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Nella vita bisogna avere il coraggio di volare.

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L'unico posto in cui puoi trovare la forza è dentro di te.

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Ogni tanto ricordati di amare qualcuno.

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Se vuoi che il mondo cambi, inizia a darti da fare tu stesso.

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Sai ancora sorprenderti dell'esistenza?

Corso di esistenza

lunedì 30 gennaio 2017

Arsenio Lupin - Jean-Paul Salomé

Non sono mai stato un grandissimo fan di Arsenio Lupin, e con ciò intendo riferirmi essenzialmente al noto cartone animato, mentre non ho mai letto il libro di Maurice Leblanc in cui l’autore francese introduceva il personaggio.

Però, avendo visto che era uscito un film francese nel 2004 dedicato proprio al famoso ladro, ne ho approfittato per vederlo, memore perlomeno della mia buona passione per il cinema d’oltralpe.

E difatti in esso vi ho ritrovato alcuni volti noti del cinema francese, a cominciare da Kristin Scott Thomas, che in realtà non è francese, ma inglese, ma che evidentemente si è conquistata un posto d’onore nel cinema dei nostri cugini, grazie soprattutto a un’innata classe (è la terza volta che la incontro dopo Una top model nel mio letto, Piccoli tradimenti e Un matrimonio all’inglese).

Terza partecipazione anche per la sempre bella Eva Green (lei, al contrario, francese, ma più nota ad Hollywood), dopo La bussola d’oro, Dark shadows e Sin Ciy – Una donna per cui uccidere.

Prima apparizione invece per il giovane e bravo Romain Duris, lui francesissimo, perfetto per il ruolo dell’elegante, brillante e al contempo guascone Arsenio Lupin.

Ma andiamo a vedere la trama dal film: Arsenio Lupin (Romain Duris) fin da bambino è educato alla lotta (savate, uno sport da combattimento francese) e al furto dal padre (un abile ladro), che sparirà presto dalla sua vita per via di un tentativo di arresto con conseguente fuga e probabile morte.

Una volta cresciuto, lo troviamo anch’egli ladro provetto, di grande fascino, eleganza, e ovviamente dalla mano veloce tanto quanto la lingua.
Il destino lo porterà a incrociare la strada con la sua cugina Clarisse de Dreux-Soubise (Eva Green), presso la cui casa abitava da piccolo prima che lo zio cacciasse lui e la madre dopo il tentativo di arresto del padre, onde evitare il disonore sulla sua famiglia.

Ma la vita gli farà incrociare la strada anche di Joséphine Balsamo contessa di Cagliostro (Kristin Scott Thomas), erede lontana del famoso mago e alchimista Cagliostro, che si diceva avesse scoperto l’elisir di lunga vita. Questa donna, di grande classe ed eleganza, così come astuzia e ambizione, segnerà in qualche modo la sua esistenza, generando peraltro nuovi incroci, che non svelo in questa sede.

Arsenio Lupin dura due ore, e dunque è un film piuttosto lungo: dotato di grande fascino e atmosfera, risulta però po’ indolente e poco ficcante, alternando fasi dinamiche e coinvolgenti a fasi invece più lente e fiacche, quasi come se il film stesse specchiandosi in se stesso e nella sua bellezza (la Francia di altri tempi).

A reggerlo, come detto, il suo buon fascino, nonché il buon cast: Romain Duris si disimpegna bene, Kristin Scott Thomas è una garanzia, mentre Eva Green, più vestita del solito, fa il suo come sempre.

Nel complesso il film è un discreto film, o perlomeno sufficiente, ma la sensazione è quella di un colpo che è andato a segno solo in parte, e che avrebbe potuto essere più efficace (spettacolare e coinvolgente e memorabile) con qualcosa in più.
Peccato… ma anche così potrebbe valere la pena vederlo se siete fan di uno dei suddetti attori o della figura di Arsenio Lupin o delle atmosfere della Francia ottocentesca.

