Slide # 1

Slide 1

Nella vita bisogna avere il coraggio di volare.

Slide # 2

Slide 2

L'unico posto in cui puoi trovare la forza è dentro di te.

Slide # 3

Slide 3

Ogni tanto ricordati di amare qualcuno.

Slide # 4

Slide 4

Se vuoi che il mondo cambi, inizia a darti da fare tu stesso.

Slide # 5

Slide 5

Sai ancora sorprenderti dell'esistenza?

Corso di esistenza

mercoledì 27 dicembre 2017

I Croods - Chris Sanders, Kirk De Micco

La recensione odierna su Cinema e film è dedicata ad uno dei film d’animazione di maggior successo degli ultimi anni: I Croods.
Il successo è testimoniato dall’incasso al botteghino (quasi 600.000 milioni di dollari, un’enormità), dal sequel già programmato, nonché dal curriculum del suo regista Chris Sanders, già regista di Lilo & Stitch e Dragon trainer, nonché dalla sceneggiatura di La bella e la bestia, Aladdin, Il re leone, Mulan e altri film d’animazione di buon successo.

Insomma, è uno che il suo lavoro lo conosce…

Ma veniamo subito alla trama de I Croods: siamo nella preistoria, alle prese con un gruppo di cavernicoli, i Croods per l’appunto, l’unica famiglia superstite in una certa zona non meglio precisata.
La sopravvivenza è dovuta essenzialmente alle premure e alla prudenza di Grug, il padre e capofamiglia, col quale collaborano la compagna Ugga, la figlia Eep, il figlio Tonco, la figlioletta Sandy… e anche la suocera, pur non scorrendo tra i due un gran rapporto.

La loro vita viene sovvertita quando Eep, uscendo di notte da sola, incontra Guy, un giovane nomade, che rivelerà alla ragazza cavernicola che tutto sta per cambiare per via di sommovimenti della terra…
… cosa che in effetti non tarderà a manifestarsi, costringendo la famiglia Croods a viaggiare e soprattutto a rimettersi in discussione, e ciò vale soprattutto per il capofamiglia, il cui ruolo di guida è ora messo in discussione dall’intelligenza di Guy, per il quale peraltro Eep mostra di avere un debole, cosa che causa ulteriori problemi di ego al padre.

I Croods essenzialmente è un film comico per famiglie: il numero di gag visive, nonché di battute varie, è talmente tanto ampio da non lasciare dubbi in tal senso.
Altre componenti completano poi il quadro: quella avventurosa, per via dell’esplorazione cui è costretta la famiglia per sopravvivere, e quella sentimentale per via dell’incontro tra Eep e Guy… anche se l’elemento comico-umoristico la fa da padrone assoluto.

Il film non manca nemmeno di avere alcuni momenti di bellezza per via di alcuni paesaggi panoramici e mozzafiato… ma torno a dire che l’elemento comico così tanto marcato e anzi a volte un po’ terra terra preclude al film più alti traguardi.

Ma il tutto alla fine è un discorso di target, e I Croods ottiene in pieno quanto si era probabilmente prefisso in origine: una storia vivace, sufficientemente divertente, che piacerà senza dubbio ai bambini e a chi apprezza trame vivaci… e magari non troppo intellettuali o raffinate.

Fosco Del Nero



Titolo: I Croods (The Croods).
Genere: animazione, avventura, comico.
Regista: Chris Sanders, Kirk De Micco.
Anno: 2013.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.

martedì 26 dicembre 2017

Sospesi nel tempo - Peter Jackson

La recensione di oggi è dedicata al film Sospesi nel tempo, film del 1996 che ha tre firme inequivocabili: la regia è di Peter Jackson, il futuro regista della trilogia de Il signore degli anelli e de Lo hobbit; la produzione esecutiva è di quel Robert Zemeckis che ha scritto pagine importanti del cinema tra regia (Chi ha incastrato Roger Rabbit, Ritorno al futuro, La morte ti fa bella, Contact, La leggenda di BeowulfForrest Gump, All'inseguimento della pietra verde, etc) e produzione-collaborazione (Interstate 60, Monster house,  etc), e davanti alla macchina da presa c’è quel Michael J. Fox protagonista di una delle saghe di maggior successo di tutti i tempi, ossia Ritorno al futuro… e che solo la malattia del Parkinson, giunta peraltro assai presto, gli ha precluso una ben carriera ben più rilevante.

La malattia gli fu diagnosticata nel 1991, ossia cinque anni prima di Sospesi nel tempo… e difatti il Michael J. Fox fluido ed espressivo della saga di Ritorno al futuro, ma anche dei vari Amore con interessiVoglia di vincere Il segreto del mio successo già non c’era più, nonostante l’attore abbia continuato a girare film, per quanto sempre meno e in ruoli sempre meno impegnativi.

Ma veniamo a Sospesi nel tempo, tratteggiandone in primo luogo la trama: siamo nella cittadina di  Fairwater, dove negli ultimi tempi si sono verificati tante morti sospette. Sospette più che altro per il numero, visto che in tutti i casi trattavasi di attacchi di cuore, alcuni insospettabili, riferiti a persone giovani e in salute.
La cittadina in questione, peraltro, è la stessa che trent’anni prima era stata sconvolta dalla follia omicida di John Charles Bartlett, che in un solo giorno uccise dodici persone in un ospedale… pare aiutato dalla sua fidanzata Patricia, ora relegata agli arresti domiciliari in casa con sua madre. 

Nella suddetta cittadina si muove Frank Bannister, persona capace di vedere gli spiriti rimasti legati al piano materiale, ma che sfrutta questa sua dote non per aiutare, bensì per estorcere denaro alle persone grazie ad alcuni spiriti compiacenti.
Un bel giorno, però, egli vedrà in azione qualcosa che sembra la Morte in persona, e ciò lo porterà ad agire in modo diverso dal suo solito, incoraggiato in questo da Lucy, giovane donna che ha da poco perso il marito per via di uno di quei misteriosi attacchi di cuore…

Sospesi nel tempo è un mix bello e buono: la scena introduttiva fa presagire nientemeno che un film horror, e in effetti il film propone qualcosa di orrorifico e di splatter di tanto in tanto, ma essenzialmente è per buona parte una commedia, con qualche venatura sentimentale.

Ed è una commedia che non risparmia qualche citazione: a parte il contesto che pare ammiccare a Ghostbusters, abbiamo lo stesso regista Peter Jackson che compare in una scena vestito da punk, e inoltre abbiamo Ronald Lee Ermey, il Sergente Maggiore Hartman di Full Metal Jacket, che interpreta una parte che richiama in modo umoristico il personaggio da lui stesso interpretato… e poco importa che in questo caso sia un fantasma.

Complessivamente Sospesi nel tempo non mi è dispiaciuto… anche se ho il sospetto che nella mia valutazione rientri la spontanea simpatia che provo per Michael, che in questa pellicola già non era più il grande Michael del passato, ma che comunque offre qualcosa di buono, lui e la pellicola.

Fosco Del Nero



Titolo: Sospesi nel tempo (The frighteners).
Genere: fantastico, commedia, horror, sentimentale.
Regista: Peter Jackson.
Attori: Michael J. Fox, Trini Alvarado, John Astin, Peter Dobson, Jeffrey Combs: Milton Dammers, Dee Wallace, Jake Busey, Chi McBride, Jim Fyfe.
Anno: 1996.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.

martedì 19 dicembre 2017

Guida per riconoscere i tuoi santi - Dito Montiel

Sono arrivato a vedermi Guida per riconoscere i tuoi santi per via dell’ottimo cast: i due protagonisti principali, Robert Downey Jr. e Shia LaBeouf, che peraltro interpretano lo stesso personaggio in età diverse, già mi bastavano, e la presenza di Dianne Wiest e Rosario Dawson ha impreziosito il “curriculum” del film girato da Dito Montiel nel 2006…

… e basato proprio sul suo romanzo autobiografico di qualche anno prima.
Guida per riconoscere i tuoi santi dunque racconta la storia della giovinezza del regista, e non è una storia facile a quanto sembra.

