessi fatto caso al nome della regista, forse avrei desistito dal mio intento, posto che trattasi di Isabel Coixet, della quale mesi fa avevo visto un film, ossia La vita segreta delle parole.

Ebbene, non trattavasi di un film pessimo o ridicolo, ma di un film assai triste e caricato nella sua parte patetica e sentimentale (cose che onestamente mi annoiano da morire, se non infastidiscono).

Con Lezioni d'amore il copione si ripete, e gli argomenti del film sono la vecchiaia, la morte, la malattia, l’amore contorto e la tristezza.
Non esattamente le mie emozioni preferite…

Ecco in grande sintesi di Lezioni d'amore: David Kepesh (Ben Kingsley) è un professore universitario ultracinquantenne e single.
Alle spalle ha un matrimonio fallito, nonché un figlio che ce l’ha ancora con lui perché aveva abbandonato la famiglia per tornare a vivere da solo e fare i suoi comodi.

E “i suoi comodi” egli li fa ancora, posto che si approfitta della sua posizione di accademico, nonché di intellettuale piuttosto conosciuto, per conquistare giovani studentesse.

Una di queste è Consuela Castillo (Penelope Cruz): i trent’anni di differenza non impediscono né all’uno né all’altra di cominciare una storia, che tuttavia, a dispetto di altri casi, verterà più sull’amore che non sul solo sesso.

Tanto che David si sente emozionalmente legato alla ragazza, nonché visceralmente geloso.
E tanto che, a un certo punto, decide di rompere con lei…

Il film, come detto, è un mix di diversi tipo di tristezza: dalla considerazione per il tempo che passa e la vecchiaia che incombe alla malattia, dalla morte all’amore travagliato.

Sostanzialmente, esso si regge sulla recitazione dei due attori protagonisti (in una parte da comprimario c’è anche Dennis Hopper) e su una fotografia e un montaggio molto lindi e curati.
A mio avviso, tuttavia, troppo poco per fare di esso un gran film.

Lezioni d'amore è dunque consigliato solo ai fan sfegatati della Cruz o di Kingsley, oltre che ai fan sfegatati delle storie strappalacrime.

Fosco Del Nero



Titolo: Lezioni d’amore (Elegy).
Genere: drammatico, sentimentale.
Regista: Isabel Coixet.
Attori: Ben Kingsley, Penelope Cruz, Dennis Hopper, Patricia Clarkson, Deborah Harry, Charlie Rose, Antonio Cupo, Peter Sarsgaard, Michelle Harrison, Emily Holmes, Sonja Bennett.
Anno: 2008.
Voto: 5.5.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 7 ottobre 2009

Pushing Daisies - Brian Fuller

Oggi recensisco una serie tv, rendendo un poco più cospicua la categoria, per ora abbastanza periferica.
Difatti, in essa finora ho proposto solamente Friends, Lost, Dharma & Greg e Wonderfalls.

E proprio quest’ultima serie è collegata con quella di cui parliamo oggi, la poco conosciuta Pushing Daisies, mai andata in onda in chiaro in Italia.

Tra l’altro, non ne avevo mai sentito parlare, fino a che non mi è venuto in mente di cercarmi la filmografia dei produttori di Wonderfalls, una serie televisiva che adoro letteralmente, tanto a livello di regia, quanto di trama, ma soprattutto di ironia.

È così spuntato fuori il nome di Pushing Daisies, serie non troppo lunga con i suoi 22 episodi totali.
Tra l’altro, il suo protagonista centrale è Lee Pace, già attore di Wonderfalls. Nel corso della serie, inoltre, incontreremo altri attori già noti, per la medesima Wonderfalls o per altre serie o film.