Fosco Del Nero



Titolo: Arsenio Lupin (Arsène Lupin).
Genere: drammatico, sentimentale, avventura.
Regista: Jean-Paul Salomé.
Attori: Romain Duris, Kristin Scott Thomas, Eva Green, Pascal Greggory, Robin Renucci, Patrick Toomey, Mathieu Carrière, Philippe Magnan, Philippe Lemaire, Marie Bunel, Françoise Lépine.
Anno: 2004.
Voto: 6.
Dove lo trovi: qui.

martedì 24 gennaio 2017

La fine del mondo - Edgar Wright

Ci sono alcuni registi che mi sono segnato e i cui nuovi film vedo invariabilmente per il valore o l’originalità delle loro pellicole: uno di questi è Edgar Wright, che mi aveva colpito positivamente con L’alba dei morti dementi, che mi aveva intrattenuto piacevolmente in Hot fuzz e che mi aveva mezzo esaltato con Scott Pilgrim vs. the World, uno dei film più strani che abbia mai visto.

Era solo questione di tempo (anzi, ne ho fatto passare anche troppo) prima che mi vedessi il suo ultimo lavoro: La fine del mondo (fine che peraltro chiude la cosiddetta Trilogia del cornetto dopo i menzionati L’alba dei morti dementi e Hot fuzz).

Il regista britannico unisce qua due dei suoi generi preferiti: la commedia in salsa britannico-pub e il genere fantastico… ovviamente tutto in salsa umoristica, ciò che è il vero motore del film.

Ecco la trama sommaria de La fine del mondo, film che, così come L’alba dei morti dementi prendeva le mosse da alcuni topos del cinema horror, ovviamente riadattandoli in chiave comica, prende le mosse da un classico della fantascienza degli anni "50, ossia L'invasione degli ultracorpi… e riadatta anche questo in chiave ultracomica: Gary King è un uomo di mezz’età che è rimasto nel passato, quando con la sua banda di quattro amici imperversava nei locali di Newton Haven, la cittadina in cui erano cresciuti i cinque e in cui avevano compiuto le loro “imprese” da adolescenti, tra alcol, conquiste sessuali e bravate varie.
Egli è talmente tanto attaccato al passato che cerca di riviverlo, riunendo la banda di allora, ora trasformata in cinque uomini con le rispettive posizioni lavorative e familiari, per ottenere quello che non erano riusciti ad ottenere ai bei tempi: il cosiddetto “miglio dorato”, un tour dei dodici pub della suddetta cittadina, ovviamente a suon di birra e alcolici vari.

L’impresa si presenta già difficile in partenza, un po’ per l’età avanzata un po’ per i dissapori nel mentre intervenuti tra alcuni membri del gruppo, ma diventerà addirittura mitica per via…
… dell’invasione extraterrestre in cui il gruppo si imbatterà.

Ovviamente senza rinunciare nel mentre a percorrere e ottenere il miglio dorato.

Gli attori protagonisti de La fine del mondo sono Simon Pegg e Nick Frost, gli stessi de L’alba dei morti dementi, cosa che accresce il livello di confidenzialità e familiarità del film, cui si aggiungono peraltro alcuni altri volti noti: Martin Freeman (il protagonista dell’ottimo Guida galattica per autostoppisti, nonché de Lo hobbit - Un viaggio inaspettato), nonché il noto Pierce Brosnan.

Ma i singoli nomi sono un dettaglio in quella che diviene, alla fine della fiera, una sorta di avventura picaresca di genere fantascientifico, con tanto di difesa del pianeta Terra e dichiarazioni di forza della razza umana… che prevedo peraltro diverranno in futuro una sorta di scena cult in rete (per quanto sono precise, dietro di essere c’è per forza o conoscenza o ispirazione-intuizione).

Il film si presenta a tratti debole, ma propone comunque molto, e anzi più di quanto ci si aspetterebbe dopo il suo avvio, peraltro pregno di quell’humor inglese che a me piace tanto.

In conclusione, La fine del mondo è un film che non potrà per forza piacere a tutti (commistione fortissima di genere, umorismo britannico, etc), ma per quel che mi riguarda è l’ennesima buona prova di Edgar Wright, un regista quantomeno coraggioso, cosa che occorre riconoscergli al di là dei gusti individuali.

Fosco Del Nero



Titolo: La fine del mondo (The world’s end).
Genere: fantastico, drammatico.
Regista: Edgar Wright.
Attori: Simon Pegg, Nick Frost, Paddy Considine, Martin Freeman, Eddie Marsan, Rosamund Pike, Julian Seager, Paul Kennington, Mark Fox.
Anno: 2013.
Voto: 6.5.
Dove lo trovi: qui.

mercoledì 18 gennaio 2017

Jerry Maguire - Cameron Crowe

Il film recensito quest’oggi è Jerry Maguire… che a dire il vero, come spesso mi capita, non mi ricordo come mai mi fossi segnato, ma tant’è: l’ho visto ed ecco qui la recensione.