Andiamo subito a tratteggiare in sintesi la trama del film: siamo nel Queens del 1986, anni luce lontani dagli scintillii nella New York intellettuale.
Mentre a Manhattan ci si dedica a mostre e concerti, nel Queens si è alle prese con microcriminalità, bande, droga, o semplicemente noia.

Il giovane Dito (il sempre bravo Shia LaBeoufLa battaglia di Shaker HeightsConstantine, Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo) è preso tra due fuochi: da un lato la famiglia e gli amici del posto, tra il focoso Antonio e l’innamorata Laurie, dall’altro i sogni di vita migliore, e il nuovo amico Mike, con cui sta progettando di andare in California per fare i musicisti.

In California in effetti Dito ci andrà, e il film si divide per l’appunto tra le scene dell’infanzia del giovane Dio e quelle del Dito invecchiato (Robert Downey Jr., anche lui sempre bravo; Uno strano caso4 fantasmi per un sognoSherlock HolmesA scanner darkly) che torna nel suo vecchio quartiere per la prima volta dopo ben quindici anni… e non trova solo fiori ad accoglierlo, anzi.

Guida per riconoscere i tuoi santi essenzialmente è una storia di riappacificazione col proprio passato, esteriore (i vari personaggi, familiari e amici) e interiore (il proprio senso di appartenenza, la serenità interna), e in tale processo ci passa di tutto: sangue, morte, insulti, litigi, col film che non risparmia allo spettatore violenza fisica e soprattutto verbale.
In effetti, i dialoghi sono un continuo sproloquio offensivo e volgare, che sarà stato pure caratteristico di quel quartiere e di quei tempi, ma che certamente non è una compagnia elevante, diciamo così.

In effetti, il film mi ha lasciato molto distante, per non dire annoiato quasi tutto il tempo; anzi, mi chiedo sempre come mai vengano prodotti film di questo tipo… anche se poi la risposta la so già in partenza: semplicemente, tante persone hanno ancora bisogno di nutrirsi di questo tipo di energia bassa (violenza, volgarità, confusione interiore).
Per cui che vengano pure prodotti; io mi limito ad avvisare che cosa si troverà in essi.

Fosco Del Nero



Titolo: Guida per riconoscere i tuoi santi (A guide to recognizing your saints).
Genere: drammatico.
Regista: Dito Montiel
Attori: Robert Downey Jr., Shia LaBeouf, Chazz Palminteri, Dianne Wiest, Channing Tatum, Melonie Diaz, Martin Compston, Rosario Dawson, Eric Roberts.
Anno: 2006.
Voto: 4.5.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 13 dicembre 2017

Monsieur Lazhar - Philippe Falardeau

Monsieur Lazhar è forse il primo film canadese che recensisco nel blog…  o comunque a mia memoria non ne ricordo altri.
Si tratta di un film girato nel 2011, di genere drammatico, seppur drammatico in modo lieve, cui sono arrivato visionando la filmografia della giovane attrice Sophie Nélisse, che mi aveva ben impressionato nell’ottimo Storia di una ladra di libri, di due anni seguente, e che anche in questo film mi è piaciuta, seppur ancor più giovane.
Evidentemente la ragazzina è un talento naturale, di cui sentiremo parlare ancora in futuro.

Ma bando alle chiacchiere, e andiamo subito a tratteggiare la trama sommaria di  Monsieur Lazhar: una classe elementare di una scuola di Montréal, nel Québec, in Canada, è sconvolta dal fatto che la maestra si è uccisa, peraltro impiccandosi proprio nell’aula scolastica.
Ad essere toccati dalla cosa son soprattutto i due bambini Alice e Simon, per quanto per motivi differenti, ma tutto l’ambiente, dai professori ai genitori dei bambini, è scosso.

La preside peraltro ha qualche difficoltà a trovare un sostituto, quando si presenta Bashir Lazhar, un uomo algerino che è scappato dal suo paese per via di alcune minacce di morte.
Pur tra tanti dubbi, dovuti soprattutto alla diversità culturale, la preside assegna il posto a Lazhar, il quale per certi versi sembra un po’ all’antica e fuori contesto, mentre per altri si rivela proprio la persona giusta per “elaborare il lutto”… anche perché lui stesso ha una perdita da superare, e non  una perdita da poco.
Tanto che, poco a poco, insegnante e bambini riescono a superare il loro passato e ad andare avanti.

Monsieur Lazhar è un film molto dolce e tenero: un po’ perché lo è il protagonista principale, un po’ perché lo è il contesto: il dramma della perdita viene affrontato con semplicità, se vogliamo, ma una semplicità positiva, quasi commovente, che a fine film ti fa dispiacere il fatto che sia finito…

… cosa curiosa riguardo a un film che a sua volta si incentra sull’elaborazione di una fine e di una perdita.

Anche qui, pur senza avere il ruolo centrale, Sophie Nélisse fa la sua parte alla grande, contribuendo decisamente all’atmosfera del film, e anzi dandogli spessore.

In effetti, Monsieur Lazhar è l’esempio di come si possa realizzare un buon film, interessante e dai contenuti di spessore, in modo semplice, senza il bisogno di trame complesse o di un budget costoso.
E, non a caso, esso ha ricevuto buoni riconoscimenti, tra nomination e premi vari.

Fosco Del Nero



Titolo: Monsieur Lazhar (Monsieur Lazhar).
Genere: drammatico.
Regista: Philippe Falardeau.
Attori: Mohamed Fellag, Sophie Nélisse, Émilien Néron, Brigitte Poupart, Danielle Proulx, Jules Philip, Francine Ruel, Louis Champagne.
Anno: 2011.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.

martedì 12 dicembre 2017

La spada nella roccia - Wolfgang Reitherman

Tra i film d’animazione di tutti i tempi, ma anche tra i film cui sono stato più affezionato nella mia infanzia, ha un posto d’onore La spada nella roccia, film diretto nel 1963 da Wolfgang Reitherman (Robin Hood, Gli aristogatti, Il libro della giungla), e sorta di riscrittura fantasy e musicale del mito di Re Artù.

Anzi, per esser più precisi, non riscrittura del mito di Re Artù, ma scrittura della sua fanciullezza, di quegli anni mai descritti dalle leggende “adulte”.

Ecco così che Artù è un giovanissimo sguattero nel castello di Ser Ettore, e si appresta a far da scudiero a Ser Caio nelle giostre che si terranno a breve a Londra, utili a designare il nuovo Re d’Inghilterra, titolo vacante da lungo tempo dal momento che nessuno ha saputo estrarre la famosa spada nella roccia, la quale darebbe diritto immediato al titolo regale.
Se non fosse che Artù un bel giorno incontra Merlino, giunto in quei luoghi proprio per il sentore di qualcosa di importante e installatosi nella torre del suddetto castello: torre tanto vacillante, quanto fascinosa.
A far compagnia al mago Merlino, il gufo Anacleto, apparentemente burbero ma in realtà assai generoso e utile.
Artù, il quale però è chiamato dai suoi signori col soprannome di Semola, avrà così l’opportunità di ricevere un’educazione… sia tradizionale sia magica, visto che finirà nel corpo di un pesce e in quello di uno scoiattolo, e vedrà tante altre cose bizzarre.