Ma andiamo a parlare brevemente della trama di questa serie televisiva.
Ned, di professione “fabbricatorte” al Pie hole, ha un dono particolare: può riportare in vita i morti.
Tuttavia, come si accorge fin da bambino, quando un ex morto-neovivo viene riportato in vita per più di sessanta secondi, qualcun altro muore al suo posto.
Se, viceversa, egli ritocca la persona entro il minuto, essa rimuore e non capita nient’altro.
Il resuscitato, dunque, muore definitivamente con un suo secondo tocco.

Ned ha anche un secondo lavoro: egli si è messo in società con il detective privato Emerson Cod (Chi McBride), e i due si recano di volta in volta dai cadaveri dei morti in circostanze sospette, li risvegliano, si fanno dire chi è il colpevole, lo incastrano e poi riscuotono la ricompensa.

Un giorno Ned si trova davanti il cadavere della sua fidanzatina di quando era bambino, di cui avevo ucciso il padre involontariamente riportando in vita sua madre (poi rimorta la sera dandogli il bacio della buonanotte e così innescando il secondo tocco), e la riporta in vita, stavolta senza ritoccarla per la seconda volta.
Tra i due risboccia l’amore… con la trascurabile difficoltà di non potersi toccare, perché in tal caso Charlotte Charles, detta Chuck (Anna Friel) morirebbe definitivamente.
Il ritrovamento non fa molto piacere a Olive Snook (Kristin Chenoweth), cameriera del Pie hole e notoriamente innamorata di Ned.

Ok, detto così sembra più un misto tra soap opera e thriller macabro, ma l’essenza di Pushing Daisies è in realtà quella della commedia, e persino di una commedia molto dolce, soprattutto per via del tenerissimo e platonico rapporto sentimentale tra Ned e Charlotte.

I personaggi sono costruiti bene, e il senso del bizzarro di cui è permeata tutta l’opera porterà di volta in volta situazioni curiose e interessanti. Peraltro, la voce narrante fuori campo, la scenografie colorate e originali, il senso di fanciullesca tenerezza che la permea ne fanno una sorta di versione fantastica e seriale de Il favoloso mondo di Amelie... o comunque la seria ricorda il film, e anzi ci giocherei qualcosa che è stato tratto spunto da essa per strutturarla.
Da notare anche l’eccellente cura estetica, con fotografia e montaggio veramente di spessore, peraltro spesso arricchiti dalla computer grafica. 

Sfortunatamente, il livello di ironia e dialoghi è nettamente inferiore a quello di Wonderfalls, che globalmente parlando a mio avviso le sta varie spanne sopra. Inoltre il senso del tenero si fa via via ripetitivo e melenso, e inoltre gli episodi man mano che la serie va avanti (per due stagioni) divengono tendenzialmente ripetitivi.

Ma questo è il mio gusto, magari per qualcuno altro potrebbe essere vero il contrario, e comunque Pushing Daisies, non fosse per la sua originalità, merita di essere visto per almeno qualche puntata.

Fosco Del Nero



Titolo: Pushing Daisies (Pushing Daisies).
Genere: serie tv, commedia, fantastico.
Ideatore: Brian Fuller.
Attori: Lee Pace, Anna Friel, Kristin Chenoweth, Chi McBride, Ellen Greene, Swoosie Kurtz.
Anno: 2007-2009.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.

domenica 4 ottobre 2009

Avalon - Mamoru Oshii

Il film recensito oggi è Avalon, girato nel 2001 da Mamoru Oshii (Ghost in the shell), coproduzione polacco-giapponese e misto tra animazione e film tradizionale.

Elementi curiosi, come curiosa è la trama, come andremo a vedere ora.

Avalon è una storia ambientata in un prossimo futuro, in cui esiste un diffusissimo videogioco, Avalon per l’appunto, giocabile in rete da qualunque punto del mondo, e talmente pregnante da causare in molti suoi giocatori una dipendenza quasi da droga.
Tra l’altro, l’importanza del gioco (un mmorpg a sfondo bellico) è tale che alcuni lo fanno di lavoro, celebri in tutto il mondo come vere e proprie star.
È questo il caso di Ash (Małgorzata Foremniak), celebre guerriera solitaria, ex membro di una squadra ritenuta invincibile per i suoi numerosi successi in Avalon, eppure “scoppiata” durante una missione particolarmente difficile… proprio per colpa di Ash, che ha involontariamente chiamato il reset del gioco (che equivale ad arrendersi e per l’appunto comporta lo scioglimento della squadra).