Nonostante la sua carriera chilometrica, non sono tanti i film che ho visto con protagonista Tom Cruise, tanto che quelli recensiti nel blog sono solo i seguenti: Vanilla sky, Eyes wide shut, Oblivion e La guerra dei mondi.

Quanto agli altri due protagonisti del film, va loro ancora peggio: Renée Zellweger (Io, me & Irene, Chicago, Abbasso l'amore, Il diario di Bridget Jones) non si è ancora vista, mentre Cuba Gooding Jr. si è visto un poco di più: Al di là dei sogni, Instinct - Istinto primordiale, Qualcosa è cambiato.

Jerry Maguire peraltro è un film premiato sia con candidature e con vittorie in Oscar e Golden Globes… anche se a dire il vero non ne capisco il perché.

D’accordo, il trio di attori protagonisti sa il fatto suo (e finalmente vedo Renée Zellweger come una vera donna, e non con le macchiette che le ho visto fare in quasi tutti gli altri film!), però essenzialmente il film si basa su una sceneggiatura davvero banale e priva di mordente, che in pratica si può riassumere nel topos letterario dell’uomo che perde qualcosa e poi lo riconquista.

Ecco in sintesi la trama di Jerry Maguire: Jerry è un procuratore sportivo di grande successo… il top del settore, potremmo dire, ammirato da tutti.
Un giorno, però, egli si rende conto di aver lasciato alle spalle i veri valori della vita, tra cui il rispetto per la vita umana e per gli affetti, per cui decide di cambiare rotta.

Cosa che gli costa una forte perdita di prestigio, nonché un licenziamento da parte dell’azienda per cui lavorare e di cui fino a quel momento era stato un pilastro.
Cerca così di dare un nuovo inizio alla sua vita, peraltro appesantita anche dalla rottura con la sua fidanzata storica, ma gli unici a seguirlo nella sua nuova avventura sono da un lato la segretaria Dorothy Boyd, e dall’altro l’atleta Rod Tidwell.

Il film in pratica è il racconto della ripresa dell’uomo Jerry Maguire, dal punto i vista professionale e sentimentale… col tutto che si sa già fin dall’inizio come evolverà e che non propone sorprese o profondità di sorta.

Insomma, Jerry Maguire è un prodotto ben compilato, per carità di Dio, ma che non ha valore oltre alla buona tesi compilativa, per così dire.
Per trovare bellezza o contenuti di maggiore importanza – oltre a quelli di una storia qualunque tra dramma, commedia e buoni sentimenti – occorre rivolgersi altrove.

Fosco Del Nero



Titolo: Jerry Maguire (Jerry Maguire).
Genere: drammatico, sentimentale.
Regista: Cameron Crowe. 
Attori: Tom Cruise, Renée Zellweger, Cuba Gooding Jr., Kelly Preston, Jerry O'Connell, Jay Mohr, Bonnie Hunt, Regina King, Jonathan Lipnicki, Todd Louiso, Mark Pellington.
Anno: 1996.
Voto: 5.5
Dove lo trovi: qui.

martedì 17 gennaio 2017

Medicus - The physician - Philipp Stölzl

Quest’oggi recensisco un film davvero bello, suggeritomi qualche tempo addietro da una mia lettrice: parlo di Medicus - The physician, film talmente bello… che è stato portato in Italia con un certo ritardo, tanto che al tempo l'ho trovato solo sottotitolato, e non doppiato.
Si tratta peraltro di un film tratto da un libro, il romanzo Medicus di Noah Gordon.

