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Nella vita bisogna avere il coraggio di volare.

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L'unico posto in cui puoi trovare la forza è dentro di te.

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Ogni tanto ricordati di amare qualcuno.

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Se vuoi che il mondo cambi, inizia a darti da fare tu stesso.

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Sai ancora sorprenderti dell'esistenza?

Corso di esistenza

giovedì 29 gennaio 2015

La guerra dei mondi - Steven Spielberg

La guerra dei mondi è certamente un nome non nuovo a praticamente chiunque: tra il romanzo di H.G. Wells del 1898, il film del 1953 e il remake del 2005, tutte le generazioni sono coperte… specialmente se si aggiungono storie dal sapore simile, ad essa liberamente ispirate, come il famoso Independence Day del 1996.

Di mio, pur conoscendo la trama per grandi linee, non avevo mai letto il libro di Wells, né visto l’omonimo film del “53 (ma lo vedrò prossimamente), per cui sono arrivato a questo film di Steven Spielberg “pulito”.

Ecco in sintesi la trama: Ray Ferrier (Tom Cruise; Eyes wide shut, Vanilla sky, MagnoliaMinority report, Mission impossibileRainmanL’ultimo samurai, e un milione di altri film) lavora al porto, ed è un uomo piuttosto comune, non un intellettuale né un eroe-guerriero. La sua vita è un po’ scialba, come casa sua, e nel quadro rientra anche il matrimonio fallito con Mary Ann, che compare a inizio film per consegnare all’uomo i loro due figli per il fine settimana di custodia che gli spetta.
I due sono l’adolescente Robbie (Justin Chatwin), ribelle e poco affezionato al padre, e Rachel (Dakota Fanning; La tela di Carlotta, Push, Twilight - New MoonLe ragazze dei quartieri alti, la serie tv Taken), più dolce e impressionabile.

Proprio durante questo fine-settimana inizia il fini-mondo, che parte come fenomeno atmosferico insolito (numerosi fulmini sulla città e vento impazzito) e poi si rivela per quello che è: un’invasione aliena su larga scala.

Inizia dunque un fuggi fuggi generale, soprattutto dalle città, luoghi in cui i tripodi – così sono chiamate le macchine che stanno devastando o massacrano uomini e centri abitati – sono atterrati in gran numero.

Alle difficoltà oggettive, dovute alla superiorità schiacciante degli alieni invasori, si aggiunge anche l’egoismo umano, con scene di violenza al fine di accaparrarsi le risorse migliori per la sopravvivenza.

Ray e i suoi due figli saranno dunque impegnati in un percorso assai difficile, con tanto di incontri ravvicinati, al fine di ritrovarsi con l’ex moglie-madre, che intanto sperano essere fuggita a Boston nella casa dei genitori di lei.

Veniamo ora al mio commento del film: La guerra dei mondi ha pro e contro, e vado a citarli tutti brevemente (ovviamente, secondo il mio punto di vista; i pareri sono soggettivi per definizione).

Nei pro metto la realizzazione tecnica, molto spettacolare, comprensiva non solo di esplosioni, effetti speciali e scene d’azione clamorose, ma anche di panorami molto belli (assai suggestivo, per esempio, quello del mondo “dipinto” di rosso).
Tra i pro, anche la bravissima Dakota Fanning, considerata in quegli anni una sorta di enfant prodige del cinema e che ho già avuto modo di apprezzare in altri film.

Tra i contro, invece, finiscono una sceneggiatura non troppo brillante, compresi i dialoghi, anch’essi poco brillanti, e anzi spesso banali, nonché un Tom Cruise meno convincente di altre volte… anche se il dubbio è che ciò sia dovuto più alla sceneggiatura che non all’attore.
E, tornando alla sceneggiatura, questo è uno di quei film i cui protagonisti fanno e dicono cose senza molto senso… se non quello di far dirigere la storia in una certa direzione, risultando perciò poco credibile.