La spada nella roccia è un film magico, nel senso letterale del termine e in quello immaginifico: immagini, parole e musica sono praticamente immortali, e configurano l’esempio perfetto di film educativo.
L’unico che gli sta alla pari tra i classici è probabilmente Mary Poppins: e non parlo solo di qualità e di fama, ma di contenuti. 

Il film d’animazione di Reitherman, infatti, propone, oltre che intrattenimento, tanti spunti: abbastanza tradizionali, e non tanto di tipo “esistenziale”, ma comunque sufficienti a porlo molti gradini sopra la quasi totalità dei film.

Ecco, a tal proposito, alcune frasi del film che mi sono segnato.

"Quel ragazzo è uno spiritaccio: ha molto fegato, si butta anima e corpo in ogni cosa che fa... e queste doti sono preziosi una volte avviati nella direzione giusta."

"Vivi tra due livelli, da qualche parte tra il cielo e la terra."

"Il destino lo guiderà fino a me perché io possa a mia volta guidarlo al suo legittimo posto nel mondo."

"Cultura, saggezza: questa è la vera forza.
Istruzione superiore: ecco che ci vuole."

"Dipende da te dove arriverai.
Se non proverai non lo saprai mai."

"Destr, sinistr, destr, sinistr, uno, due.
Qui e lì, notte e dì, questo il mondo fa girar.
Bianco e ner, falso e ver, questo il mondo fa girar.
Per ogni qua c’è sempre un là, per ogni se c’è sempre un ma.
Per ogni su c’è sempre un giù, per ogni men c’è sempre un più.
Più o men, vuoto o pien, questo il mondo fa girar."

"Sempre in alto mira e va, esci dalla mediocrità.
Non star solo ad aspettar ciò che per caso puoi trovar.
Se metti buona volontà, il mondo tutto ti darà.
Però se tu non rischierai, nulla mai rosicherai."

"– Vedi, figliolo, l'amore è una forza potentissima.
– Più forte della gravità?
– Beh, sì, a modo suo. Io direi che è la forza più grande del mondo."

"Conoscenza e saggezza sono il potere."
"Esatto, quindi continua a studiare."

Immortale nella memoria è inoltre il duello magico tra Merlino e Maga Magò, sorta di confronto in chiave infantile tra la magia bianca (servizio agli altri) e la magia nera (servizio a sé).

Aggiungo anche che , a livello di simbolo, togliere la spada fuori dalla roccia significa estrarre la mente-essenza dalla terra-materia, per poi elevarla verso l’alto, ossia verso il cielo, ossia verso lo spirito. Non a caso, il personaggio parte Semola e poi diviene Re Artù, in una sorta di passaggio iniziatico guidato dal suo precettore... il quale non a caso è un mago.

La spada nella roccia, se vogliamo, ha un solo difetto: dura solamente 70 minuti, davvero poco.
Ma quel poco è bastevole per renderlo uno dei film d’animazione (e non solo) più belli di sempre.

Fosco Del Nero



Titolo: La spada nella roccia (The sward in the stone).
Genere: animazione, fantasy, avventura, musicale.
Regista: Wolfgang Reitherman.
Anno: 1963.
Voto: 9.
Dove lo trovi: qui.

martedì 5 dicembre 2017

Outlander - L’ultimo vichingo - Howard McCain

Fin da ragazzino sono appassionato di fantascienza e fantasy, e in generale delle ambientazioni fantastiche, per cui se vi è l’occasione di vedere un bel film dei suddetti generi, non mi tiro indietro…

… fermo restando che vedere un film davvero bello di entrambe le suddette categorie è cosa non scontata, data l’inflazione e la massificazione che hanno subito da quando hanno avuto successo al cinema.

Nel 2008 il regista Howard McCain (che non conosco) ci ha provato con Outlander - L’ultimo vichingo, un film di fantascienza con lievi componenti fantasy e horror.

In realtà di fantasy non c’è molto: solo un accenno di atmosfera dato dall’ambientazione nordico-vichinga e il riferimento ai draghi… che in realtà non sono draghi, ma creature extraterrestri arrivate sulla Terra del 700 d.C. su una navicella spaziale, ed ecco anche la componente orrorifica, comunque lieve anch’essa.

Ecco in breve la trama di Outlander - L’ultimo vichingo, film originariamente destinato al mercato dell’homevideo (quindi di non elevata ambizione), ma poi fatto uscire al cinema: l’astronauta Kainan (James Caviezel), non terrestre ma umano, giunge sulla Terra nel 708 d.C. e finisce in Norvegia, in mezzo all’epoca vichinga. Viene subito fatto prigioniero da Wulfric, prestante guerriero della tribù di Re Rothgar (il sempre bravo John Hurt; Harry Potter e la pietra filosofale, Hellboy, Oxford murders, Orwell 1984), e destinato ad essere il futuro re, e probabilmente marito di Freya (Sophia Myles), figlia del vecchio re.
Si scopre subito che il villaggio vicino è stato distrutto in modo violento, e ovviamente Kainan è subito il primo sospettato, anche se quasi subito riesce a convincere i vichinghi che è stato una specie di drago, al quale per l’appunto lui stava dando la caccia.

In realtà non era stato un drago, ma Moorwen, una creatura aliena fortissima, salita di nascosto sull’astronava di Kainan e capace di distruggere intere comunità: lo aveva fatto nel pianeta di Kainan e lo sta facendo ora tra i vichinghi.
Lo so, sa molto di Alien, e infatti è così, anche se poi il prosieguo per come si sviluppa sa più di Predator, con l’alieno da un lato e gli uomini dall’altro.

Outlander - L’ultimo vichingo è un film senza infamia e senza lode: svolge benino il suo compito, ma è un compito esclusivamente compilativo, senza alcuna innovazione e senza alcuna eccellenza.
Anzi, va detto che il film si giova di alcune individualità a livello di recitazione, altrimenti sarebbe stato ancora più mediocre, cosa che comunque è.

Tra l’altro, è scontato in quasi ogni situazione, e anche il finale non smentisce tale elemento di “medietà”: il film scorre, si fa vedere, ma non si segnala per niente. Almeno però non devasta lo spettatore, il che è già qualcosa…

La mancanza di originalità peraltro è certificata dal fatto che uno dei personaggi secondari è chiamato Boromir: uno sforzo di fantasia in più potevano certamente farlo.

Fosco Del Nero



Titolo: Outlander - L’ultimo vichingo (Outlander).
Genere: fantascienza, fantasy, drammatico, horror.
Regista: Howard McCain.
Attori: James Caviezel, Sophia Myles, John Hurt, Jack Huston, Ron Perlman, Owen Pattison, Ted Ludzik, Aidan Devine, Michael Fox, Katie Bergin, Todd Schroeder.
Anno: 2008.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui

mercoledì 29 novembre 2017

Magnolia - Paul Thomas Anderson

Magnolia è uno di quei film che proprio non mi piace.
E non perché sia realizzato male, o interpretato da attori di basso livello, ma semplicemente perché spinge esclusivamente sul pedale del dramma, della tristezza, dello squilibrio psicologico… e basta, senza offrire altro che dramma umano, personale o interpersonale.