Parto subito con la trama sommaria: siamo nell’XI secolo e il piccolo Robert Cole, bambino che vive in un paesino nelle campagne dell’Inghilterra, scopre di avere un talento particolare proprio allorquando la madre muore, lasciando lui e i suoi due fratelli soli, essendo il padre già morto in precedenza.
I due fratellini minori vengono presi da una famiglia della zona, mentre Robert viene lasciato a se stesso… e al talento per cui sente se qualcuno sta per morire toccandolo sul petto, talento che cerca di mettere a frutto seguendo un cerusico itinerante, ossia una sorta di medico ante-litteram.
Molto ante-litteram, per così dire (o post-litteram a seconda del punto di vista, essendo per l'appunto il Medio Evo un'età di mezzo), tanto che, diventato ragazzo e giovane uomo, a Rob non basta più il poco sapere del suo ormai amico-padre adottivo Barber e, saputo di un eccezionale medico orientale, Ibn Sina (che sarebbe l'uomo in Occidente conosciuto come Avicenna, considerato il padre della medicina moderna come Ippocrate lo fu di quella antica), che vive a Isfahan, nell’allora Persia, decide di recarsi fin lì per apprendere da lui l’arte medica e guarire più gente possibile, dal momento che questa è la sua vocazione.
Per far ciò, arriva a fingersi ebreo, giacché gli vien detto che in Persia gli ebrei sono tollerati, mentre i cristiani fanno una brutta fine.
Comincia così l’epopea di Robert Cole, che lungo il viaggio “diviene” Jesse Ben Benjamin, il nome ebreo che si è scelto per sé e per il suo percorso.

Medicus - The physician tiene fede al suo titolo, e racconta di come il protagonista della storia sia diventato medico, ciò che detto così potrebbe sembrare cosa assai banale, ma esso vi tiene fede in modo assolutamente avventuroso, coinvolgente e ispirante, tanto che il film è in assoluto uno tra i più belli che abbia visto nell’ultima decade.

Merito senza dubbio degli attori protagonisti: il coraggioso, affettuoso e un po’ guascone Tom Payne, il carismatico e sereno Ben Kingsley, la bella e sognatrice Emma Rigby, passando per tutti gli altri. 
Ma più che agli attori, pur bravi, il film deve la sua meraviglia a una fotografia incantevole, di rara bellezza, cui si uniscono di seguito scenografia e sceneggiatura a rendere il tutto un unicum davvero compatto, credibile e affascinante.

E, cosa che lo impreziosisce ulteriormente, ricco di contenuti esistenziali, che si respirano in tutta la storia, pur non elicitati, e che a volte vengono proprio detti a voce alta.
Ecco alcune frasi estrapolate dal film.

“Immagina le sfere dell’universo come cerchi concentrici che si muovono uno dentro l’altro. Il sommo Aristotele affermava che la frizione creata da questo movimento genera un suono, che ha chiamato ‘la musica delle sfere’. 
A volte, in una notte molto silenziosa, se si ascolta con molta attenzione, il suono risulta udibile, anche agli esseri umani.”

“Esistere lo si deve all’esistenza. L’esistenza non è la conseguenza dell’esistere, ma un sine qua non di quest’ultimo.

“Sia benedetto Dio per la pienezza del creato.”

“Di questa vita dobbiamo cogliere quanto possiamo.”

“I musulmani, gli ebrei e i cristiani dubitano dell’immortalità dell’anima e vogliono portare con sé le loro ossa, per ogni evenienza.”
“Così a te non importa del tuo corpo?”
“Perché Dio dovrebbe preoccuparsi della buccia, se può cogliere il frutto che c’è dentro?”

“Grazie, maestro, per tutto quello che mi hai insegnato.”
“Grazie, Rob, per tutto quello che hai imparato.”

“La mia anima deve salire una scala per andare in paradiso.
È una scala molto stretta: è facile cadere.”

“Non c’è nulla di cui aver paura.
La morte non è altro che una soglia da oltrepassare.”

Non posso garantire sull'oggettività della storia e della cultura così come descritte... ma posso garantire per la grande bellezza visiva e interiore che Medicus - The physician offre al suo spettatore per le due ore e mezza della sua durata.
Particolarmente bello è l'animo del protagonista, che sente dentro di sé la missione di mettersi al servizio dell'umanità-

Fosco Del Nero



Titolo: The physicyan (Der medicus).
Genere: avventura, drammatico, esistenziale.
Regista: Philipp Stölzl.
Attori: Tom Payne, Ben Kingsley, Stellan Skarsgård, Emma Rigby, Olivier Martinez, Michael Jibson, Elyas M'Barek, Dominique Moore, Makram Khoury, Fahri Yardim,Michael Marcus, Adam Thomas Wright, Manuela Biedermann.
Anno: 2013.
Voto: 8.5.
Dove lo trovi: qui.

martedì 10 gennaio 2017

Dio esiste e vive a Bruxelles - Jaco Van Dormael

Spesso ho sottolineato come io ami il cinema francese, che trovo ispirato, divertente e delicato, decisamente più elegante ed originale del cinema nostrano (certo, non si può generalizzare, ma il concetto è quello).