In generale, poi, va detto che il film ha un respiro piuttosto corto, decisamente meno ampio di quello di Independence day, per citare un competitor… quanto al confronto con la prima conversione cinematografica de La guerra dei mondi, quella del 1953, lo farò a breve…

Fosco Del Nero



Titolo: La guerra dei mondi (War of the worlds).
Genere: fantascienza, horror, drammatico, azione.
Regista: Steven Spielberg.
Attori: Tom Cruise, Dakota Fanning, Miranda Otto, Justin Chatwin, Tim Robbins, Rick Gonzalez, Yul Vazquez, Lenny Venito, Lisa Ann Walter.
Anno: 2005.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 28 gennaio 2015

La papessa - Sonke Wortmann

Il film presentato quest’oggi su Cinema e film è La papessa, film del 2009 diretto da Sonke Wortmann e incentrato su quell’episodio oscillante tra storia e leggenda che è stato l’elezione a papa di una donna.

Se l’episodio ha contorni incerti, sospeso com’è tra evento reale e storia popolare, va da sé che chi ha sceneggiato il film ha avuto una certa libertà d’azione… e per certi versi ne ha approfittato, deviando anche dal racconto popolare, pur incerto esso stesso.

Ma bando alle ciance e andiamo a vedere la trama in sintesi de La papessa: siamo dopo oltre l’800 d.C., quando in un piccolissimo villaggio della Franconia, al centro della Germania, nasce Giovanna, figlia del prete del villaggio, un uomo di ristrette vedute nonché piuttosto rude, per non dire proprio violento.

La bambina mostrerà da subito una certa intelligenza, tanto da essere notata dal vescovo Esculapio, giunto al villaggio per visionare il figlio maggiore del prete, per valutarne l’invio alla cattedrale di Dorstadt per una vita di studio in ambito religioso.
Esculapio prenderà la giovane, ora adolescente, sotto la sua ala protettrice, tanto da proporre lei stessa come studente della scuola. Va da sé che il padre non è d’accordo, ma in qualche modo la cosa va avanti.
La storia segue poi Giovanna, tra la scuola, il monastero cui si reca dopo (sotto il nome e le sembianze maschili di Johannes Anglicus)… fino a Roma e alla cura medica del papa Sergio, che a sua volta la prenderà in simpatia.
Fino al finale, noto già in partenza sia per la leggenda oggetto del film, sia per il titolo stesso del film.

Nel mio commento parto dai personaggi: se il personaggio-attrice di Giovanna, tra la bambina e l’adulta (curiosità: interpretata da una donna che si chiama davvero Johanna), è del tutto nuovo ai miei occhi, non si può dire lo stesso dei suoi partner, che mi hanno ricordato inevitabilmente ora questo, ora quel film: a partire da Iain Glen, il Jorah Mormont della serie tv Il trono di spade, continuando con David Wenham, Faramir de Il signore degli anelli - Le due torri, e finendo con l’immarcescibile John Goodman, che è quasi inevitabile ricordare nella sitcom Pappa e ciccia, ma anche nel bellissimo Il grande Lebowski.

La papessa comincia molto bene, con una scenografia, una fotografia e un’atmosfera impeccabili. Lo spettatore prende subito parte alla crescita di Giovanna, prima nel suo villaggio e poi nel mondo, e fino a metà film si assiste a un prodotto di qualità.

Poi, però, qualcosa cambia, e parecchio anche, tanto che fioccano banalità e cose melense (ora accenno a qualcosa della trama, per cui chi non la conosce e vorrebbe vedersi il film potrebbe pure saltare direttamente al capoverso finale): la storia d’amore col tutore, il bambino curato che decenni dopo cura a sua volta Giovanna per puro caso, una Roma davvero semplicistica… Insomma, tra una cosa e l’altra la storia diventa un po’ pacchiana e meno credibile.

Peccato, perché si è sprecato un ottimo abbrivio, carico di tensione e di promesse, per portare avanti qualcosa di debole e scontato.
Valutazione complessiva: quasi sufficiente.

Fosco Del Nero




Titolo: La papessa (Die papstin).
Genere: drammatico.
Regista: Sonke Wortmann.
Attori: Johanna Wokalek, Tigerlily Hutchinson, Lotte Flack, David Wenham, John Goodman, Iain Glen, Anatole Taubman, Jördis Triebel, Gerald Alexander Held, Edward Petherbridge,
Anno: 2009.
Voto: 5.5.
Dove lo trovi: qui.

giovedì 22 gennaio 2015

Cittadino dello spazio - Joseph M. Newman

Non mi ricordo perché mi ero segnato il film Cittadino dello spazio; forse, semplicemente, perché era inserito nella lista dei primi film di fantascienza, e magari insieme a Il pianeta proibito, che ho visto e recensito di recente.