Ed è un’offerta ben misera, che so benissimo che esiste perché esiste una domanda in tal senso, altrimenti tali film semplicemente non verrebbero prodotti, ma è comunque buona cosa essere consapevoli e dire a voce alta come stanno le cose: Magnolia è un film dal forte dramma interiore, in cui ogni singolo personaggio è squilibrato interiormente, e in modo palese, col tutto che è utile a nutrire le persone che hanno bisogno di questo cibo, per dirla così.

Ma andiamo con ordine, partendo dalla trama del film, realizzato da Paul Thomas Anderson nel 2010: siamo a Los Angeles, in California, e siamo sulle tracce di numerosi personaggi, le cui vite in qualche modo si intrecciano l’una con l’altra, quando in modo lieve, quando in modo più intenso.
In totale ne seguiamo nove, che vanno da Frank T.J. Mackey (Tom Cruise), sorta di conferenziere-autore a metà strada tra la seduzione e l’automotivazione, a Linda Partridge (Julianne Moore), giovane moglie di un anziano malato terminale e disperata per la sua situazione, da Donnie Smith (William H. Macy), ex enfant prodige dei telequiz americani e ora ridotto a un lavoro come dipendente e ai debiti personali, da Jimmy Gator (Philip Baker Hall), conduttore televisivo a sua volta malato terminale nonché a sua volta con numerosi problemi in famiglia, a Jim Kurring (John C. Reilly), poliziotto con un forte senso del dovere ma anche una sorta di insoddisfazione e senso di inadeguatezza interiore.

In tutto i personaggi centrali sono nove… e nessuno di essi è equilibrato e sereno, e anzi ciascuno vanta una propria turba psicologica… e anzi animica, direi, giacché ognuno porta un male dell’anima dentro di sé.

L’intero film consiste nel rimbalzare dall’una all’altra storia, dall’uno all’altro dramma, tra pianti, sceneggiate, parolacce, e debolezze umane sparse.

Se questa è la base, per me ha poco valore che il cast e la recitazione siano di buon livello, tra Tom Cruise (Vanilla skyEyes wide shutOblivion, La guerra dei mondi), Julianne Moore (Il grande LebowskiEvolutionBoogie nights - L’altra Hollywood), William H. Macy (Pleasantville, Fargo, Seabiscuit) e gli altri attori, così come ha poco valore il livello registico, giacché ciò che domina, e in negativo, è l’energia bassissima presente nella pellicola.

Insomma, per conto mio Magnolia e Paul Thomas Anderson sono bocciati in modo netto.

Fosco Del Nero



Titolo: Magnolia (Magnolia).
Genere: drammatico.
Regista: Paul Thomas Anderson.
Attori: Jason Robards, Julianne Moore, Tom Cruise, Philip Baker Hall, John C. Reilly, Michael Bowen, Jeremy Blackman, Alfred Molina, Philip Seymour Hoffman.
Anno: 2010.
Voto: 4.
Dove lo trovi: qui.

martedì 28 novembre 2017

Dragon trainer - Chris Sanders, Dean DeBlois

Altro film d’animazione proposto su Cinema e film: stavolta siamo in compagnia di Dragon trainer, film della Dreamworks realizzato nel 2010.

Piccola premessa, che immagino si sia capita dalle precedenti recensioni: quando guardo un film d’animazione non mi attendo un prodotto per bambini, anagrafici o intellettuali, ma un prodotto che può anche indirizzarsi a un pubblico giovane, ma che comunque deve avere qualcosa da dire a tutti.
In termini di immaginazione, di avventura, di umorismo, di contenuti interiori.

Ecco perché apprezzo film d’animazione come Rango, I figli della pioggiaThe boy and the beast, mentre film come Frozen - Il regno del ghiaccio, per dirne uno, mi lasciano totalmente deluso e distaccato.

Vediamo come se la cava Dragon trainer in tale contesto, e partiamo dalla sua trama sommaria: siamo sull’isola di Berk, nordica e fredda, e siamo in mezzo a un villaggio di vichinghi, popolo il cui unico obiettivo, sia in termini di sopravvivenza sia in termini di soddisfazione personale, è quello di uccidere il maggior numero di draghi possibile.

Se il capo del villaggio, Stoick, è campione in tal senso, grazie alla sua forza fisica e al suo coraggio, suo figlio Hiccup è l’esatto contrario, e infatti è fonte di dispiacere e di preoccupazione sia per il padre che per tutto il villaggio, giacché tende sempre a mettersi nei guai e a combinare pasticci.
In lui, è forte il desiderio di essere come gli altri vichinghi e di sentirsi da loro accettato, ma è altrettanto forte la sensazione di essere diverso.

Cosa che si vedrà in pieno quando il giovane avrà l’occasione di interagire con un drago, uno dei più pericolosi tra tutti: una "furia buia"…
… con il quale Hiccup, in disparte, avvierà un rapporto personale vero e proprio, tanto che “Sdentato” diventerà il suo miglior amico.
Peccato che dal ragazzo ci si attenda che uccida i draghi, non che ci faccia amicizia.

Il canovaccio di Dragon trainer è abbastanza banale, se vogliamo: il giovane diverso dal resto del suo gruppo di appartenenza, che da un lato vuol essere accettato ma dall’altro vuol percorrere la sua strada personale.
Anche il rapporto tra i due protagonisti, umano e drago, è un cliché, sfruttato e sfruttato a più riprese (dico, il rapporto tra uomo e animale, drago o meno che sia).

Quanto all’avventura, siamo nella banalità anche qui, nel senso che vi è una parte cattiva, e poi i buoni che lottano per difendersi… anche se qui vi è perlomeno un qualche sovvertimento dei ruoli, diciamo così.

Ciò in cui Dragon trainer eccelle, ed è ciò che lo tiene a galla, è un ritmo rapido e veloce, condito da numerose gag visive e verbali, che lo rendono piacevole e discretamente divertente.
Non è nato per essere un capolavoro, ma perlomeno riesce nell’intento di essere un buon prodotto cinematografico.

È un peccato però, e questo lo penso dell’80% dei film di animazione, che tanto dispendio tecnologico venga messo al servizio del solo intrattenimento, senza quell’originalità e quella profondità che farebbero fare il salto di categoria verso livelli superiori.

Ma immagino sia tutta una questione di target e di obiettivi, anche economici… e difatti Dragon trainer ha incassato molto, e ha inoltre generato un seguito già uscito e un altro seguito in programma.

Fosco Del Nero



Titolo: Dragon trainer (Dragon trainer).
Genere: animazione, fantastico, commedia.
Regista: Chris Sanders, Dean DeBlois.
Anno: 2010.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.

martedì 21 novembre 2017

Paris, je t’aime - Tristan Carné, Emmanuel Benbihy

Non amo molto i cortometraggi, per il semplice motivo che vi è poco tempo per sviluppare qualcosa di bello.
E amo ancora meno i film collettivi, dal momento che la diversità di registi rende il tutto ancora più spezzettato e disunito.

Tuttavia, mi sono visto il film collettivo Paris, je t’aime, nato da un’idea di Tristan Carné e comprensivo di ben diciotto brevi episodi… cosa che credo sia un record.

Tra i vari registi cui sono affidati i vari episodi, alcuni nomi di spicco, come i fratelli Coen (Il grande LebowskiFargoBurn after reading - A prova di spiaFratello, dove sei?A serious man), Alfonso Cuaròn (Harry Potter e il prigioniero di AzkabanI figli degli uominiGravity, Y tu mama tambien), Julio Medem (Gli amanti del circolo polare, Lucia y el sexo), Vincenzo Natali (Cypher, Splice, The cube), Gus Van Sant (Elephant), e persino Wes Craven (Le colline hanno gli occhi, Nightmare - Dal profondo della notte, Scream), noto per i suoi film horror… anche se l’unico episodio horror della “compilation” è quello di Vincenzo Natali.