Parente stretto del cinema francese è il cinema belga; stretto non solo per la lingua in comune (almeno, parzialmente in comune nel dualismo tra parte vallona-francese e parte fiamminga-olandese), ma anche per la cultura (pure questa almeno parzialmente in comune), come evidenzia il film recensito quest’oggi: Dio esiste e vive a Bruxelles, composto di un misto di attori belgi e francesi (i più noti sono la francese Catherine Deneuve, già recensita in 8 donne e un mistero e in La mia droga si chiama Julie, e la belga Yolande Moreau, già recensita ne Il favoloso mondo di Amelie e ne L’esplosivo piano di Bazil).

Ma passiamo subito alla trama di Dio esiste e vive a Bruxelles, a dir poco originale: Dio (Benoît Poelvoorde) esiste effettivamente sotto forma di personalità, e anzi in perfetto corpo umano… e non solo esiste, ma abita a Bruxelles, insieme alla moglie (Yolande Moreau) e alla figlia secondogenita Ea (la giovanissima e bravissima Pili Groyne).

Quanto al figlio primogenito, Gesù (interpretato tra l’altro dall’italiano David Murgia), se n’è andato da tempo da casa… cosa che progetta di fare anche la giovanissima Ea, pur ancora bambina, sempre più insofferente alle angherie e alle prepotenze del padre, personaggio burbero e cattivo.

Ecco che così, consigliata in questo anche da Gesù, il quale ogni tanto compare sotto forma di statue che prendono a muoversi e a parlare, la piccola Ea progetta la sua fuga da casa, nonché la ricerca di nuovi apostoli… e giacché c’è scombussola l’intero pianeta comunicando a ogni persona (tramite la ricezione di un sms) la propria data di morte.

Lo scopo finale è la scrittura del Nuovo Nuovo Testamento, per il quale Ea si avvarrà della collaborazione di un barbone, presto eletto al rango di scriba.

Dio esiste e vive a Bruxelles è un film che vale la pena di vedere, peraltro diretto da quel Jaco Van Dormael (belga anche lui) già regista dell’altrettanto innovativo e apprezzabile Mr. Nobody… ed evidentemente qua siamo di fronte a del talento, e non solo a un colpo fortunato.

Parlato del prodotto cinematografico, come detto godibile e vivace, spendiamo due parole su alcuni contenuti del film, espressione evidente della cultura (più propaganda, in verità, che cultura) globalista: abbiamo (finto) femminismo contrapposto al (non esistente) patriarcato, film porno e spettacoli erotici, sessualizzazione dei bambini, prostituzione, sesso con animali, teoria gender (infantile, per di più), gravidanze maschili, riscaldamento globale... e ovviamente la messa in ridicolo del cristianesimo. 

Non per niente, il film è patrocinato dal Consiglio d'Europa... e peraltro nel titolo afferma che Dio, ossia colui che detta le regole, persino quelle più stupide (come il cambio di sesso per i bambini o la gravidanza per gli uomini), sta a Bruxelles: sembra quasi un'affermazione di sudditanza del genere umano governato da tale "deità". Peccato che un regista valido come Van Dormael si presti a tale manipolazione/propaganda; per tale motivo, eviterei di far vedere il film in questione a bambini e giovanissimi.

Fosco Del Nero



Titolo: Dio esiste e vive a Bruxelles (Le tout nouveau testament).
Genere: fantastico, surreale, commedia.
Regista: Jaco Van Dormael.
Attori: Pili Groyne, Benoît Poelvoorde, Catherine Deneuve, François Damiens, Yolande Moreau, Laura Verlinden, Serge Larivière, Didier de Neck, Marco Lorenzini, Romain Gelin, Anna Tenta.
Anno: 2015.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.

martedì 3 gennaio 2017

Melinda e Melinda - Woody Allen

Sono pressoché sicuro di aver già visto Melinda e Melinda, film di Woody Allen del 2004, però nel blog non era ancora recensito, per cui probabilmente l’ho visto molti anni fa, prima dell’apertura del blog stesso.
Poco male, ecco qua la recensione.