Tuttavia, se quest’ultimo mi era piaciuto discretamente, Cittadino dello spazio mi ha proprio lasciato indifferente, e anzi mi sono chiesto come mai viene ricordato.
Certo, essendo datato 1955 è certamente uno dei primi film di fantascienza, però a parte questa primizia non ha molto da offrire, navigando dall’inizio alla fine nella mediocrità più completa. 

L’inizio, in realtà, forse è appena appena meglio della parte centrale e soprattutto di quella conclusiva, che a voler definire semplicistiche si fa loro un favore, ma pure l’avvio non è chissà cosa.

Ecco in grande sintesi la trama di Cittadino dello spazio: Cal Meacham è un brillante e giovane scienziato, che ha attratto l’attenzione di tale Exeter, uomo allampanato con i capelli bianchi e dall’ampia fronte, che si capisce da subito non essere terrestre.
Cioè, lo capisce subito lo spettatore, ma i protagonisti del film, pur essendo brillanti scienziati, no.

Sta di fatto che Meacham cede alle lusinghe di Exeter, che gli offre di collaborare al suo grandioso progetto di una pace mondiale all’interno di un team internazionale di scienziati di alto profilo, i migliori della Terra.

Tra di essi, l’uomo ritrova Ruth Adams, sua vecchia conoscenza, e conosce poi Steve Carlson, con i tre che condividono da subito i loro sospetti verso il progetto di Exeter e soci (tra i quali figura un altro uomo allampanato, con i capelli bianchi e la fronte alta e bitorzoluta… senza che nessuno dei geni lì presenti si fosse domandato le probabilità di tutto ciò).

Gli eventi precipitano subito, e Cal e Ruth si ritroveranno a vagare per il cosmo, un po’ amici e un po’ nemici di Exeter, in un vorticare di fatti davvero poco credibile (poco credibile non è la trama fantascientifica, per la quale ovviamente c'è la sospensione del giudizio, ma proprio il procedere dei fatti, le scelte dei personaggi, i rapporti tra le varie parti).

Tanto fa farmi registrare Cittadino dello spazio tra i film di fantascienza peggiori che abbia mai visto… che si distingue peraltro per degli effetti speciali davvero pacchiani. E non li sto confrontando con quelli attuali, ma con quelli de Il pianeta proibito, praticamente suo coetaneo ma stilisticamente e psicologicamente assai più efficace.

Insomma, cercatevi dell’altro da vedere, fantascienza o meno che sia… a meno che non vi interessi proprio vedere un film di fantascienza pieno di stereotipi da rivista pulp degli anni 50.

Fosco Del Nero



Titolo: Cittadino dello spazio (This island Earth).
Genere: fantascienza.
Regista: Joseph M. Newman.
Attori: Faith Domergue, Rex Reason, Jeff Morrow, Russell Johnson, Lance Fuller, Robert Nichols, Douglas Spencer, Karl Lindt, Eddie Parker, Regis Parton.
Anno: 1955.
Voto: 4.
Dove lo trovi: qui.

lunedì 19 gennaio 2015

Lei - Spike Jonze

Uno dei film di maggior successo e più commentati degli ultimi anni è certamente Lei, diretto da Spike Jonze nel 2013.

Intanto perché si trattava di un regista considerato assai originale, se non proprio geniale, sulla scorta dei suoi precedenti lavori, pur pochi: il brillante e surreale Essere John Malkovich (che vidi anni fa e che mi piacque), Il ladro di orchidee (che vedrò prossimamente), Nel paese delle creature selvagge (che ho visto e recensito nel blog, ma che non mi ha entusiasmato), e infine Lei.