Il videogioco peraltro è pericoloso, posto che sono frequenti i casi di persone diventate vegetali per via di qualche reazione neurale durante il gioco…

Da quel momento Ash, ritenutasi colpevole dell’evento (ma lo è davvero?), ha deciso di combattere solamente in solitario, con l’obiettivo di raggiungere la Classe A, il massimo livello del gioco.
Ma per farlo c’è da trovare un “ghost”…

Avalon è un interessante esperimento di cinema, per quanto non del tutto riuscito.
Trama e atmosfera generale sono effettivamente intriganti, e risulta azzeccata la scelta grafica di un mix tra animazione e presa reale, con il color seppia a dominare il tutto (avete presente la colorazione dominante di A beautiful mind? Ecco, qua è ancora più marcata).
Il film stesso peraltro sa di videogioco, con le location e i punti di passaggio ripresi spesso a inizio “ciak”.

Anche la colonna sonora fa bene la sua parte…
… eppure il film, interessante e curioso, non avvolge e non è irresistibile.
Inoltre la scelta del cast non convince appieno.

Insomma, questo meticcio di Existenz (per la questione del videogioco), Matrix (per la dicotomia realtà-finzione) e Stalker (film russo tanto lento quanto introspettivo) si limita ad essere un esperimento riuscito a metà.
Ad ogni modo, per la sua particolarità Avalon merita almeno che gli si dia un’occhiata.

Fosco Del Nero



Titolo: Avalon (Avalon).
Genere: drammatico, fantastico, animazione.
Regista: Mamoru Oshii.
Attori: Malgorzata Foremniak, Wladyslaw Kowalski, Dariusz Biskupski, Jerzy Gudejko, Katarzyna Bargielowska, Alicja Sapryk, Zuzanna Kasz.
Anno: 2001.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.

venerdì 2 ottobre 2009

The wicker man - Robin Hardy

La recensione di oggi è dedicata a un film molto particolare, pescato direttamente dagli anni "70… ma non certo tipico del periodo: parlo di The wicker man, pellicola girata nel 1973 da Robin Hardy, classificata tra i migliori cento film britannici, nonché censurata per via di alcune sue scene particolarmente audaci.

Laddove l’audacia non si riferisce tanto a violenza o sesso (in tal senso, noi spettatori del nuovo millennio siamo abituati a estremi molto più radicali), quanto alla spregiudicatezza amorale (amorale, non immorale) con cui viene presentato lo scontro culturale descritto dal film, assumendo nel finale persino i tratti di un affresco macabro e contorto.

The wicker man parte in modo tranquillo e persino con toni leggeri, per merito di una location dalla rude bellezza naturale (il mare e un’isola al largo della Scozia), nonché di un commento sonoro dal suono celtico... ma quasi subito assume un tono surreale e grottesco, in una sorta di escalation di bizzarria.

Ecco in breve la trama: il Sergente Neil Howie giunge dall’isola madre per indagare sulla scomparsa di una ragazzina, Rowen Morrison, denunciatagli via lettera da una persona del posto, che ha scritto a riguardo una missiva specificamente indirizzata a lui.
Tuttavia, la gente autoctona non pare eccessivamente disposta a collaborare, tanto da dare  anzi l’impressione di essere omertosa, se non proprio mendace, riguardo alla ragazza e agli eventi che l’hanno coinvolta. Nell’isola, governata da tale Lord Summerisle, son peraltro radicate usanze e credenze assai strane, ben lontane dal cristianesimo di cui è fiero praticante Neil Howie, al contrario decisamente inclini al paganesimo e persino, così sembra a un certo punto, ai riti sacrificali.
Il sergente, forte della sua autorità e della sua testardaggine, continua ad indagare, fino a che…

Come detto, il film è bizzarro e pregno di un sapore agrodolce.
Lo scenario socio-culturale è interessante, i dialoghi spesso efficaci e ficcanti (preciso di averlo visto in inglese con i sottotitoli), la trama originale e la stessa colonna sonora è veramente bella, semplice alternanza tra rumori della natura, musica celtica e canti di gruppo.