Così come anche il cast di attori è di prestigio. Tra gli altri: Fanny Ardant (Nessuna notizia da Dio8 donne e un mistero), Steve Buscemi (Le iene, Big fish, The island), Willem Dafoe (C'era una volta in Messico, L'ombra del vampiro, Grand Budapest Hotel, Il luogo delle ombre, Daybreakers - L'ultimo vampiro, L'ultima tentazione di Cristo), Bob Hoskins (Chi ha incastrato Roger RabbitSirene, Brazil), Emily Mortimer (Match point, Faccia a faccia), Nick Nolte (Peaceful warrior - La forza del campione, In fuga per treSpiderwick - Le cronache), Natalie Portman (Closer, V per vendetta, Star wars - La minaccia fantasma, ), Elijah Wood (Il signore degli anelliSin City, Oxford murders - Teorema di un delittoOgni cosa è illuminata), Gérard Depardieu (Sta' zitto, non rompere, La capra, Le placard - L'apparenza inganna, Nemico pubblico N.1 - L'istinto di morte).

Ecco la lista dei diciotto episodi che compongono il film, in ordine di apparizione, peraltro ognuno dedicato a un quartiere della capitale francese:
- Montmartre, Bruno Podalydès,
- Quais de Seine, Gurinder Chadha,
- Le Marais, Gus Van Sant,
- Tuileries, Ethan Coen e Joel Coen,
- Loin du 16ème, Walter Salles e Daniela Thomas,
- Porte de Choisy, Christopher Doyle,
- Bastille,  Isabel Coixet,
- Place des Victoires, Nobuhiro Suwa,
- Tour Eiffel, Sylvain Chomet,
- Parc Monceau, Alfonso Cuarón,
- Quartier des Enfants Rouges, Olivier Assayas,
- Place des Fêtes, Oliver Schmitz,
- Pigalle, Richard LaGravenese,
- Quartier de la Madeleine, Vincenzo Natali,
- Père-Lachaise, Wes Craven,
- Faubourg Saint-Denis, Tom Tykwer,
- Quartier Latin, Frédéric Auburtin e Gérard Depardieu,
- 14e arrondissement, Alexander Payne,

E va detto pure che due episodi che erano stati girati non sono stati inclusi nel film.

Quanto al genere, come facile immaginare i vari filmati sono molto disomogenei l’uno rispetto all’altro, oscillando tra commedia e dramma, tra realismo e surrealismo, tra amore e violenza.

Personalmente, ho apprezzato soprattutto gli episodi dei fratelli Coen, di Natali, di Cuaron, di Craven, di Tykwer e di Payne.

Paris, je t’aime, in definitiva, è un film consigliato a chi ama Parigi o a chi vuol vedere qualcosa di sperimentale, e che non esige per forza una storia unitaria.

Fosco Del Nero



Titolo: Paris, je t’aime (Paris, je t’aime).
Genere: drammatico, commedia, surreale.
Registi: Olivier Assayas, Christoffer Boe, Sylvain Chomet, Ethan Coen, Joel Coen, Isabel Coixet, Alfonso Cuaròn, Jean-Luc Godard, Agnès Jaoui, Richard LaGravenese, Julio Medem, Anne-Marie Miéville, Vincenzo Natali, Alexander Payne, Sally Potter, Walter Salles, Oliver Schmitz, Nobuhiro Suwa, Daniela Thomas, Tom Tykwer, Gus Van Sant, Wes Craven.
Attori: Fanny Ardant, Juliette Binoche, Steve Buscemi, Sergio Castellitto, Willem Dafoe, Ben Gazzara, Bob Hoskins, Emily Mortimer, Nick Nolte, Natalie Portman, Miranda Richardson, Gérard Depardieu, Maggie Gyllenhaal, Ludivine Sagnier, Elijah Wood.
Anno: 2006.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 15 novembre 2017

Boxtrolls - Le scatole magiche - Graham Annable, Anthony Stacchi

Ultimamente mi sono dato ai film d’animazione, visto che non ne vedevo da molto tempo e quindi avevo una discreta lista da cui attingere.

È così che negli ultimi mesi sono passati sul blog i vari The secret of Kells (incantevole), Momo alla conquista del tempo (mal riuscito), Rango (brillante), Ralph Spaccatutto (sufficiente), Zootropolis (divertentissimo), Inside out (vivace), The boy and the beast (magnifico), Planet 51 (carino) e Frozen - Il regno del ghiaccio (infantile).

Quest’oggi è il turno di Boxtrolls - Le scatole magiche, film del 2014 realizzato con la tecnica della stop-motion: vediamo come se l’è cavata.

Partiamo dalla trama di quello che è un film d’animazione e fortemente fantastico come genere: siamo nella città di stile vittoriano di Ponte Cacio, alle prese con coprifuoco e terrore per via degli spaventosi "boxtrolls", strane creature dentro delle scatole che escono di notte a prendere tutti i congegni meccanici che trovano.
La popolazione è terrorizzata, cosicché il sindaco Lord Gorgon-Zole, dà mandato ad Archibald Arraffa  di eliminarli tutti… in cambio di una sorta di titolo onorifico.

Dopo poco, tuttavia, lo spettatore si rende conto che i boxtrolls sono creature innocue e pacifiche, e che anzi sono le vittime della cattiveria di Archibald Arraffa, nonché dell’ingenuità di tutta la popolazione, sobillata in questo anche da una famosa cantante… che poi è sempre Archibald Arraffa sotto mentite spoglie.
A sovvertire le sorti della situazione, e ad evitare la sparizione di tutti i boxtrolls, ci pensano la figlia del governatore Winnie e Uovo, ragazzo allevato dai boxtrolls fin da piccolo, tanto che egli si crede uno di loro.

Partiamo dalla base: l’aspetto visivo.
Boxtrolls - Le scatole magiche è realizzato in modo fantastico, ed è davvero bello vederlo, sia negli sfondi fermi, sia nelle immagini in movimento.
D’altronde, dietro il film c’è lo Studio Laika, già produttore dell’ottimo Coraline e la porta magica e del discreto Paranorman.

Secondo punto: la sceneggiatura è buona: sufficientemente originale e sufficientemente interessante, anche se non memorabile.
Idem dicasi per i personaggi: ben realizzati, ma non memorabili.

Terzo punto, che poi è quello che lo limita: il film non è eccessivamente divertente da un lato, né ha una profondità particolare dall’altro. Insomma, non eccelle né per intrattenimento, né per aspetto didattico-introspettivo, ragione della sua valutazione non eccelsa.
Si salvano in tal senso solo i dialoghi tra Mr. Pasticcio e Mr. Trota, due tirapiedi di Archibald Arraffa che ogni tanto si pongono il problema di chi sono i buoni e chi i cattivi.

Nel complesso, il film si guadagna una discreta valutazione per via dell’ottima realizzazione, ma Boxtrolls - Le scatole magiche non è a mio avviso un film imperdibile.

Tra gli ultimi film d’animazione visti, continuano a dominare la classifica The secret of Kells,  RangoZootropolis e The boy and the beast (il primo per l'atmosfera e la bellezza visiva, il secondo per simbolismo e bellezza interiore, il terzo per il connubio tra realizzazione e divertimento, il quarto per la sceneggiatura) mentre Boxtrolls - Le scatole magiche si accoda al gruppo che segue a distanza, non distinguendosi in nessun senso.