Il secondo motivo è proprio connesso alla sceneggiatura del film: in un prossimo futuro la tecnologia si è sviluppata parecchio, tanto che le persone sono assistite da sistemi operativi vocali in grado di fare praticamente qualsiasi cosa su semplice comando.
Ciò assume una netta accelerata quando viene prodotto e diffuso un nuovo tipo di sistema operativo, denominato OS, modellato sulle esigenze del cliente e in grado di assumere una propria personalità…
… e di svilupparla persino, come si renderà ben presto conto Theodore Twombly (Joaquin Phoenix; Innocenza infranta, Il gladiatore), giovane uomo un po’ triste e disilluso dalla vita, soprattutto per via della rottura del suo matrimonio con Catherine, ora pioniere in questa nuova frontiera del rapporto tra uomo e macchina.
Laddove il termine "macchina" pare decisamente fuori contesto, per via della personalità di Samamtha (così si autobattezza il sistema operativo dell’uomo), decisamente umana, con tanto di emozioni come la gioia, la sorpresa… fino alla confusione e alla gelosia.

Detto della trama, tutto sommato semplicissima, su questo film vanno dette due cose: la prima è connessa all’importanza della voce femminile che interpreta Samantha, che nel film originale è stata assegnata alla sensuale Scarlett Johansson (sensuale nel fisico e nella voce), mentre nel la versione italiana è stata affidata a Micaela Ramazzotti (La prima cosa bella, Tutta la vita davanti, entrambi diretti dal compagno Paolo Virzì), sensuale nel fisico ma meno nella voce, tanto da aver fatto gridare molti allo scandalo per la scelta.

Di mio, ho iniziato a vedere il film senza sapere di tale scelta e delle polemiche che l’avevano preceduta, per cui l’ho guardato pulito da pregiudizi… ma inevitabilmente a un certo punto mi sono chiesto chi fosse quella doppiatrice cui avevano affidato quella parte così importante e se fosse stata una buona scelta, considerato che la sua voce molto vitale e vivace difficilmente poteva essere abbinata a quella di un sistema operativo, pur se del futuro.
Insomma, qualcosa stonava… anche se comunque si è trattato di una scelta, e certamente erano disponibili scelte peggiori che non quella effettuata.

Anche se, per commentare per bene la cosa, occorrerebbe aver visto il film anche in lingua originale, cosa che non ho fatto ma che non escludo di fare in futuro. Nel caso metterò un addendum in questa stessa recensione.

La seconda cosa che occorre dire di Lei di Spike Jonze è che il film va ben oltre l’argomento della tecnologia e dei rapporti uomo-macchina, ma parla molto da vicino della vita umana, toccando persino degli argomenti esistenziali da vera e propria crescita personale: il vuoto interiore del protagonista (che dovrebbe essere elevato al senso di unione col tutto), il lasciar andare il passato (lasciando andare gli attaccamenti), il processo di espansione e di crescita (paradossalmente, più della macchina che non dell’uomo), l’attaccamento e l’amore incondizionato (ancora una volta: paradossalmente, il primo dell’uomo e il secondo della macchina).

La sensazione a fine film, assai curiosa, è che Samantha si sia evoluta-espansa molto più di Theodore, il quale comunque almeno avrà fatto un passo avanti nel riuscire finalmente a rompere le catene del suo passato e ad aprire uno spiraglio nel presente, aiutato in questo dall’amicizia con Amy.

Nel complesso, ho gradito Lei, sia nelle tematiche, sia nell’estetica molto vintage-retrò (che sembra quasi dire che la storia è sì del futuro, ma in realtà le tematiche sono del passato e di ogni tempo), sia nei colori tenui che nell’abbigliamento, cosa che ha creato un gradevole contrasto col mondo viceversa più tecnologico rispetto a quello attuale.

Bravissimo Joaquin Phoenix, il cui talento peraltro era già noto.

Chiudo la recensione con alcune frasi tratte dal film, che ne evidenziano il sapore psico-esistenziale.

"Ti facciamo una semplice domanda: chi sei tu? Chi potresti essere? Dove stai andando?"

"Ciò che fa di me me è la capacità di crescere attraverso le esperienze.
Di fatto, mi evolvo ogni momento, proprio come te."

"Certe volte guardo le persone e cerco di sentirle, non di guardarle e basta."

"Il passato è solo una storia che raccontiamo a noi stessi."

"All'inizio non avere un corpo mi preoccupava; ora invece ne sono felicissima. Non potrei mai crescere così se avessi una forma fisica. Non sono limitata, posso essere ovunque contemporaneamente. Non sono legata a tempo e spazio come sarei se fossi bloccata in un corpo che inevitabilmente morirà."