Intanto la premessa è che sto andando ad esaurire tutta la filmografia di Woody Allen, impresa non da poco per via di tutti i film che ha diretto.
Dovrei esserci quasi, comunque, e per l’appunto Melinda e Melinda dovrebbe essere uno dei pochi esemplari non ancora recensiti (cioè, ora è recensito, ma ci siamo capiti).

Il film parte tra l’altro non direttamente, ma con una cornice introduttiva: degli amici ad una cena (la classica cena alleniana ricca di citazioni, cultura, psicologia e ovviamente ego) discutono sul valore del dramma e della commedia, divisi anche dal fatto che uno di essi scrive testi drammatici, e l’altro al contrario commedie umoristiche.
Un terzo amico illustra allora un episodio realmente accaduto, fatto che fornisce ai due autori teatrali l’occasione per “sceneggiare” la storia, ognuno a suo modo.

Ed ecco che Melinda e Melinda, come fedelmente suggerisce il nome, non è una storia, ma due storie… o, quantomeno, una storia raccontata in due modi diversi, man mano sempre più divergenti l’uno dall’altro, ma comunque sempre in contatto tra di loro, tanto che diversi spunti e gag vengono comunque mantenuti nell’una e nell’altra storia, pur se attribuiti a personaggi differenti.

Il film, è evidente, sa molto di esperimento… e devo dire che è un esperimento riuscito bene, per quanto non riproposto nuovamente in seguito, giacché le due storie si fanno seguire bene entrambe, e la curiosità di vederle ogni tanto incrociare aggiunge verve al tutto.

Ecco la trama sommaria di ambo le storie.
Versione drammatica: Melinda (Radha Mitchell; Pitch black, Il mondo dei replicanti) è una donna piuttosto controversa, per non dire proprio perturbata. Ha mandato all’aria una vita agiata con marito medico e due figli per via di un suo tradimento, ha poi tentato il suicidio, e anni dopo si fa vedere all’improvviso durante una cena a casa dell’amica Laurel (Chloe Sevigny; Party monster, Broken flowers, Boys don't cry, ), che la ospiterà e inizierà a frequentare Ellis (Chiwetel Ejiofor; Inside man, I figli degli uomini), un pianista, che però...

Versione comica: Melinda (sempre Radha Mitchell) piomba a casa di Hobie (Will Ferrell; Zoolander) e Susan (Amanda Peet; FBI - Protezione testimoni, X-Files - Voglio crederci), sempre durante una cena, dopo aver preso molti sonniferi.
Col tempo diventa molto amica di Hobie, ma proprio mentre lui si è reso conto di cosa prova, lei si invaghisce di Joan (Shalom Harlow), anche questo pianista… e i due, ora coppia, cercheranno poi di sistemare Hobie con una supermodella… ma le cose andranno in modo inaspettato.

Melinda e Melinda propone il classico Woody Allen, classico davvero in tutto in questo film: una sceneggiatura accattivante, momenti di fine umorismo, personaggi ben tratteggiati, turpe psicologiche a tutto spiano, colonna sonora jazz, le solite stradine e i soliti localini di New York, e i soliti dialoghi di ambizioni brillanti tra musica, arte, cinema, politica, psicologia nichilista.

Davvero Woody Allen all’essenza… cosa che fa sorridere visto sullo schermo, ma che indubbiamente farebbe meno sorridere da avere vicino, lui o i suoi personaggi tutti più o meno nevrotici.

Sta di fatto che siamo davanti allo schermo, per cui Melinda e Melinda si prende un bel sette: non è uno dei migliori prodotti di Allen, ma si fa rispettare, e comunque ha come competitor per i primi gradini del podio film come Amore e guerraLa dea dell’amoreManhattanLa maledizione dello scorpione di giadaIl dormiglione, etc.

Fosco Del Nero



Titolo: Melinda e Melinda (Melinda & Melinda).
Genere: commedia, drammatico, sentimentale.
Regista: Woody Allen.
Attori: Will Ferrell, Radha Mitchell, Stephanie Roth Haberle, Chloë Sevigny, Chiwetel Ejiofor, Josh Brolin, Amanda Peet, Shalom Harlow, Steve Carell, Larry Pine, Neil Pepe.
Anno: 2004.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui.

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