Fosco Del Nero



Titolo: Boxtrolls - Le scatole magiche (The boxtrolls).
Genere: animazione, fantastico, grottesco, commedia.
Regista: Graham Annable, Anthony Stacchi.
Anno: 2014.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.

martedì 14 novembre 2017

L’attimo fuggente - Peter Weir

Non mi ero mai visto per intero L’attimo fuggente, ma ne avevo visto solo spezzoni, per il semplice fatto che non mi aveva mai ispirato.
Robin Williams, uno dei suoi protagonisti, per quanto qui un po’ defilato e sullo sfondo, è mai stato uno dei miei attori preferiti, per cui non avevo neanche quell’attrattiva.
Nemmeno il fatto che il film fosse spesso consigliato come film didattico, e anzi proprio di genere esistenziale, mi aveva spinto a vederlo… fino ad ora.

Ebbene, tutte le mie impressioni di base sono state confermate, compresa la mia reticenza inconscia a non considerarlo come film “esistenziale”.

Ma andiamo con ordine, partendo dalla trama sommaria: siamo nel New England del 1959, e segnatamente nella scuola di Welton, una scuola superiore rinomata per i suoi risultati e per la preparazione offerta alla futura università, oggetto di desiderio di molte famiglie benestanti e altolocate.
È una scuola maschile, peraltro, il che ci propone protagonisti quasi esclusivamente maschili, con l’eccezione di qualche madre di famiglia e di qualche ragazza di una vicina scuola mista.

I protagonisti della storia sono diversi: si tratta di un gruppo di ragazzi della suddetta scuola, tutti tra i sedici e i diciassette anni, tra cui spiccano Neil Perry, Todd Anderson e Knox Overstreet.
Ma vi sono anche Charlie Dalton, Richard Cameron, Steven Meeks, e Gerard Pitts.
Su di essi acquisisce via via una forte influenza il professor John Keating (Robin Williams; Al di là dei sogni, L’uomo bicentenario, Patch Adams, La leggenda del re pescatore), il nuovo insegnante di letteratura, il quale li indirizza al pensare con la propria testa e al non conformismo. Nonché alla bellezza delle poesia e della vita.

Peccato che l’ambiente in cui essi vivono, ragazzi e professore, sia tutt’altro che libertario, tanto che due delle quattro parole d’ordine dell’istituto sono "disciplina" e "tradizione", cosa che porterà problemi sia agli uni che all’altro.
Più che problemi, in verità: veri e propri drammi...

Essenzialmente L’attimo fuggente è un ottimo film: molto ben realizzato, molto ben recitato, con un’ambientazione convincente e una storia intrigante.
Vi sono presenti inoltre molte citazioni o motteggi che hanno un effettivo valore educativo e ispirante, anche se non ci indirizziamo mai sull'esistenziale come mi era stato erroneamente detto da molti; in compenso, nell'indicare libertà e bellezza il film ha certamente un suo valore e in questo senso può insegnare e trasmettere qualcosa.

Eppure, c’è un però, il quale è un però molto simile a quello del film Into the wild: i protagonisti finiscono male ed effettuano scelte autodistruttive (in questo film persino ipocrite), il che contraddice in pieno quanto “insegnato” nella storia.
Nonostante la scena finale della gratificazione consolatoria da parte dei ragazzi, che si alzano in piedi sui tavoli per solidarietà nei confronti del loro professore, il messaggio inconscio che passa è questo: agisci così e avrai problemi. 
L’energia che passa come sfondo è questa: è meglio conformarsi e obbedire, giacché se ti comporti altrimenti otterrai problemi ed eventi negativi.

Il messaggio negativo non sta solo nei problemi esteriori (punizioni, espulsioni, etc) ma anche e soprattutto nella mancanza di forza interiore (tradimento, suicidio, etc): in tal senso la storia insegna in senso inverso; prima insegna due passi da un lato, e poi ne insegna cinque dall'altro lato, come fosse un gambero che va all'indietro.

Ciò, dal mio punto di vista, rende il prodotto in parte educativo e in parte diseducativo; o, come minimo, "educativo con riserva", tenendo ben presente i fattori esposti.
Con molta riserva, a dirla tutta, dal momento che uno dei protagonisti, forse quello che aveva subito più di tutti l'influenza del professore, si suicida: d'accordo che il gruppo si chiamava la "setta dei poeti morti"... ma il ragazzo lo ha preso troppo alla lettera.

Ad ogni modo, mettendo da parte gli elementi negativi-diseducativi evidenziati, ho segnato le citazioni più ispiranti del film, e con esse chiudo la recensione de L’attimo fuggente, il quale, comunque, come film mi è piaciuto.

“Cogli la rosa quand’è il momento.”

“Cogliete l’attimo.
Rendete straordinaria la vostra vita.”

“Qualunque cosa si dica in giro, parole e idee possono cambiare il mondo.”

“Il potente spettacolo continua, e tu puoi contribuire con un verso.
Quale sarà il tuo verso?”

“È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarlo da un’altra prospettiva.”

“Dovete combattere per trovare la vostra voce.
Più tardi cominciate a farlo, più grosso è il rischio di non trovarla affatto.
Molti uomini hanno vita di quieta disperazione: non vi rassegnate a questo.”

“Osate cambiare, cercate nuove strade.”

“Due strade trovai nel bosco, e io scelsi la meno battuta.
È per questo che sono diverso.”
(citazione di Robert Frost, poeta statunitense)

“C'è un tempo per il coraggio e un tempo per la cautela... e il vero uomo sa come distinguerli.”

Fosco Del Nero 



Titolo: L’attimo fuggente (Dead poets society).
Genere: drammatico, psicologico.
Regista: Peter Weir.
Attori: Robin Williams, Ethan Hawke, Norman Lloyd, Robert Sean Leonard, Josh Charles, Gale Hansen, Dylan Kussman, Allelon Ruggiero, James Waterston.
Anno: 1989.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.

martedì 7 novembre 2017

La comunidad - Intrigo all'ultimo piano - Alex de la Iglesia

Finora ho visto due film di Alex de la Iglesia, e mi hanno intrigato parecchio entrambi: parlo di Crimen perfecto - Finchè morte non li separi e di Oxford murders - Teorema di un delitto.
Ho deciso quindi di fare un salto indietro di qualche anno andando a un film del 2000, La comunidad - Intrigo all'ultimo piano.

Siamo in perfetto stile Crimen perfecto: ambientazione spagnola, abbastanza contenuto in quanto a scenografia e personaggi, e soprattutto un genere grottesco che non disdegna qualche episodio macabro.

Con l’eccezione di quest’ultimo punto, è un mix che mi piace molto… anche se devo dire in tutta onestà che Crimen perfecto era nettamente meglio di questo La comunidad, e ne sembra quasi un’evoluzione in termini di stile e di lavoro.

Trame completamente differente, per carità, però si intravede un’evoluzione nel lavoro di Alex de la Iglesia, a svantaggio de La comunidad, che nasce da un’idea tutto sommato originale, ma che la sviluppa in modo un po’ raffazzonato, e con tante concessioni alla credibilità, dal momento che la sceneggiatura presenta parecchie falle.

Ma ecco la trama: Julia (la brava Carmen Maura, già vista in Volver e ne Le donne del sesto piano) è un’agente immobiliare incaricata di vendere un appartamento, che è appartamento ben curato, lussuoso persino, ma sito in un immobile un po’ fatiscente… e con dei condomini alquanto strani.
A peggiorare la situazione, vi è la situazione dell’appartamento di sopra, dove proprio mentre lei è lì, si scopre il cadavere dell’inquilino, morto da settimane e mezzo mangiucchiato dal suo gatto… senza contare spazzatura, topi e scarafaggi.
Come mai l’uomo è morto dentro casa, praticamente autosegregatosi?