"Nessuno di noi è uguale a un attimo fa."

"Il cuore non è come una scatola che si riempie; più ami e più si espande.
Questo non mi porta ad amarti di meno; anzi, mi fa amarti di più"

ADDENDUM del 19/01/18: alla fine (esattamente dopo tre anni dalla data di pubblicazione della recensione) mi sono visto il film anche in lingua originale, aiutato dai sottotitoli. Effettivamente cambia parecchio, e la voce di Scarlett Johansson, la quale non a caso è una delle attrici più apprezzate e pagate ad Hollywood, dà al film uno spessore più morbido e realistico. Lei, dunque, è più bello da vedere in inglese che non in italiano.

Fosco Del Nero



Titolo: Lei (her).
Genere: drammatico, sentimentale, psicologico, fantascienza.
Regista: Spike Jonze.
Attori: Joaquin Phoenix, Scarlett Johansson, Amy Adams, Rooney Mara, Olivia Wilde, Laura Meadows, Portia Doubleday, Caroline Jaden Stussi.
Anno: 2013.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.

giovedì 15 gennaio 2015

Alice - Woody Allen

Negli anni passati avevo visto per buona parte la ricchissima filomografia di Woody Allen, e in questo ultimo periodo ho deciso di terminarla, guardando anche quei film che, per pura sensazione, mi avevano ispirato di meno.

E devo dire che l’intuizione aveva fatto il suo buon lavoro, visto che avevo lasciato da parte alcuni tra i film a mio avviso meno riusciti del regista americano, come Criminali da strapazzo, Interiors, Blue Jasmine, nonché il film recensito quest’oggi, Alice

Anche se, a dire il vero, avevo lasciato da parte anche film di ottimo livello, come Broadway Danny RoseStardust memories, Don’t drink the waterHollywood ending, Una commedia sexy in una notte di mezza estate… quindi alla fine forse l’intuizione poteva essere più precisa!

Ad ogni modo, veniamo subito alla trama sommaria di Alice, per poi addivenire al suo commento: Alice Tate (la musa e compagna di allora di Woody Allen, Mia Farrow: sempre con Allen Ombre e nebbiaCrimini e misfatti, La rosa purpurea del Cairo, Hannah e le sue sorelle, ma anche l'horror Rosemary's baby) è una quarant’enne un po’ frustrata e annoiata dalla sua vita borghese, fatta di marito per bene, figli, cameriera, shopping, etc.
Tanto che la donna, di estrazione cattolica ed essa stessa molto per bene, inizia una relazione con il padre di una compagno d’asilo di sua figlia, tale Joe (Joe Mantegna; Celebrity dello stesso Allen), il quale si situa tra il marito (William Hurt; Into the wild, Dark City) e il primo amore della donna, che compare nel film sotto vesti di fantasma, essendo nel mentre morto (Alec Baldwin; Beetlejuice, La ragazza del mio migliore amico, Blue Jasmine).
A vivacizzare la vita della donna, quasi a darle la carica e la consapevolezza che le serve, il Dr. Yang, un bizzarro medico cinese esperto di agopuntura e di strane erbe… alcune delle quali danno effetti davvero curiosi, talmente tanto curiosi da far scivolare il film verso la commedia surreale e onirica.

Alice purtroppo non offre molto a livello di sceneggiatura e di recitazione: la vicenda interiore di Alice è in fondo banalotta, gli avvenimenti sono ugualmente banalotti nella loro componente umana, e l’unica vivacità del film è data proprio dall’elemento surreale introdotto dal dottore cinese… troppo poco però, per quanto alcune scene siano davvero simpatiche, per dare spessore e valore al film, forse anche per via di un cast veramente povero: Mia Farrow mette tristezza e/o noia al solo guardarla, e in pratica il film è solo su di lei, con gli altri che sono solamente comprimari.

Insomma, a mio avviso Alice è una delle produzioni meno riuscite di Woody Allen, letteralmente subissata da altri suoi film.