Proprio questi ultimi a mio avviso sono il miglior rappresentante del film, con la loro semplice bellezza, pur se affiancata alle credenze pagane di cui sopra; essi sono spesso ravvivati da un'altrettanto semplice e affascinante danza corale, come nel caso dell’"albero della vita" e dell'"uomo di vimini".

The wicker man, parlando di contenuti, contiene molti simboli tradizionalmente associati ai culti pagani nonché ai rituali sacrificali: il simbolo del sole, l’occhio che tutto vede, l’uomo verde, i sacrifici di animali e di giovani esseri umani, gli obelischi come simboli fallici, i riti sessuali, il sigillo di Salomone.

Al di la di tali elementi ambigui (affiancabili sia al paganesimo naturale e spiritualmente evoluto, sacrifici a parte, nonché alla massoneria più distorta, nella quale invece i sacrifici son ben presenti), nel film sono presenti anche concetti validi in senso generale: la ciclicità dell'esistenza, l'irrealtà della morte, la reincarnazione, una sessualità più spontanea e meno repressa, l'energia del creato presente in ogni cosa... cui si contrappongono invece la rigidità, l'ottusità e la mancanza di accettazione da parte del rappresentante al contempo del potere secolare e della religione ufficiale. D’altro canto, se il missionario cristiano dà prova di ottusità e di testardaggine, i locali pagani danno prova di crudeltà: in verità, nessuno dei due ne esce troppo bene.

Di mio, ignoro del tutto la contrapposizione duale tra i seguaci della religione monoteista e quelli del paganesimo naturale e bado a quella che è di gran lunga la scena più evocativa, intensa e significativa del film, bellissima pur essendo al contempo terribile. Non so se essa sia stata pensata nel senso simbolico della distruzione dell’ego, ma personalmente la guardo con tale sguardo: bruciare il proprio ego con tutti i suoi carichi culturali e concettuali... ciò che in definitiva è il senso di ogni autentica religione.

In chiusura di recensione, devo dire che il film mi è piaciuto, e anche parecchio, tanto da consigliarlo senza indugio a chi volesse vedere un drammatico sui generis, più orientato al grottesco che non all’adrenalina (qualcuno lo classifica come film horror, ma la definizione mi pare fuorviante). Lo stesso finale, pur se macabro, ha una sua bellezza piuttosto intensa e probabilmente, come appena riferito, anche simbolica.

Del film ne esistono due versioni: una più breve, mancante di alcune scene comunque non essenziali, e una più estesa. Forse persino tre, dal momento che la più lunga che ho visto io risulta comunque inferiore, come minutaggio, alla versione "director's cut".

Concludo la recensione di The wicker man con una frase tratta dal film... anch'essa ambivalente e leggibile su diversi livelli, come il resto dell'opera.

"Non capirai mai la vera natura del sacrificio."

Fosco Del Nero



Titolo: The wicker man (The wicker man).
Genere: drammatico, grottesco,  thriller.
Regista: Robin Hardy.
Attori: Edward Woodward, Christopher Lee, Britt Ekland, Diane Cilento, Ingrid Pitt, Lindsay Kemp, Russell Waters, Aubrey Morris, Geraldine Cowper, Irene Sunters, Walter Carr, Ian Campbell.
Anno: 1973.
Voto: 7.5.
Dove lo trovi: qui.



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