Di mezzo vi sono tanti soldi e una vincita al totocalcio spagnolo… e come detto un vicinato alquanto strano, a cominciare dall’amministratore Emilio…

La comunidad - Intrigo all'ultimo piano non è malaccio: offre un discreto intrattenimento, ma lo fa in modo un po’ grossolano … proprio come tutti i suoi protagonisti, non riuscendo a distaccarsi da loro.

C’è vivacità, ma è una vivacità un po’ grezza, che dopo un poco stanca, e che peraltro lascia perplessi per via delle falle di sceneggiatura di cui sopra… ovviamente utili a far andare la storia in un certo modo, pur se forzato.

Per gli amanti di sangue e splatter, inoltre, si dica che in mezzo vi sono cadaveri, omicidi, violenze varie e incidenti domestici… anche troppi, probabilmente.

Insomma, film men che sufficiente a mio avviso, nettamente distante da Crimen perfecto (parimenti grottesco ma più elaborato) e da Oxford murders (viceversa elegante e di ambientazione british).

Fosco Del Nero



Titolo: La comunidad - Intrigo all'ultimo piano (La comunidad).
Genere: drammatico, grottesco, commedia.
Regista: Alex de la Iglesia.
Attori: Carmen Maura, Eduardo Antuña, Jesús Bonilla, Paca Gabaldón, María Asquerino, Terele Pávez, Sancho Gracia, Marta Fernández Muro, Emilio Gutiérrez Caba, Roberto Perdomo.
Anno: 2000.
Voto: 5.5.
Dove lo trovi: qui.

martedì 31 ottobre 2017

Byzantium - Neil Jordan

Sono arrivato a Byzantium seguendo la filmografia di Saoirse Ronan, brava protagonista del meno bravo The host e del decente Ember - Il mistero della città di luce, nonché comprimaria dell’ottimo Grand Budapest Hotel.

Quanto all’altra protagonista del film, la più matura e procace Gemma Arterton, l’avevo già vista in Prince of Persia - Le sabbie del tempo, Scontro tra titani e Rocknrolla.

Ecco subito la trama sommaria di Byzantium, film peraltro basato su una pièce teatrale: Eleanor e Clara fuggono da una casa in città, subito dopo un violento crimine, per nascondersi in una più tranquilla cittadina, dove cercano di sistemarsi al meglio.
Il “meglio” per la bella Clara comprende anche la prostituzione, esercitata in prima persona e organizzata con ragazze giovani, che essa raccoglie per strada e piazza nell’albergo di Noel, timido uomo conosciuto nel frattempo.

Questa premessa sembra alludere a una storia su povertà esteriore e interiore… ma non è proprio così, visto che Byzantium è una storia sui vampiri: sia Clara che Eleanor, che poi sono madre e figlia, sono vampire, anche se lo sono in modo molto diverso: la prima più disinibita e senza scrupoli, la seconda più tenera e gentile, cosa che causa continui scontri tra le due rispetto alla visione della vita e al modo di comportarsi (elemento già presente nel più risalente Intervista col vampiro, non a caso girato dallo stesso regista).
Altro problema: le due sono cercate da una misteriosa Fratellanza, ansiosa di regolare vecchi conti…

Byzantium si muove in direzioni molto diverse, e quando un film si comporta in tal modo rischia di fallire: drammatico, thriller, un pizzico di horror o comunque di splatter, sentimentale…

… tuttavia, il film dosa abbastanza bene gli ingredienti, e alla fine la ricetta funziona a sufficienza.

Certo, è un film di intrattenimento, e non ha la minima pretesa di colossal.
Scordatevi dunque storie ambiziose come Intervista col vampiro (che ha reso famoso il regista Neil Jordan), e non parliamo nemmeno di Dracula o di Nosferatu… mentre ci avviciniamo decisamente di più ai moderni film metropolitani sui vampiri, mezzo dramma, mezzo amore, mezzo avventura.
Insomma, è l’epoca di Twilight (che peraltro non è nemmeno male, a differenza di molte sue imitazioni), e questo viene prodotto.

Pur tuttavia, nonostante il genere sia più o meno questo, ma meno infantile per fortuna,  Byzantium non è da buttare, e si guadagna una sufficienza.
Inoltre, propone anche qualche frase interessante, diciamo così, per chi sa leggerla, e che conferisce al film un valore un poco superiore.

Eccola.

“Soltanto chi è pronto a morire avrà in dono la vita eterna.”

“La vita eterna arriva solamente a chi è pronto a morire.”

“Questa è la fine.
Di cosa?
Del tempo.”

“La pace sia con te.
Possa la luce risplendere su di te.”

“Per la prossima volta dovete scrivere un saggio intitolato ‘Io sono’.”

E con questo è tutto con Byzantium, alla prossima recensione.

Fosco Del Nero



Titolo: Byzantium (Byzantium).
Genere: drammatico, fantastico, thriller, sentimentale.
Regista: Neil Jordan.
Attori: Gemma Arterton, Saoirse Ronan, Sam Riley, Jonny Lee Miller, Daniel Mays, Caleb Landry Jones, Tom Hollander, Uri Gavriel, Jeff Mash, Glenn Doherty.
Anno: 2012.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.

martedì 24 ottobre 2017

Frozen - Il regno del ghiaccio - Chris Buck, Jennifer Lee

Ho trovato Frozen - Il regno del ghiaccio in una classifica online dei migliori film d’animazione di sempre, ed essendo da sempre un appassionato di film d’animazione, me lo sono guardato, confortato anche dal fatto che avesse vinto svariati premi e ottenuto incassi eccellenti.

Dico “confortato” per il fatto che, spesso, i film d’animazione occidentali equivalgono a film per bambini, o quasi, assai superficiali e privi di contenuti, semplice intrattenimento.
E per Frozen non dico che è così, ma quasi…

Il target è difatti assai giovane: siamo su bambini e famiglie, il tono generale è molto infantile, dai dialoghi alle canzoni.

Ora, c’è un luogo comune che in Occidente dobbiamo ancora sfatare: animazione non vuol dire infanzia. Animazione è un mezzo espressivo, come i film recitati, come i fumetti, come i libri, come  i video musicali… così come anche la scultura, la pittura, etc.

All’interno di ciascuno di tali mezzi espressivi certamente si può realizzare un’opera destinata agli adulti oppure all’infanzia, nessuno lo vieta… ma l’inserire un film sempliciotto come questo, per quanto realizzato in modo eccellente dal punto di vista tecnico, in una classifica dei migliori film d’animazione di tutti i tempi è pura follia, un non senso.

Specie se poi certi film d’animazione, come quelli di Hayao Miyazaki, o come gli eccellenti I figli della pioggia Azur e Asmar, o The secret of Kells, o Akira, o L’ultimo unicorno, o altri ancora, non sono inclusi nella classifica oppure seguono agli ultimi posti.

Ma fa niente, procediamo con la recensione, partendo dalla trama, che poi è una rivisitazione di una fiaba di Hans Christian Andersen, ossia La regina delle nevi: la Principessa Elsa e la sua sorella minore Anna sono due bambine molto affiatate, e giocano spesso insieme, spesso avvalendosi dei poteri della prima, capace di generare fenomeni di ghiaccio.
Un giorno, però, Elsa fa male per sbaglio ad Anna, e da allora le due vengono separate dai genitori… praticamente fino alla maggiore età, quando Elsa deve essere incoronata regina, dal momento che i genitori nel mentre sono morti in un incidente in mare.