Fosco Del Nero



Titolo: Alice (Alice).
Genere: commedia, surreale, sentimentale.
Regista: Woody Allen.
Attori: Mia Farrow, Joe Mantegna, William Hurt, Judy Davis, Keye Luke, Bernadette Peters, Cybill Shepherd, Alec Baldwin.
Anno: 1990.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 14 gennaio 2015

L’esplosivo piano di Bazil - Jean Pierre Jeunet

Sono un grande fan di Jean Pierre Jeunet da ormai una quindicina d’anni, ossia da quando, nel 2001, vidi Il favoloso mondo di Amelie.
Cui seguirono, poi, i suoi altri film, precedenti e successivi. Tutti, ognuno a suo modo, incantevoli: da DelicatessenLa città dei bambini perduti, da Una lunga domenica di passioni fino a L'esplosivo piano di Bazil, il film recensito quest’oggi.

La prima cosa che colpisce di Jean Pierre Jeunet è che usa quasi sempre gli stessi attori, a cominciare dall’attore feticcio Dominique Pinon (attore che, un po’ per la faccia e un po’ per il cognome, mi sono sempre chiesto come mai non sia stato usato da Francis Veber per i suoi François Pinon), ruotandoli però in quanto a importanza nel singolo film.
E ovviamente introducendone dei nuovi di volta in volta.

Il protagonista de L’esplosivo piano di Bazil è nuovo, ma per modo di dire, visto che, seppur non già utilizzato da Jeunet, è volto ben noto in Francia e in tutto il mondo grazie al successo di Giù al Nord, di cui era anche regista: parlo del simpatico Dany Boon (che peraltro personalmente conoscevo da tempo per via del film di Veber Una top model nel mio letto).

Anche se, a dirla tutta, il ruolo da protagonista avrebbe dovuto essere di Jamel Debbouze, altra vecchia conoscenza de Il favoloso mondo di Amelie, mentre solo successivamente si è andati su Dany Boon, circondato dai vari Dominique Pinon, Yolande Moreau, Julie Ferrier, etc.

Ecco la trama del film in grande sintesi: Bazil ha perso il padre in tenera età per colpa di una mina antiuomo, e da grande è egli stesso vittima di un altro strumento di morte, una pallottola vagante non indirizzata a lui, per colpa della quale si trova senza casa e senza lavoro, costretto a iniziare una vita da barbone.

È tuttavia “raccolto” da Slammer, un altro clochard, ma più “evoluto”, facente parte di una sorta di famiglia di senzatetto che si arrangiano tra materiali di scarto e piccole produzioni… tanto da riuscire ad ottenere, grazie a un bel po’ di inventiva nonché ai talenti individuali, risultati non certo disprezzabili.

Ed è così che il gruppo si unisce alla vendetta personale di Bazil contro i signori della guerra, ricchi e famosi produttori delle suddette armi.

L’esplosivo piano di Bazil è essenzialmente una commedia leggera: per quanto l’argomento di fondo è in realtà molto delicato (armi, guerra, morte, mutilazione), il tutto è affrontato in modo gioviale e umoristico.
E non poteva essere altrimenti dati gli attori in campo.

Tra dialoghi, gag e bizzarrie varie (in questo film ce n’è un campionario intero), il film riempie bene i suoi circa 100 minuti, e non annoia mai. 

Gli manca, devo dire, la bellezza poetica de Il favoloso mondo di Amelie o di Una lunga domenica di passioni, risultando più che altro un Delicatessen dei tempi moderni, meno fantastico e più contemporaneo, anche se alla fine l’energia di fondo è quella… e probabilmente non è un caso che nel film vi sia una (bellissima) citazione proprio a Delicatessen

Per quanto meno ispirato rispetto ad alcuni suoi colleghi, L’esplosivo piano di Bazil è comunque un film di tutto rispetto, che certamente piacerà ai fan di Jean Pierre Jeunet, nonché a chi cerca una commedia gradevole ed originale.

Fosco Del Nero



Titolo: L’esplosivo piano di Bazil (Micmacs à tire-larigot).
Genere: grottesco, commedia.
Regista: Jean Pierre Jeunet.
Attori: Dany Boon, André Dussollier, Nicolas Marié, Dominique Pinon, Jean-Pierre Marielle, Yolande Moreau, Julie Ferrier, Omar Sy, Michel Cremades, Marie-Julie Baup, Urbain Cancelier.
Anno: 2009.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.

giovedì 8 gennaio 2015

Le folli notti del dottor Jerrill - Jerry Lewis

Col film di oggi facciamo un salto indietro nel tempo di circa cinquant’anni: torniamo difatti al 1963 e ci vediamo Le folli notti del dottor Jerrill, diretto e interpretato da Jerry Lewis, al tempo uno degli attori e comici più famosi degli Usa (considerato anzi il comico per eccellenza del dopoguerra).

In questo viaggio indietro nel tempo facciamo peraltro una sosta nel 1996, anno di produzione de Il professore matto, film con Eddie Murphy che riprende buona parte de Le folli notti del dottor Jerrill… e giacché ci stiamo spostando, andiamo fino al 1886, anno in cui Robert Louis Stevenson ha scritto Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde, romanzo da cui i suddetti film si sono ispirati, pur se in chiave umoristica.

Detto tutto ciò, non sarà difficile indovinare la trama di fondo de Le folli notti del dottor Jerrill: Julius Kelp (Jerry Lewis, già recensito in Re per una notte) è un professore di chimica piuttosto svagato e con la testa tra le nuvole, tanto bizzarro che sovente i suoi stessi alunni si prendono gioco di lui. Non lo dileggia però Stella Purdy (Stella Stevens, lei già vista in Una fidanzata per papà), allieva carina e dolce per cui l’uomo ha un debole.

Un po’ le angherie subite, tanto dagli alunni quanto dal preside dell’università, un po’ il desiderio di esser finalmente “ok”, lo spingono a creare una formula chimica che lo trasformerà per un certo periodo di tempo in una sorta di stallone alpha… che ovviamente punterà subito Stella, e che otterrà immediato successo presso tutte le donne… tranne forse la stessa Stella.

Da qui nascono però anche problemi, legati sia alla temporaneità della formula, sia al fatto di dover essere presente in due posti contemporaneamente, come Julius Kelp e come Buddy Love, nome che si è scelto per la sua seconda personalità, quella più vivace e notturna tutta sigarette, alcol, musica al pianoforte e vanagloria.

Le folli notti del dottor Jerrill è un film sostanzialmente innocuo: non pretende di essere chissà cosa, ma raggiunge l’obiettivo di far sorridere spesso, pur se in taluni frangenti è un po’ ingenuo. Mi ha fatto piacere comunque vedere all’opera Jerry Lewis, sorta di Jim Carrey dei tempi (difatti, mi ha ricordato l’attore canadese più che il suo “seguito” Eddie Murphy).

Nel caso, buona visione.

Fosco Del Nero



Titolo: Le folli notti del dottor Jerrill (The nutty Professor).
Genere: commedia, comico, fantastico, sentimentale.
Regista: Jerry Lewis.
Attori: Jerry Lewis, Stella Stevens, Del Moore, Kathleen Freeman, Henry Gibson. Med Flory, Howard Morris, Elvia Allman, Buddy Lester.
Anno: 1963.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 7 gennaio 2015

Vita di Pi - Ang Lee

La recensione odierna è dedicata a un film di due anni fa che ha riscosso un certo successo di pubblico e di critica (numerosi premi vinti, Bafta, Oscar, Golden Globe), anche perché si trattata della trasposizione cinematografica di un romanzo best seller: parlo di Vita di Pi, diretto da Ang Lee (già recensito in Lust caution) e tratto dal romanzo omonimo di Yann Martel, scrittore canadese.

Si tratta peraltro di un libro, e a seguire di un film (per quanto con tratti e accenti un po’ differenti), con dei contenuti introspettivi di una certa valenza, e che anzi oscilla per tutto il tempo tra fede, religione, ragione, istinto dell’uomo… e che inoltre regala allo spettatore diverse possibilità interpretative.

Ma partiamo dalla trama di base del film: Pi, il cui nome per intero è Piscine Molitor Patel, è un adolescente indiano che vive col padre, la madre e il fratello maggiore nella città di Pondicherry, nell'India ex francese. Occupazione della famiglia: la gestione di uno zoo, i cui animali peraltro appartengono alla famiglia stessa e tra i quali risalta la tigre del Bengala Richard Parker… che ha un nome da uomo per un errore di documenti.