Le due si rivedono, ma il problema è che Elsa non ha ancora imparato a controllare i suoi poteri, che anzi sono ora cresciuti… ne deriverà un guaio per tutto il reame, e non solo per le due sorelle.

Frozen - Il regno del ghiaccio procede tra balletti, canti, fraintendimenti, ed effetti speciali… e ovviamente anche tra amori e amicizie.
Come da copione, non manca la componente umoristica, anche se assai semplice e banale, commisurata al target del film, molto giovane come detto.

Insomma, il copione è rispettato, in pieno stile Disney (oddio, anche se la Disney ha scheletri nell’armadio, a proposito di copioni rispettati), e la favola procede fino al lieto fine.

Nel mezzo, una componente visiva eccellente, un accompagnamento musicale piuttosto naif e banalotto, dei personaggi standard e una trama ugualmente standard.

La domanda a questo punto è: basta l’eccellente realizzazione visiva per giustificare un prodotto che ha poco altro da offrire?
La mia risposta è no… o meglio, basta per i bambini, e in effetti in tal senso il film va benissimo: il problema sorge quando viene consigliato per altre fasce di pubblico.

Menzione positiva per l’unico personaggio originale del film, che peraltro è anche l’unico che regala divertimento: il pupazzo di neve Olaf.
Quanto alle due sorelle, una più aristocratica e una più alla mano, ai due pretendenti Kristoff e Hans, uno falso e l’altro sincero, e agli altri personaggi secondari, beh, siamo nella banalità più totale.

Fosco Del Nero



Titolo: Frozen - Il regno del ghiaccio (Frozen).
Genere: animazione, sentimentale, drammatico, commedia, musicale.
Regista: Chris Buck, Jennifer Lee.
Anno: 2013.
Voto: 4.5.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 18 ottobre 2017

Giovane e bella - François Ozon

La recensione odierna è dedicata a un film francese, Giovane e bella, diretto nel 2013 da François Ozon.

Conosco da anni François Ozon, e l’ho apprezzato in alcuni film, come ad esempio l’incantevole 8 donne e un mistero, cui erano seguiti poi i decisamente meno validi ma comunque in qualche modo originali Ricky - Una storia d’amore e libertà e Swimming pool.

Ogni tanto vado a vedermi cos’altro ha prodotto… anche se a dire il vero la direzione che ha preso la sua carriera non mi piace molto, giacché ha perso la freschezza e l’originalità dei primi lavori per dirigersi verso opere drammatiche e tendenti a nudità ed erotismo.

Come purtroppo anche il film odierno, che mi sa tanto che sancisce la fine del mio seguire il regista francese.

Andiamo subito alla trama di Giovane e bella: Isabelle (Marine Vacht) è una diciassettenne figlia di buona famiglia. I genitori sono separati e lei vive con madre, patrigno e fratello minore, ma tutto sommato le cose vanno bene e non le manca niente.

Nel mondo di fuori, almeno, ma nel mondo interiore evidentemente la ragazza ha qualche vuoto, nonché qualche squilibrio, tanto che inizia a dedicarsi alla prostituzione: volontaria, e d’alto borgo, con ricchi uomini pronti a sborsare 300-400 euro per volta, ma pur sempre prostituzione.

Ad accompagnarla, nonché ad accompagnare in generale la vita della ragazza, una freddezza, un vivere le cose in modo algido e distaccato, che ne testimonia il disamore e il disagio interiore.
Peraltro, se dapprima i suoi familiari non sospettano niente, dopo un incidente…

Giovane e bella è tutto qui: un film drammatico-psicologico sulla prostituzione volontaria di alto borgo… che però più che una disamina psicologica della questione sembra una scusa per mettere in mostra la bellezza dell’attrice protagonista, giacché il regista non cerca nemmeno di spiegare, limitandosi invece a filmare.

Quanto alla protagonista, ha un viso molto bello: perlomeno va dato atto al regista, o comunque a chi si è occupato del cast, di aver piazzato davanti alla telecamera una bellezza che buca letteralmente lo schermo, soprattutto nei primi piani.

Non basta di certo, però, e anzi in tutto il film aleggia una certa atmosfera di vuoto e di superficialità che certamente non è un buon intrattenimento.
E che peraltro dista anni luce dalla tipica leggerezza dei film francesi, o perlomeno delle commedie, che preferisco nettamente. 

Insomma, per tirare le somme con Giovane e bella, arrivederci François Ozon.

Fosco Del Nero



Titolo: Giovane e bella (Jeune et jolie).
Genere: drammatico, psicologico.
Regista: François Ozon.
Attori: Marine Vacth, Géraldine Pailhas, Frédéric Pierrot, Fantin Ravat, Johan Leysen, Charlotte Rampling, Nathalie Richard.
Anno: 2013.
Voto: 4.
Dove lo trovi: qui.

martedì 17 ottobre 2017

Planet 51 - Jorge Blanco, Javier Abad, Marcos Martinez

Amo l’animazione e amo il genere fantastico, così come amo l’umorismo, per cui era solo questione di tempo prima che vedessi Planet 51, film che per l’appunto riunisce tali tre filoni.

Cominciamo col dire una cosa: certi film nascono con un’ambizione, quella di essere dei capolavori e di essere ricordati come tali, mentre altri nascono con un’ambizione più modesta, quella di essere un semplice intrattenimento.
Un buon intrattenimento, possibilmente, questo è chiaro.

Planet 51 appartiene a questo secondo filone, e non ha affatto velleità riguardo al primo.

Si tratta peraltro di un film estremamente citazionista, a cominciare dal titolo, che richiama la famosa Area 51, che però, nel sovvertimento dei ruoli tra terrestri e alieni, diventa Area 9, mentre il pianeta è il Pianeta 51, un pianeta sul quale si reca l’astronauta solitario Charles Baker, che viene però scambiato per un alieno minaccioso e invasore.

Il fatto è che egli è capitato in una sorta di anni "60 alieni: città, macchine, musica e cultura dicono anni "60, con tanto di frangia di figli dei fiori.
In tale contesto, andavano di moda i film di fantascienza sugli alieni invasori, e in questo caso l’alieno invasore era per l’appunto un essere umano.

Nel corso della storia vi sono altri riferimenti: da Independence Day a Star wars, da Alien a Terminator, da Cantando sotto la pioggia a 2001 Odissea nello spazio.
E sospetto che vi fosse un qualche accenno anche a Ritorno al futuro.

E, nel corso della storia, Charles conoscerà tanti alieni, dal Generale Grawl, deciso ad annientarlo a tutti i costi, al Professor Kipple, deciso a estrargli il cervello a tutti i costi per studiarlo.
Ma soprattutto conoscerà Lem, Skiff ed Eckle, che lo aiuteranno a fuggire.
Menzione anche per l’adorabile robottino Rover.

Nel complesso Planet 51 è un film caruccio, simpatico e scorrevole, che spesso fa sorridere e a tratti anche ridere (memorabile la scena della sparatoria multipla nella base segreta aliena), ma che non ha la stoffa del fuoriclasse.
Un lavoro ottimamente compilato ed eseguito, ma non di prima fascia per la quale gli mancano profondità e spessore.

Comunque, ripeto: un film d’animazione carino e gradevole.

Fosco Del Nero



Titolo: Planet 51 (Planet 51).
Genere: animazione, fantascienza, comico.
Regista: Jorge Blanco, Javier Abad, Marcos Martinez.
Anno: 2009.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.

Il mondo dall'altra parte