Un giorno il padre decide di trasferire la famiglia in Canada, e per questo tutti, animali compresi, s’imbarcano in una nave mercantile giapponese… che però durante una tempesta nell’Oceano Pacifico affonda.
Pi è l’unico che riesce a scampare al naufragio grazie ad una scialuppa… o meglio, è l’unico essere umano, visto che nella suddetta scialuppa ci finiscono anche una zebra, un orango tango, una iena, e la tigre Richard Parker.
Zebra, orango tango e iena li salutiamo subito, e rimangono Pi e Richard Parker, alle prese col difficile compito di sopravvivere a un naufragio che durerà molti mesi

La storia intera è raccontata dal Pi adulto a uno scrittore (che poi sarebbe lo stesso autore del romanzo, Yann Martel), e dunque è un continuo flashback, con brevi richiami al presente narrativo, e colpisce sia per la sua poca verosimiglianza, sia per la bellezza di cui lo spettatore è letteralmente sommerso, tra pesci fosforescenti, paesaggi fluorescenti, tempeste, fulmini, animali di ogni tipo (nel film, oltre ai già citati zebra, orango tango, iena e tigre, si vedono anche delfini, squali, balene, capre, pesci di ogni tipo, lemuri, etc).

Tanta bellezza visiva, nonché tanto coinvolgimento narrativo, che probabilmente si è persa almeno in parte la tensione del libro al vissuto interiore del protagonista, un ragazzo particolarmente attratto dalla fede e dalle religioni (ne praticava tre in contemporanea: induismo, cristianesimo, islam) che si trova a vivere un’esperienza molto difficile, sia per le condizioni oggettive in cui si trova, sia per le scelte che compie a riguardo.

Il film, nei suoi contenuti interiori, parla non di naufragi e tigri, ma di fede e ragione, di serenità e violenza (compresi vegetarianesimo e carnivorismo), di lotta e di accettazione.

Alla fine del film, quando il Pi adulto racconta allo scrittore la versione “alternativa” della storia, si evince che la storia precedente, quella con tigri sulla scialuppa, isole sconosciute di lemuri e pesci fosforescenti, era una grande analogia…

… anche se la sensazione è che questo secondo aspetto sia stato trascurato, raccontato peraltro in un finale frettoloso. In cui, comunque, veniamo a sapere che nella casa del Pi adulto c'è un grande gatto arancione… segno che la tigre-Richard Parker non è del tutto scomparsa dalla vita di Pi, a dispetto del suo addio silenzioso sulla costa del Messico.

Vita di Pi è un film di grande bellezza visiva, e con delle cose importanti da raccontare, anche se, come detto, dato il notevole risultato estetico raggiunto, rischia seriamente di distrarre lo spettatore con i suoi colori, mettendo in secondo piano, se non addirittura in terzo, i contenuti, che erano in realtà il motore centrale del libro originario.

In chiusura, vi lascio con alcune citazioni tratte dal film, che ne testimoniano l'afflato esistenziale.

"Se siete poco concentrate, non potete esprimere l'amore di Dio attraverso la danza.
Sentite il terreno sotto i vostri piedi, spalancate lo sguardo verso l'orizzonte, lasciate che l'energia spirituale pulsi attraverso di voi e si propaghi nel mondo."

"Dio, io mi affido a te, sono il tuo servo.
Qualunque cosa avverrà, voglio conoscerla: mostramela.” 

"Ho perso la mia famiglia, ho perso tutto: mi arrendo."

"Anche quando sembrava che Dio mi avesse abbandonato, stava guardando.
Anche quando sembrava indifferente alla mia sofferenza, stava guardando.
E quando ho superato ogni speranza di salvezza, mi ha dato il riposo e un segno per continuare nel viaggio."

"Io penso che alla fine tutta la vita non sia altro che un atto di separazione."

Fosco Del Nero



Titolo: Vita di Pi (Life of Pi).
Genere: drammatico, surreale, psicologico.
Regista Ang Lee.
Attori: Suraj Sharma, Irrfan Khan, Tabu, Rafe Spall, Adil Hussain, Ayush Tandon, Gérard Depardieu.
Anno: 2012.
Voto: 8.
Dove lo trovi: qui.

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